Oscar Mondadori (nel 1984). Aster di Simoncini

Ho trovato una vecchia edizione delle Mille E Una Notte. È stata stampata nel 1984 per Oscar Mondadori. È composta di due volumi di oltre 600 pagine ciascuno (con numerazione consecutiva). Prezzo: 18 mila lire.

I volumi sono raccolti in un semplice cofanetto di cartoncino leggero che rimane aperto da un lato. Tanto i volumi quanto il cofanetto sono impreziositi da una bella intestazione nella quale ogni lettera è circondata da un profilo dorato. Anche la sottile cornice che gira tutto intorno alla pagina è dorata. 

 

Per far risaltare la luminosità della stampa dorata, il fondo bianco della copertina appare troppo scuro, in questa immagine. Cercando con Google vengono fuori parecchi risultati che mostrano una foto al naturale dei due volumi e anche del cofanetto. Sotto il titolo c'è una colorata illustrazione araba (tratta da "Shah-nameh, New York, The Metropolitan Museum of Art), dell'altezza di circa metà della pagina. I due volumi esibiscono illustrazioni diverse sulle copertine, sempre di forma quadrata, mentre sul cofanetto ci sono ritagli di altre illustrazioni provenienti dalla stessa fonte, sparsi su fondo bianco attorno alle parole del titolo stampate molto più in grande.

 

Le parole del titolo sono ciascuna di un colore diverso. Il font è esotico, ma non sono riuscito a trovare nulla che gli somigli.

Dopo una premessa nella quale si cerca di trovare qualche significato alchemico dietro l’opera, il libro conteneva le storie della raccolta, precedute dalla famosa introduzione: un califfo uccide tutte le sue mogli dopo la prima notte per evitare che queste gli siano infedeli; la figlia del suo visir chiede di sposarlo per fermare la strage, e dopo la prima notte di nozze inizia a raccontargli la prima di una serie di storie intrecciate tra di loro, che riescono ad appassionare il califfo che decide di continuare ad ascoltare il seguito notte dopo notte, fino a quando rinuncia al suo proposito di uccidere la moglie.

L’introduzione e alcune delle storie (poche) sono aperte da una decorazione tipografica a scelta fra due modelli diversi, e da un capolettera da tre righe con la lettera in negativo. 

 

Due decorazioni tipografiche diverse si alternano sotto i titoli di alcuni dei capitoli del libro. Nelle stesse occasioni, il primo paragrafo viene introdotto da un piccolo capolettera di tre righe.

La cosa che mi ha colpito di più nel font è la E maiuscola accentata. A differenza di quanto avviene con i font attualmente in uso, è molto più bassa rispetto alle altre maiuscole. Evidentemente non c’era abbastanza spazio al disopra per aggiungerci l’accento, né con i font non digitali ci si può permettere il lusso di sforare. Così, per aggiungere il segno al disopra della lettera (per giunta molto semplice, non svasato) era stato necessario abbassarla. Quando la maiuscola è vicina a lettere basse l’anomalia si nota di meno. Quando è vicina a un’altra maiuscola, questo dettaglio diventa evidente. 

 

La E accentata doveva essere più bassa di una E normale. Evidentemente non restava spazio al disopra delle maiuscole per aggiungerci gli accenti. Mentre in un font digitale si può sforare a piacimento, coi caratteri metallici non si poteva uscire dagli spazi assegnati.

 

Per quanto riguarda il font usato, la forma della Q soprattutto mi fa pensare all’Aster (in barba a quelli che pensano che i libri italiani siano sempre stati stampati solo in Garamond). 

 

Una Q come quella dell'Aster di Simoncini è stata pensata per occupare meno spazio possibile e non interferire con righe o lettere successive. La forma della f su questa pagina del libro di Oscar Mondadori stampato degli anni Ottanta non coincide affatto con nessuno degli Aster digitali che si possono trovare sul web. Qui tutti i tratti ascendenti delle lettere sono molto corti: questo font è stato pensato non soltanto per i libri, ma anche per i giornali dove c'era bisogno di economizzare al massimo lo spazio.
 

