Quattro anni

Dedico a questo blog pochi minuti al giorno, e non sto lì a pensarci più di tanto. Per cui quando la cronologia mi dice che sono quattro anni che questo blog è aperto reagisco dicendo che sinceramente questi anni non me li sento addosso.

Comunque, diamo un’occhiata alle statistiche, e vediamo in quali contenuti si sono imbattuti i visitatori (pressoché tutti dirottati dai motori di ricerca).

Al primo posto abbiamo il post sull’alfabeto delle Giovani Marmotte, che non è mai stato un font proprio, era solo un’idea lanciata da una rivista ai tempi in cui i ragazzi scrivevano ancora con carta e penna, e che era un po’ caduto nel dimenticatoio. Quindi se questo blog è servito a resuscitare questo bel ricordo ne sono più che contento.

Al secondo posto c’è il post sui cartelli stradali. Non è un capolavoro, in effetti, era molto imbrogliato, non ne vado fiero. Ma se è così è perché in Italia c’è pochissima attenzione all’argomento. In Inghilterra le persone che si sono occupate del disegno dei moderni cartelli stradali e della scelta dei relativi font sono state intervistate spesso, compaiono nei documentari della Bbc, qualcuno che li incontra e non ha approfondito crede che i cartelli stradali li abbiano inventati loro. Qui in Italia si sa solo che il font usato si chiama “alfabeto normale”, quando non è condensato, e sul web mancano perfino i riferimenti alla legge su cui si basa questa definizione, o a uno specimen del carattere in questione. Comunque, il fatto che arrivino visitatori significa che qualcuno interessato all’argomento ci sarebbe.

Al terzo posto c’è il post sul Wood Type Museum e le tipografie vecchio stile. Non perché la gente si interessi particolarmente dei caratteri in legno, ma perché è stato il primo in cui ho nominato le pedaline. Per qualche strano motivo i motori di ricerca hanno messo il risultato ai primi posti nelle ricerche su questo argomento. Non ho fatto statistiche precise, ma a occhio e croce su questo post c’è un piccolo boom di visite (poche unità, dopo giorni di inattività) tutte le volte che la Rai manda in onda La Banda degli Onesti, con Totò e Peppino. I protagonisti del film provano a stampare delle banconote false usando la “pedalina” del tipografo di quartiere, di marca “Bordini e Stocchetti di Torino”. La macchina è nuova, bisogna pagare le rate, ma il tipografo Loturco non ha i soldi perché ha pochi clienti. Evidentemente chi vede quel film vuole saperne di più: è veramente esistita questa azienda? Pare di no, ma le pedaline esistevano veramente, e davvero venivano fabbricate a Torino; devono il nome al fatto che inizialmente funzionavano a pedale (poi sostituito dall’elettricità); nel film Totò fa confusione col “pedalino”, che invece è sinonimo di calzino.

Comunque, per tornare alla nostra classifica dei post più cliccati, al quarto posto c’è quello dedicato al nuovo carattere di Repubblica. Si tratta del primo che ho scritto quando è stato annunciato il restyling; ne è seguito un altro quando si visto finalmente in uso il font nel suo contesto (i font: anche se è stata presentata col solo nome Eugenio, la famiglia comprende un display, un text e un sans serif; o meglio vari, perché la versione sottile è completamente diversa da quella spessa).

Più sotto troviamo il post che ho dedicato alla definizione di corpo del carattere. Argomento intricatissimo, tenuto conto che la misura, che comunque può essere convertita in centimetri, non corrisponde a nessuna distanza concretamente misurabile, non solo nelle lettere, ma anche tra le righe. Insomma, installando un nuovo font, è impossibile dire quante parole entreranno in ogni riga, ma perfino quante righe entreranno in una pagina di word processor, perché il dato cambia da un font all’altro. Però un po’ di teoria non fa mai male.

Più sotto troviamo il post dedicato al cancello di Auschwitz. Che ho sempre pensato di toglierlo, perché immagino che la gran parte della gente che vi si imbatte sta cercando ben altre informazioni che le forme delle lettere all’entrata del campo di concentramento. Ma finora nessuno si è mai lamentato, e magari la cosa può rivelarsi utile per chi deve impaginare qualche ricerca scolastica. E poi quel dettaglio della B capovolta non può sfuggire a chi si interessa di tipografia.

Continuando a scendere nella classifica ci troviamo un post dedicato alla Fiat Panda. Che in effetti non giunge a niente: la Panda più recente ha i nomi scritti in un bello stile originale, che però non corrisponde a nessuno dei font in commercio. Però da lì sono arrivato a scoprire la gente che c’è dietro il font usato negli anni scorsi nelle pubblicità della Fiat.

Seguono: un altro post sulle pedaline, uno in cui elenco qualche strana definizione tra cui piede-di-mosca, uno molto superficiale dedicato al Bembo, uno in cui spiego come inserire i capolettera in un documento, qualche rapido riferimento a Morris Fuller Benton, la cui firma compare sotto numerosi font che hanno fatto la storia, e un post sui font “a vita bassa”, ossia quelli con il trattino centrale della E ribassato, in cui non mi ricordo di preciso cosa ho scritto.

Tra gli altri, ha riscosso qualche successo il post dedicato al Titillium, font open source italiano che è stato adottato dalla Pubblica Amministrazione, e quello ai due font in uso al Tg1 Rai. Sempre restando in ambito televisivo, c’è il post dedicato al Televideo. I cui font variano a seconda del televisore che si usa, quindi non sono controllabili dall’emittente. Tranne quelli delle intestazioni, che sono disegni, per cui le emittenti si possono sbizzarrire, nonostante la limitatezza del mezzo a disposizione.

Gli ultimi della classifica che mi viene mostrata dalla piattaforma riguardano l’alfabeto birmano (di cui non ricordo assolutamente niente), un confronto tra Bembo e Garamond (che oggi non scriverei certo così) e un post sul Donatus-Kalender che invece mi ha dato qualche soddisfazione. Riguardava il primo font della storia, quello messo a punto da Gutenberg per stampare una grammatica latina di Aelius Donatus e un Kalender che all’epoca non sapevo di cosa si trattava. Era un pamphlet riguardante le crociate, nel quale le esortazioni erano suddivise secondo i nomi dei mesi, e che è scaricabile in formato pdf dal web (sono poche pagine, e scritte in tedesco, per giunta).

Quanto rispecchia tutto ciò quello che io ricordo di avere scritto? Ben poco. Talvolta mi sono imbattuto in manoscritti e incunaboli interessanti; spesso ho linkato materiali relativi alla fotocomposizione (una fase della storia della tipografia di cui molti ignorano completamente l’esistenza); di recente ho visto qualche filmato sulla rilegatura e il restauro di libri antichi.

Certo avrei potuto scegliere un tema più popolare, ma per me va bene così. Meno gente c’è, meglio è. Avete presente una vasta biblioteca dei secoli passati, silenziosa, nella quale si sente ogni minimo fruscio? Ecco, più o meno questa è l’atmosfera congeniale con questo blog. In alternativa, c’è lo sferragliare di qualche macchina per la composizione o la stampa con tutti gli ingranaggi in metallo. Per cui non c’è bisogno di parole, ma solo della contemplazione del meccanismo.

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