Come si stampavano i quotidiani
Su Youtube c’è un video che raccoglie parecchie immagini d’epoca che documentano il modo in cui avveniva la stampa dei quotidiani inglesi fino a metà anni Ottanta. Computer non se ne vedono. Gli articoli, battuti a macchina, venivano poi trasformati in caratteri metallici in rilievo con le linotype. Il blocchetti di metallo così ottenuti (uno per ogni riga) finivano poi sul tavolo di composizione, dove dovevano essere disposti in colonne, con le immagini e i titoli composti a mano. Il tutto veniva fissato e con qualche colpo di martelletto allineato per ottenere una stampa uniforme. Fin qui ci si arriva: la parte successiva è un po’ misteriosa, per i non iniziati. All’epoca la tecnica di stampa non era più esattamente quella che aveva inventato Gutenberg, il quale appoggiava i fogli direttamente sui caratteri in rilievo dopo averli inchiostrati. Nel Novecento esistevano già le rotative, che permettevano di stampare su un nastro continuo di carta tramite dei cilindri con le scritte in rilievo. Appunto: come si passa dai caratteri mobili appoggiati su un piano a un cilindro montato nella rotativa? Nel video si vedono le varie operazioni, che però non vengono spiegate, visto che il filmato è incentrato sull’esigenza di spostare le redazioni in strade diverse rispetto a Fleet Street, dove fino a quel momento si erano concentrati i principali quotidiani londinesi. Il metodo doveva essere quello dello stereotipo, ossia un cartone speciale su cui potevano essere incavati i caratteri inserendo il tutto in una pressa. Il cartone poteva essere curvato e usato come stampo per una colata di metallo fuso. Il risultato era un semi-cilindro, sul quale appariva in rilievo una delle pagine del quotidiano. Il peso era di 52 libbre, dice il filmato, che corrisponde a 23 chili. Per portarlo da un reparto all’altro dello stabilimento, esistevano degli appositi nastri trasportatori. Arrivati alla rotativa, i semicilindri venivano montati a mano.
Seguono inquadrature del processo di stampa e fascicolazione, il momento drammatico dello spegnimento di tutte le macchine, e inquadrature delle nuove redazioni in costruzione altrove.
“Il film è un po’ lento per i ritmi di oggi e il commento è un po’ pesante”, dice la didascalia, ma per chi non conosce la tecnica è fin troppo rapido e superficiale, dico io.
Come spesso succede in questi casi, molti dei commenti ricevuti dal video sono di coloro che quel mondo l’hanno vissuto in prima persona, e che vanno alla ricerca di immagini che gli ricordino i bei vecchi tempi (quando non c’erano i videofonini e la macchina fotografica veniva portata solo in grandi occasioni, quindi loro stessi di materiale relativo all’epoca ne hanno ben poco. E sì che stiamo parlando di quotidiani, ossia aziende specializzate nel raccontare e fotografare; ma spesso i giornalisti sono tutti concentrati sul mondo esterno, per cui documentano ben poco di quello che avviene o è avvenuto all’interno delle loro redazioni).
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