Lumitype

Una foto della Lumitype esposta nel Museo della Stampa e della Comunicazione Grafica di Lione si può vedere sul sito Jeremy Norman’s History of Information.

La macchina venne ideata nel 1946 da due ingegneri francesi che lavoravano per una compagnia telefonica. Non incontrando interesse e risorse nelle aziende del loro paese, i due si trasferirono negli Stati Uniti, dove una corporation, la Lithomat, sostenne lo sviluppo dell’invenzione.

Il primo libro stampato interamente grazie alla fotocomposizione risale al 1953, e si intitolava Il Meraviglioso Mondo Degli Insetti.

Si trattava di una svolta notevole rispetto al passato. Per la prima volta si superavano i sistemi di composizione a caldo che erano stati inventati nel secolo precedente ma che ancora si basavano sui caratteri metallici con la forma delle lettere in rilievo, come ai tempi di Gutenberg.

Tradizionalmente, per impaginare un libro, i tipografi avevano bisogno di intere cassette piene di caratteri metallici; ogni lettera doveva essere presa una alla volta a mano e allineata con le altre per formare le parole; il tutto veniva fissato in una macchina in cui i blocchetti venivano inchiostrati e premuti contro un foglio di carta. Nell’Ottocento però era stato scoperto un altro metodo di stampa: la litografia. In questo caso le scritte non erano in rilievo, ma venivano ottenute sfruttando le particolarità di un certo tipo di pietra e gli inchiostri grassi. Inizialmente era possibile soltanto fare disegni a mano, in seguito divenne possibile approfittare dello stesso principio per imprimere la foto di un’immagine o un testo su una lastra metallica, senza parti in rilievo, per stampare ad esempio per mezzo di una rotativa (stampa offset). Anche se la stampa avveniva senza caratteri in rilievo, comunque era rimasta una fase intermedia in cui questi venivano utilizzati: i testi venivano impaginati usando macchine linotype e monotype, nelle quali veniva immesso piombo che veniva fuso per produrre i caratteri in metallo che poi venivano usati per stampare una scritta col metodo tradizionale. La scritta veniva fotografata per produrre le lastre da utilizzarsi nel successivo processo di stampa.

La Lumitype permetteva di saltare questo passaggio, proiettando la forma delle singole lettere direttamente sulla pellicola o carta fotografica. Non c’era bisogno di fondere il piombo né di spostare i blocchetti con le lettere in rilievo e invertite: sistemare il testo nella pagina, da quel momento in poi, significava soltanto spostare sul piano di lavoro pezzetti di carta con le scritte già composte nel font e nella dimensione desiderata.

La forma delle lettere era memorizzata in trasparenza su particolari dischi. La macchina li ruotava, disponendo la lettera opportuna davanti a un raggio di luce, che la proiettava di volta in volta nella posizione giusta della pagina. Fino a prima della fotocomposizione, ogni dimensione prevedeva l’acquisto di un font a parte. Con la fotocomposizione divenne possibile stampare in dimensioni diverse, ingrandendo o rimpicciolendo il testo grazie ad apposite lenti, senza bisogno di acquistare la nuova dimensione a parte.

Ma la prima Lumitype cosa era in grado di fare? Beh diciamo che al momento c’è pochissimo interesse per i dettagli di funzionamento di queste apparecchiature, anche perché non erano prodotti di massa destinati a tutti, ma strumenti di lavoro soltanto per chi si occupava di tipografia.

Su Wikipedia manca una voce dedicata alla Lumitype in tutte le lingue tranne tre: francese, tedesco e olandese.

Nell’articolo in francese si legge che grazie a diversi obiettivi fotografici era possibile variare il corpo del testo da 5 a 28. Su ogni disco erano disponibili 16 “caratteri” diversi.

Per immettere il testo era stata adattato il dispositivo di una normale macchina da scrivere, aggiungendoci i tasti per le legature.

La foto che si può vedere su History of Information mostra che la macchina si componeva di due parti: da un lato un armadio con un complesso meccanismo che si può vedere attraverso uno sportello trasparente; dall’altro una scrivania composta dalla macchina da scrivere tradizionale (con tanto di martelletti e rullo per metterci il foglio), un leggio per metterci il testo da impaginare, e un gran numero di pulsanti, leve e manopole sia a destra che a sinistra.

Su Wikipedia c’è la foto della Lumitype 550 del 1965. I pulsanti sono molto più colorati e moderni, più attraenti dal punto di vista commerciale.

Dice ancora Wikipedia in francese che c’era un calcolatore binario che si occupava della giustificazione del testo, dosando lo spazio a seconda della larghezza variabile delle lettere che erano state digitate. Ovviamente, come nelle macchine da scrivere tradizionali, la sillabazione era a cura dell’operatore: poco prima della fine della riga suonava un campanello che avvisava che lo spazio rimasto era limitato. La persona che stava battendo il testo doveva decidere a che punto interrompere la parola, poi mettere il trattino e andare a capo.

La foto di una Lumitype 540 in funzione negli anni Sessanta si può vedere sul sito Pratically Efficient, è stata inserita in un articolo che si occupa di come si sono impaginate le formule matematiche nel corso del tempo. Si vedono file su file di pulsanti, anche se non viene spiegata la loro funzione, e un pannello che sta dritto di fronte agli occhi dell’operatore, ma cosa c’è sopra è comunque indistinguibile.

La foto di un dettaglio del disco di font della Lumitype si può vedere sul sito Prepressure. Gli alfabeti e gli altri segni sono ripetuti nello stesso ordine su otto traiettorie concentriche, che ovviamente sono sempre più larghe mentre ci si avvicina al bordo esterno. Quindi l’inizio dell’alfabeto è sfalsato da una riga all’altra, a scaletta.

La didascalia dice che sul disco ci sono caratteri Univers. In realtà ci sono sia dei serif che dei sans; sarebbe interessante conoscere più dettagli.

I numeri sono disposti in ordine, ma le lettere no. Almeno non si tratta dell'ordine alfabetico, né di quello delle tastiere moderne. Mi ricorda quello delle tastiere delle linotype (che cominciava con “etaoin...”, qui invece si legge “etaiorn...”), ma chissà se la cosa è collegata: non mi pare che ci siano foto ravvicinate della tastiera di una Lumitype.

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