Italtype

Su Amazon è in vendita un catalogo della Italtype del 1950. 124 pagine, 28x23, all’interno taglio a scaletta tipo rubrica.

Della Italtype è stato tramandato ben poco. Doveva trattarsi di una concessionaria italiana della Linotype. Dice la descrizione che i titolari dell’azienda erano i tecnici Barigazzi e Bonvini. Aveva sede a Milano e Roma. I licenziatari americani invidiavano i prodotti costruiti da questa fabbrica, e prima si appropriarono del “fantasioso meccanico Fugazza e poi un po’ gelosi riacquistarono l’intera Italtype”.

Il catalogo illustrava tre modelli di Linotype e tutti i pezzi che la componevano. 

Un’altra copia dello stesso catalogo, ma danneggiata, è in vendita sullo stesso sito a prezzo inferiore.

Su Libreria Antiquaria Coenobium invece è in vendita a 60 euro un pieghevole di 8 facciate, sempre del 1950, con illustrazioni e note tecniche relative alla macchina tipografica Italtype. 

A marzo 2016 qualcuno a Teramo cedeva gratuitamente, “purché i beni siano salvati dalla rottamazione”, varie macchine tipografiche, tra cui una compofonditrice Italtype Alfa. Chissà che fine ha fatto. L’annuncio era comparso sul sito dell’Associazione Italiana Musei della Stampa e della Carta

Una Italtype Alfa è esposta nel Museo della Stampa Lodovico Pavoni di Artogne, in provincia di Brescia. Il museo è intitolato colui che per primo in Italia, nel 1821, fondò una scuola tipografica, dice il Borghista

Qualche foto di questo museo è stata pubblicata nel 2012 sul sito Un Sardo In Giro. Si vede qualche dettaglio della macchina Italtype, con le matrici allineate a formare la riga, e poi una platina, un tirabozze, un torchio e perfino una calcolatrice meccanica Olivetti (che stampava le cifre su un rotolo tipo scontrino). 

Il museo ha un sito web 1.0 senza fotografie, nel quale si fa partire la storia della scrittura dai graffiti sulla pietra: il museo è poco distante dal luogo dove sono state trovate le incisioni rupestri della Val Camonica, patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Le più antiche risalgono all’ottavo millennio avanti Cristo, ai tempi della glaciazione di Wurm.

Vennero segnalate a partire del 1909 ad opera di un certo Walther Laeng, e fanno parte del Patrimonio dell’Umanità dal 1979.

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