Louis Braille
Chissà perché, mi aspettavo che dell’inventore dell’alfabeto per i non vedenti esistesse almeno una fotografia in bianco e nero. Invece Louis Braille visse troppo presto, quando la tecnica fotografica era ancora agli albori. Nato in Francia nel 1809, morì a Parigi nel 1852. Sul web ci sono parecchi suoi ritratti e molte foto di monumenti a lui dedicati.
Braille era cieco lui stesso: era rimasto infortunato ad un occhio quando aveva tre anni e si trovava nell’officina da sellaio di suo padre. L’infezione si estese e gli fece perdere la vista anche all’altro occhio. Venne educato nell’Istituto per Giovani Ciechi di Parigi, uno dei primi centri specializzati per persone non vedenti. Imparò a leggere col metodo di Valentin Hauy, in base al quale veniva messo un filo di rame a ricalcare i caratteri di stampa sul lato posteriore del foglio, in maniera tale da renderli rilevabili al tatto. Se questo metodo consentiva di leggere, non consentiva però di scrivere. L’ispirazione arrivò grazie ad un militare, che gli raccontò come aveva pensato ad un sistema basato su 12 punti per inviare dispacci notturni. Non penso che questo sistema sia mai entrato in uso, comunque Braille lo sviluppò riducendo il numero di punti a solo sei, disposti secondo una griglia di due colonne da tre file di punti ciascuna. In un certo senso si tratta di un codice binario: ogni punto può essere messo in rilievo oppure lasciato così com’è. Nella fase di scrittura a mano, la complicazione consiste nel fatto che le lettere devono essere impresse dal lato posteriore del foglio, quindi procedendo da destra a sinistra, e anche le lettere devono avere la forma ribaltata. Inizialmente questo codice poteva essere usato soltanto per i testi, in seguito venne adattato anche alla matematica e alle note musicali.
Solo su Dafont esistono ben 21 caratteri ispirati al Braille. Nel più scaricato di ieri, il Braille di Philing.net, i pallini sono dotati di un riflesso in alto a sinistra che li fa somigliare a palle da biliardo. Nel secondo della classifica, Braille di Anonymous, invece ci sono dei puntini normali. Ovvio che un non vedente non può vedere un testo stampato, ma un vedente può stampare un testo e poi mettere in rilievo il foglio premendo dal lato opposto in corrispondenza dei punti stampati.
Molti font interessanti sono stati pensati per mostrare il testo sia in braille che in alfabeto normale, per permetterne la lettura anche a chi non sa decifrare i puntini, oppure per permettere a persone vedenti di imparare la corrispondenza tra lettere latine e lettere braille.
Nel Braille di Roberto Mocci ci sono delle semplici lettere latine disegnate su pianta rettangolare che si vanno a sovrapporre alla griglia del braille, in maniera tale che ciascun punto di questo alfabeto va a poggiarsi su un’asta (laddove possibile), spesso all’incrocio tra due tratti.
Nel Brailler di Vladimir Nikolic i punti hanno la forma di losanghe bianche in un rettangolo nero che racchiude ciascuna lettera; la lettera latina compare in bianco sulla destra, occupando spazio tra una lettera e l’altra.
Nel Braille Latin di Manfred Klein pure le lettere latine occupano spazio tra una lettera e l’altra, ma almeno non c’è l’ingombrante rettangolo nero a incorniciare il tutto.
Il Visual Braille, di Nm Boys Merz Akademie, pure sfrutta nelle maiuscole l’idea di far passare le aste delle lettere latine attraverso i punti delle lettere braille, ma solo nelle maiuscole (nelle minuscole ci sono solo i punti per i non vedenti.
Si poteva sviluppare l’idea di aggiungere le lettere latine in alto o in basso rispetto a quelle braille, ma su Dafont non ci ha pensato nessuno.
