I nomi delle dimensioni dei caratteri ai tempi di Bodoni

Prima dell’invenzione del punto tipografico la dimensione di ciascun tipo di carattere non veniva indicata sui cataloghi in millimetri o frazioni di pollice, bensì secondo un nome specifico, che oggi è pressoché caduto nel dimenticatoio.

Su Wikipedia in inglese c’è una tabella che mette a confronto i nomi dei sistemi americano, britannico, francese, tedesco, olandese e cinese, aggiungendoci la misura in punti tipografici (moderni) e quella in millimetri, approssimata.

Nel libro A History Of The Old English Letter Foundries di Talbot Baines Reed, disponibile gratuitamente sul sito del progetto Gutenberg (da un anno bloccato agli utenti italiani per una diatriba relativa ai diritti d’autore, ma accessibile comunque con qualche stratagemma) è disponibile una tabella simile, in cui mancano le nomenclature americana e cinese ma ci sono quella italiana e spagnola. Manca inoltre la relazione con le misure in punti e in millimetri.

Chi conosce il famoso specimen di Caslon può farsi un’idea dei nomi in uso in Gran Bretagna nel 1728 perché li vede raccolti tutti in una pagina. Non tutti, a dire la verità: mancano i nomi per le dimensioni più grandi. Si parte dal French Canon, e si procede a dimensioni sempre minori fino ad arrivare al Nonpareil e al Pearl, che è il più piccolo (secondo Wikipedia corrisponderebbe a circa 5 dei moderni punti tipografici).

Sul sito Biblioteca Bodoni è possibile sfogliare tutte e 664 le pagine del primo volume del Manuale Tipografico messo a punto da Giovanni Battista Bodoni ai primi dell’Ottocento, e pubblicato soltanto postumo. Ogni pagina è introdotta da un cartiglio in cui si trova appunto il nome della dimensione del font che viene mostrato di volta in volta.

Si comincia con la parmigianina, a pagina 126 del documento consultabile online, per terminare con la papale, pagina 413 del documento digitale (numerata 144 sul volume cartaceo).

Visto che per ogni dimensione erano stati realizzati vari font diversi, ciascuno di loro era contrassegnato dal nome di una città. Ad esempio il manuale contiene tre parmigianine, chiamate Parma, Roma e Parigi.

Ad un osservatore moderno il manuale di Bodoni pare molto monotono: non fa altro che ripetere in caratteri romani un’orazione di Cicerone, senza nessuna varietà. Il motivo è presto detto: mentre oggi i font sono scalabili, quindi dopo avere disegnato un romano un disegnatore può dedicarsi a font geometrici, fantasiosi, sperimentali, creativi, all’epoca le lettere incise in una certa dimensione potevano essere usate solo in quella dimensione. Pertanto bisognava ricominciare da capo il lavoro ad una dimensione leggermente superiore, incidendo lettera per lettera l’intero alfabeto, i segni di interpunzione, le lettere accentate eccetera. E poi ripetere lo stesso lavoro più e più volte, a tutte le dimensioni, contemporaneamente adattando il disegno alle esigenze. Ad esempio, in un carattere piccolo i tratti non possono essere troppo sottili, quindi bisogna limitare il contrasto con i tratti più spessi; in un carattere adatto alle intestazioni invece ci si può concentrare sul contrasto e sulla cura per i dettagli, visto che si lavora in grande.

Quindi Bodoni non disegnò solo il Bodoni che troviamo installato sui nostri computer, ma tanti Bodoni diversi a seconda delle dimensioni e non solo, simili tra di loro ma non identici.

Comunque, la lista completa dei nomi usati nel Manuale è questa (dal più piccolo al più grande):

  • Parmigianina
  • Nonmpariglia
  • Mignona
  • Testino
  • Garamoncino
  • Garamone
  • Filosofia
  • Lettura
  • Silvio
  • Soprasilvio
  • Testo
  • Parangone
  • Ascendonica
  • Palestina
  • Canoncino
  • Sopracanoncino
  • Canone
  • Corale
  • Ducale
  • Reale
  • Imperiale
  • Papale

Nella lista di Reed alcuni di questi nomi mancano: manca la palestina tra ascendonica e canoncino, manca la ducale tra corale e reale, e mancano imperiale e papale al disopra della reale.

Secondo la tabella di Reed parmigianina corrisponderebbe a pearl (circa 5 punti), mentre reale corrisponderebbe all’inglese french canon, ossia 48 punti tipografici secondo la tabella di Wikipedia. L’enciclopedia online prosegue anche a dimensioni superiori fino a 108 punti, ma appoggiandosi ai multipli di qualcosa: five-six-seven-eight-nine pica per l’inglese, 6-7-8-9 cicero per l’olandese, mentre altri sistemi procedevano in maniera più irregolare. Per i tedeschi l’imperial era da 108 punti, ossia 9 cicero/pica. I francesi avevano la moyenne de fonte che doveva essere di 100 punti tipografici, l’unico sistema ad avere coniato un nome per questa grandezza, secondo la tabella.

Comunque, tutto ciò non ci permette di capire con certezza la papale di Bodoni a quanti punti tipografici poteva corrispondere. 

Per quanto riguarda il Manuale di Bodoni, un po’ di varietà la si può trovare nel secondo volume, ma solo in termini di alfabeti stranieri, fregi e decorazioni tipografiche. Nella seconda parte del primo volume ci sono cancelleresche, corsive, e tante maiuscole. Il fatto è che all’epoca non esisteva la pubblicità come la conosciamo oggi, né le etichette dei prodotti o i loghi delle fabbriche. La tipografia era un’attività che aveva a che fare soltanto con i libri stampati, quindi la varietà dei caratteri era molto limitata. Tanto per rendere l’idea: Bodoni non offriva neanche un tipo di carattere di lettere latine senza grazie. Il primo font di questo tipo disponibile commercialmente per uso generale, secondo quanto scrive Wikipedia, venne lanciato dalla fonderia Caslon di Londra solo nel 1816, ossia tre anni dopo la morte di Bodoni.

Commenti

Post più popolari