Maximilien Vox e i sistemi di classificazione dei font

Samuel William Theodore Monod è stato un scrittore, vignettista, illustratore, editore, giornalista, teorico di critica dell’arte e storico della tipografia francese, secondo quanto scrive Wikipedia. Inizialmente si firmò usando vari pseudonimi, fino a quando non scelse definitivamente Maximilien Vox.

Secondo Luc Devroye disegnò anche alcuni font, di cui restano un paio di specimen e che non sono stati digitalizzati, almeno non a nome suo.

Un dettagliatissimo articolo pubblicato su Typofonderie mostra parecchie delle opere impaginate da lui, tra cui cataloghi tipografici che di solito arricchiva con opere d’arte, curiosità tipografiche, anche racconti in tema tipografico scritti da lui.

Il suo nome è noto ai designer moderni per via del sistema di classificazione dei caratteri tipografici che si chiama Vox-ATypI, che è stato adottato dall’Associazione Tipografica Internazionale a partire dal 1962.

Inizialmente la classificazione prevedeva nove categorie: umanistici, garalde e transizionali per quanto riguarda i caratteri classici; didone, meccanicistici e lineari per quanto riguarda i moderni; incisi, scritti e manuali per quanto riguarda i rimanenti.

I nomi li ho tradotti io un po’ a orecchio: in effetti questa classificazione non è pressoché in uso da nessuna parte, e comunque nel corso del tempo ha subito delle modifiche, includendo anche i gotici o i celtici.

Inoltre è stata criticata perché ormai fuori contesto: era stata pensata tenendo conto delle tendenze della tipografia fino alla prima metà del Novecento, per cui prevedeva due categorie diverse per dei serif simili, basandosi su differenze quasi impercettibili, mentre metteva nella stessa categoria sans molto diversi tra di loro, come clarendon ed egiziani. Senza contare che la classificazione è pensata tenendo conto delle caratteristiche dell’alfabeto latino; non solo non si applica agli altri alfabeti, ma non prevede neanche una categoria a parte per loro (gli stampatori inglesi li chiamavano esotici).

Su O’Reilly lo schema originale a cerchio è stato realizzato con i nomi dei vari font che fanno parte delle varie categorie, scritte nei font medesimi. Un cerchio a parte è stato dedicato a quei font che stanno a cavallo tra due categorie confinanti. Perché la classificazione di ciascun carattere non + univoca: alcuni font molto diffusi come Bell o Century hanno caratteristiche compatibili con almeno due categorie diverse.

Sul web si trova un pdf con un progetto universitario realizzato nell’ambito di un corso di Sistemi di produzione in campo grafico, nel quale i font di Google sono smistati usando la classificazione Vox-ATypI. Tanto per testimoniare l’estraneità della terminologia al modo di pensare comune tra gli addetti ai lavori in Italia, i nomi delle categorie sono stati lasciati in francese, anche se il testo del lavoro è in italiano (ma non si sa in quale università è nato).

Al mondo esistono molti altri sistemi per classificare i font, tra cui uno messo a punto dal disegnatore italiano Aldo Novarese. 25 di questi (ma non quello di Novarese), sono raccolti in un Pdf realizzato da un istituto di New York e pubblicato anche sul sito di Devroye. Tutti sono illustrati con uno schema in cui i nomi delle varie categorie sono disposti in cerchio, e, quando disponibili, sono indicati anche i livelli superiori che raggruppano insieme le varie categorie nello stesso settore.

Al giorno d’oggi ogni sito web usa un suo sistema di classificazione improvvisato a seconda delle esigenze. Google divide tutti i suoi font in cinque categorie soltanto: serif, sans serif, display, handwriting e monospace. Ovviamente quando viene caricato un font viene inserito solo in una di queste categorie, a seconda di quella che è la caratteristica prevalente: un serif monospace non compare nella categoria serif ma solo nella monospace, come pure un carattere con grazie che sia considerato inadatto agli usi text viene inserito solo nella categoria display.

Myfonts suddivide la sua offerta in sei categorie di base: mancano i monospace, i font con grazie sono divisi in serif e slab serif, mentre quelli manuali sono divisi in handwritten e script (questi ultimi più calligrafici, con lettere unite e svolazzi).

Dafont, essendo specializzato in caratteri fantasia, prevede tante categorie specifiche (Natale, Halloween, San Valentino, Gotico Antico, Gotico Moderno, Loghi Universitari Corsivi, Loghi Universitari Moderni, Rétro, Stencil...).

In molti siti web la classificazione comunque è secondaria: ogni font può essere associato ad un numero illimitato di tag, accessibili dall’apposito motore di ricerca. Quindi si può cercare 60s (anni sessanta) o funny (divertenti) o disco (discoteca) per ottenere istantaneamente i font che corrispondono al criterio in questione. Inutile dire che si tratta di un elenco completamente arbitrario, nel senso che se un font Bauhaus non è associato al tag “disco” non viene restituito dalla ricerca corrispondente, anche se sarebbe più che adatto a questo uso.

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