Varie chiacchiere sui dingbats

L’altro giorno ho scritto qualcosa a proposito delle emoji. In teoria sono entrate in Unicode soltanto a partire dalla versione 6.0 del 2010, ma molti dei caratteri che avevano già ricevuto una posizione assegnata in precedenza sono stati considerati emoji, col senno di poi. Fin da Unicode 1 c’erano parecchi simboli tipografici che oggi chiamiamo emoji, a partire dalla faccina sorridente. E questo nemmeno significa che le nuove emoji siano nate dal nulla: molte di loro magari esistevano già in precedenza, come disegni inseriti in font dingbat, ossia composti di soli simboli. Un esempio è il Webdings della Microsoft, anno 1997, che conteneva treni, macchine della polizia e dei pompieri, cartelli, simboli da videoregistratore, icone di finestre, bagni per uomini e donne, note musicali, biciclette e quant’altro. Solo che questi simboli non avevano una posizione assegnata esterna a quella dell’alfabeto latino. Anzi, occupavano proprio le posizioni delle lettere latine, per cui un qualsiasi testo convertito in questo font diventa una sequenza di simboli senza senso.

Il Wingdings, che conteneva manicule, faccine, simboli religiosi, segni zodiacali, tastiere, telefoni, webcam e indicazioni da aeroporto, addirittura è del 1992. In questo caso Identifont conosce anche i nomi dei disegnatori Kris Holmes e Charles Bigelow.

Tra i tipografi già da secoli si realizzavano caratteri in metallo raffiguranti simboli. O servivano per essere utilizzati nei testi, come per esempio i segni zodiacali, i simboli alchemici o quelli matematici, oppure si trattava di fregi, cornici, linee di separazione, o semplici fiori, foglie, stelle o croci per separare i paragrafi, abbellire la pagina o le copertine.

Nel 1994 David Carson, impaginando la rivista Ray Gun, rimase deluso da un’intervista a Bryan Ferry e decise di impaginarla usando il font Zapf Dingbats (composto in gran parte di fiori, fiocchi di neve, stelle, quadrati, triangoli, crocette e segni di spunta). Venne fuori una pagina piena di simboli, totalmente illeggibile. Sul momento non ci furono particolari reazioni (e comunque venne pubblicato a parte anche l’articolo), ma nell’ambiente quell’episodio viene citato ancora oggi. 

Qualche anno fa il sito Vox ha pubblicato un articolo per spiegare agli addetti ai lavori il motivo per cui esiste il font Wingdings: che senso ha se non può essere usato per comporre parole? Le decorazioni non possono essere aggiunte sotto forma di immagini?

In realtà, spiega l’articolo, all’epoca la memoria dei computer non era come quella attuale. I supporti mobili erano ancora i floppy da 1,44 megabyte. Non c’era la possibilità di salvare parecchie immagini in memoria, oppure potevano essere per forza di cose solo in bassa definizione. Quindi fornire un font con tutti i simboli che potevano essere necessari in qualunque contesto era una buona idea. Era facile sistemarli in mezzo ai testi (ad esempio il disegno di un telefono accanto al numero in un biglietto da visita) e si trattava di immagini scalabili, che non perdevano qualità se ingrandite. Inoltre, nell’ipotesi che i computer di mittente e destinatario usassero tutti lo stesso sistema operativo (come avveniva all’epoca con Windows) era possibile anche inserirli nei messaggi mail senza appesantire l’invio con file ingombranti.

La corrispondenza tra simboli del Wingdings e lettere latine ha creato qualche grattacapo alla Microsoft. Scrivendo la sigla di New York City, NYC, con questo font viene fuori una sequenza col teschio pirata, la stella di Davide e il pollice alzato. Ai tempi partì una segnalazione per antisemitismo, che l’azienda prese sul serio e investigò insieme alla Anti Defamation League per giungere alla conclusione che non c’era niente di male, si trattava di un caso. Ma subito dopo gli attentati islamici dell’11 settembre che riguardarono proprio New York la leggenda tornò in primo piano, inserendosi nel clima di terrore che si era creato in quei giorni. Ne parlò Wired in un articolo uscito 12 giorni dopo gli attacchi. E poco importa che gli obiettivi di quell’attentato non erano propriamente dei simboli ebraici: sul web basta molto meno per creare una teoria della cospirazione. Per ottenere la sequenza in cui un aereo si dirige contro dei palazzi, il simbolo pirata e la stella di Davide bisogna digitare Q33NY. Le ultime due lettere possono voler dire New York. Ma le prime tre? Non solo non hanno nulla in comune con le sigle degli aerei o gli indirizzi o qualunque altra cosa di rilievo che abbia a che vedere con quella storia, ma i due segni che simboleggerebbero le due torri non sono altro che due fogli di carta: esistono anche sovrapposti (al numero 4) o con l’angolino piegato (al numero 2). Volendo formare l’undici (la data di quel giorno) viene fuori due volte l’icona della cartella. Il 9 è una webcam. 

Insomma, la presunta coincidenza non è una prova del coinvolgimento della Microsoft in attività cospirative, e non è nemmeno una coincidenza. Ma il fatto che sia stato necessario scrivere dei lunghi articoli per chiarire questo punto è abbastanza preoccupante. Davvero c’è bisogno di mobilitare i factcheckers anche per questo?

Comunque, tanto per bilanciare i malintesi precedenti, nel Webdings (cinque anni dopo il Wingdings e quattro prima dell’attacco all’America) la Microsoft è corsa ai ripari. Digitando NYC compaiono, nell’ordine, un occhio, un cuore, e un panorama di grattacieli. La parola occhio in inglese si pronuncia come la parola io. Il cuore è il simbolo dell’amore. E lo skyline ricorda New York. In pratica si tratta di un omaggio al celebre logo realizzato nel 1976 dal designer Milton Glaser che dice “Io amo New York”. Difficile che si tratti di una coincidenza, stavolta. 

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