Gli altri caratteri presenti si differenziano perché alcuni non mostrano le parti che non sono in rilievo, altri hanno dei piccoli puntini al posto dei punti mancanti, altri hanno dei cerchietti più piccoli, altri ancora sono composti solo di cerchi grandi pieni o vuoti. Qualcuno usa forme diverse rispetto ai cerchi, come losanghe o rettangoli tutti attaccati. Il peggiore in assoluto è il Braille Printing di Pedro Alfonso, dove se è vero che i puntini sono disposti nella maniera teoricamente corretta, non si è tenuto conto di aggiungere lo spazio vuoto in caso di colonne mancanti. Quindi non soltanto le lettere risultano appiccicate una all’altra, tanto da non permettere di capire dove finisce una e dove inizia la successiva, ma mancando le colonne vuote in quelle lettere in cui i punti neri compaiono in una colonna sola. Col risultato che non c’è nessuna differenza tra la coppia AB e la lettera D. Insomma, se scrivo BALLA il risultato che viene fuori è uguale a quello che ottengo scrivendo FLP, e in ogni caso non somiglia affatto a come appaiono queste parole scritte nel vero alfabeto braille.
Per fortuna lo stesso autore non ha prodotto altri font e non ha fatto altri danni.
Nella lista di Dafont noto anche il Brailled, dove i punti neri e i punti bianchi risultano invertiti (la A ha il punto nero in alto a destra anziché in alto a sinistra). Questo potrebbe essere utile se un vedente volesse mettere in rilievo premendo col punteruolo sul lato del foglio sul quale c’è l’inchiostro, anziché sul lato opposto. Ma c’è una piccola complicazione: sul lato opposto del foglio le lettere avrebbero la forma giusta per essere lette dai non vedenti, ma il loro ordine sarebbe invertito, riga per riga. Cioè ogni riga dovrebbe essere letta dall’ultima lettera alla prima, ossia da destra a sinistra, per essere interpretata correttamente.
Un video su Youtube mostra come si scrive tradizionalmente in braille: c’è una tavoletta con varie scanalature orizzontali, una telaio che serve per allineare il righello, e un righello con due righe di 24 rettangoli vuoti, per un totale di 22 righe per foglio. Ognuno dei rettangoli aperti è una lettera dell’alfabeto. Per lo spazio tra le parole viene lasciato un rettangolo vuoto.
Su tavolette diverse anziché un righello con due righe di finestrelle c’è un pannello contenente finestrelle sufficienti a tutte le lettere della pagina che non deve essere spostato durante la scrittura.
Già prima dell’avvento dei computer erano state messe a punto delle macchine da scrivere braille, con sei tasti, uno per ciascuno dei punti del braille, più tre tasti per spazio, battuta indietro e avanzamento riga.
Non ho ancora visto filmati di una macchina del genere in uso.
In epoche più recenti sono stati inventati dispositivi che permettono di essere letti come fossero un display: sono composti di tante puntine che si alzano e si abbassano a seconda delle esigenze, proponendo una scritta al tatto dell’utente senza bisogno di passare attraverso un supporto di carta.
I cosiddetti display tattili riproducono caratteri ad 8 punti, visto che con sei non sarebbe possibile ottenere tutti i simboli disponibili su un supporto informatico.
8 punti significa 255 combinazioni diverse anziché 63 (a cui si aggiunge lo spazio).
Il BrailleSlo 8 dot, pure presente su Dafont, mostra un esempio di braille a 8 punti: mentre i punti delle lettere minuscole sono disposti secondo l’ordine consueto, nelle maiuscole alla disposizione tradizionale è aggiunto un altro punto in basso a sinistra (il numero quattro). In tal modo è possibile ottenere una distinzione tra maiuscole e minuscole che tradizionalmente era impossibile.
In questo font qualche glifo è stato riservato ad alcune lettere accentate, ma non a quelle italiane.
Questa non è la sola codifica possibile. Mi pare di capire che il sistema ad 8 punti sia stato adattato anche allo studio della matematica o della musica, ma non ho approfondito.
Commenti
Posta un commento