Digitalizzazioni delle insegne della metropolitana di Parigi
Intorno all’inizio del Novecento l’architetto francese Hector Guimard si occupò della metropolitana di Parigi. Ad ogni stazione fece impiantare delle nuove “edicole d’ingresso”, concepite come “elaborate e voluttuose strutture in ferro battuto e vetro, influenzate dallo stile di Viollet-le-Duc”, il cosiddetto stile liberty o Art Nouveau.
Su ciascuna di queste strutture c’era un’insegna con la scritta Metropolitain e il nome della stazione. I caratteri sono inconfondibili, e assurdi secondo i criteri moderni. Le linee rette scarseggiano, e la regolarità nelle altezze è un concetto relativo. Sì, molte delle lettere condividono gli stessi limiti in alto e in basso, ma altre no, sforano al di sopra o al disotto.La forma è sempre quella della maiuscola, anche se sinuosa. L’alfabeto potrebbe essere definito maiuscoletto, visto che le iniziali sono in dimensione maggiore. Nella scritta metropolitain anche le due T e la P si innalzano al di sopra delle altre lettere, mentre la L ha il tratto orizzontale che va a sottolineare la I, che a sua volta si incastra sotto la successiva T.
Le I poi sono strane perché hanno un puntino al disopra, come se fossero minuscole.
Le stesse forme si ripetono anche per le indicazioni col nome di ciascuna stazione. Non c’è da stupirsi se al giorno d’oggi queste scritte vengono affiancate da una segnaletica in stile più internazionale, altrimenti sarebbe un problema per i turisti decifrare ogni cartello.
Comunque le scritte in questo stile sono inconfondibili, e hanno un certo fascino, evocando in un attimo l’atmosfera della belle epoque, gli inizi del secolo, il positivismo, la fiducia nella scienza e nella tecnologia, le strutture in ferro e vetro.
Qualcuno ha provato a digitalizzare questo font. Una versione gratuita si può trovare sul sito Weebly, dove lo stesso autore (uno studente) racconta come ha agito: visitando le varie stazioni e fotografandone i cartelli, oppure cercando sul web le foto delle stazioni mancanti e poi ricalcando i contorni con un apposito programma al computer. Lui stesso mette le mani avanti: visto che le fotografie sono state riprese da altezze e distanze diverse, nella digitalizzazione sono sicuramente presenti delle distorsioni dovute alla prospettiva.
Chiaramente dovendo farne un prodotto commerciale bisognerebbe lavorarci un po’ di più. In questo caso, trattandosi di un font scalabile in qualsiasi dimensione, c’è il rischio che se usato in piccolo non abbia un buon aspetto, visto che non è stato pensato per dimensioni text, mentre se usato troppo in grande siano evidenti i difetti nascosti nei dettagli o le eventuali incongruenze. La punta della M sui cartelli sembra tonda mentre nel font no, il tratto centrale della E sui cartelli sembra terminare in maniera concava mentre nel font no.
L’anteprima sul mio computer mostra l’incipit dell’Iliade come frase standard, ed ecco che la prima cosa che si nota è il bisticcio tra le due L consecutive nella parola Achille.
Credo che i cartelli originali fossero disegnati a mano, per cui l’artista si poteva regolare a seconda delle lettere che doveva incastrare una nell’altra. Dovendo fare un font che deve adattarsi ad ogni esigenza, due sono le possibilità: o alterare le lettere in maniera tale da renderle compatibili a qualsiasi situazione, oppure prevedere un sacco di opzioni di kerning e legature per modificare le forme a seconda delle lettere confinanti.
Comunque si tratta di un font abbastanza accurato. Un tentativo più rozzo e rudimentale si può scaricare da Dafont. Si chiama Paris Metro di David Rakowski. A differenza del primo, non è un maiuscoletto ma contiene solo le maiuscole. Le forme non sono ricalcate, ma disegnate rozzamente ispirandosi a quelle della metropolitana. La L non scende sotto la linea di base, la I non ha il puntino, la N non svolazza all’indietro... Insomma, un tentativo molto superficiale, che andrebbe bene solo in mancanza di meglio.
192 mila i download a partire da prima del 2005, 12 soltanto ieri. Altri lavori caricati dallo stesso autore sono più interessanti.
Il più scaricato di ieri è il Zallman Caps, iniziali romane con qualche fogliolina outline intorno senza cornice. Dopo il Lassus (note sul pentagramma) troviamo il Retchman e l’AdineKirnberg Script, con eleganti influenze calligrafiche sempre di inizio secolo; il Logger, dove le lettere sono composte di tronchi di legno (un’altra idea popolare nella tipografia a cavallo tra Ottocento e Novecento); l’Upper East Side (tipo Broadway), l’Uechi Gothic (gotico moderno, forse con qualche problema negli spazi tra le lettere.
Seguono poi l’Horst, catalogato come iniziali gotiche ma in realtà molto liberty, lo Show Boat (un display che starebbe bene su un battello del Mississippi), il Gallaudet (le posizioni delle mani in un alfabeto per non-udenti).
Ci sono altri set di iniziali liberty, qualche altro retro, una specie di Rosewood, e qualcosa di calligrafico.
Un paio di macchine da scrivere, senza troppo successo, qualche silohuette dello zodiaco, il Bizaro Plain (coi profili di personaggi nelle pose più assurde).
L’ultimo della classifica è il Tenderleaf, dove ogni lettera ha foglie che spuntano senza motivo in tutte le direzioni.
Per tornare alla Metropolitana di Parigi, mi pare che nella seconda metà del Novecento nella segnaletica siano stati introdotti i caratteri di Frutiger, chiaramente molto più moderni e svizzeri.
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