Si tratta di un font datato 1958, firmato da Francesco Simoncini (lo stesso autore di uno dei Garamond più popolari in Italia). Il modo in cui la coda della Q si appiattisce sotto la lettera mi è molto familiare, anche se il font di per sé non viene nominato spesso.

Identifont restituisce in primo piano una versione digitale, realizzata da Mecanorma. Non ho confrontato tutte le lettere, ma quelle poche che ho visto sono concettualmente simili con quelle che si trovano sul libro in questione. Risalta parecchio, confrontando le pagine del libro degli anni 80 con lo specimen di Identifont, il modo diverso in cui si disponevano i bordi dei vari glifi. Nelle vecchie stampe su carta i dettagli sono molto indeterminati: guardate il terminale di una delle a e ditemi come è stato disegnato, di preciso. Nel font digitale invece non ci sono ambiguità: lì c’è un angolo retto, punto e basta.

Mentre i dettagli delle lettere tra il font digitale e quello visibile su carta combaciano, una grossa differenza riguarda l’estensione dei tratti ascendenti. La si può notare soprattutto nella lettera f: nel font che si vede su Identifont c’è tantissimo spazio tra il tratto orizzontale e il tratto sovrastante, mentre nelle pagine del libro lo spazio tra questi due tratti è minimo. E lo stesso dettaglio si può notare in altre lettere che hanno un’asta che si estende in alto, come b o d.

Cercando Aster su Identifont, esce un solo risultato in vetta agli altri, seguito da “Le Asterix” o “Faster One”. Uno potrebbe pensare che ne esiste solo una versione digitale. Invece più giù troviamo il New Aster di Adobe e Linotype e molto più giù l’Aster della Urw e, cercando bene, perfino l’Ef Aster di Elsner+Flake.

L’apposito strumento permette di confrontarli tra di loro. Nessuna differenza è stata catalogata, ma a occhio può essere osservata qualche piccola variazione nello spessore delle aste o nello spazio tra le lettere (e tra i numeri soprattutto).

Una caratteristica distintiva del font digitale è la forma della N: il tratto obliquo spunta verso destra in maniera fin troppo evidente.

Se andiamo a vedere le lettere presenti nelle pagine stampate da Oscar Mondadori, questa caratteristica può essere forse riscontrata, ma in maniera tale che si nota appena solo se la lettera è ingrandita al massimo. 

A prima vista la N sul libro appare normale, a differenza delle N degli Aster digitali dove l'angolo in basso a destra è disegnato in maniera molto insolita.

 

Forse anche questo fa parte del metodo Simoncini che è stato celebrato durante un’iniziativa qualche anno fa. Il metodo consisteva nel modificare la forma delle lettere tenendo conto di quale doveva essere il risultato in una stampa con le tecnologie dell’epoca.

Il metodo veniva spinto all’estremo quando si trattava di stampare in piccole dimensioni, su certi annunci di giornale o sugli elenchi telefonici. In quei casi stampando lettere dalla forma tradizionale l’inchiostro si allargava sul foglio tendendo a chiuderle e deformarle. Quindi le officine di Simoncini riprogettavano il tutto per prevenire questo effetto: disegnavano lettere dai tratti staccati l’uno dall’altro, in maniera tale che quando l’inchiostro si spargeva in una stampa a piccole dimensioni, quei tratti risultavano uniti come se la lettera fosse stata progettata normalmente.

In quei casi venivano anche aggiunte delle fessure che oggi si chiamano inktraps, negli angoli stretti, dove l’inchiostro in eccesso tendeva ad arrotondare le linee. Grazie a questa fessura, l’inchiostro in eccesso ci finiva dentro (per cui nel testo stampato non si vedeva nessuna fessura) e l’angolo appariva appuntito come doveva essere.

Cercando coi motori di ricerca non viene fuori nessun articolo che mette in collegamento l’Aster con Oscar Mondadori.

La mostra di qualche anno fa che magnificava il lavoro di Simoncini è stata solo un lampo in mezzo ad un continuum di indifferenza quasi totale per questa materia.

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