Un giorno i font saranno popolari quanto la musica. Plau e i capolettera

Plau è una fonderia brasiliana il cui slogan attualmente è “We make type pop – Un giorno i font saranno popolari quanto la musica”.

Sul sito ufficiale è possibile vedere il loro catalogo, qualche video (purtroppo in portoghese) e vari approfondimenti.

Il fatto che i testi siano in lingua portoghese può essere un ostacolo, ma la struttura della lingua è simile a quella italiana, per cui tradurli usando Google Translate porta a risultati che sono comunque comprensibili.

Ad esempio c’è un bell’articolo che riguarda la storia dei capolettera e la loro evoluzione. Si tratta di lettere grandi e talvolta molto decorate che venivano messe sui manoscritti medievali all’inizio del capitolo. Di solito si estendevano per varie righe occupando un grosso riquadro che poteva essere riempito anche con disegni colorati.

Il motivo per cui nascono i capolettera riguarda l’esigenza pratica di far notare dove iniziava un capitolo, visto che all’epoca non erano ancora state messe a punto convenzioni come i titoli in dimensione diversa o i numeri a indicare le varie sezioni di un testo. Nemmeno si poteva passare alla pagina successiva all’inizio del nuovo capitolo: il materiale su cui si scriveva (la pergamena) era molto raro e non poteva essere sprecato lasciando mezza pagina vuota.

La possibilità di inserire figure a colori nei capolettera permetteva di usarli come spazio per le illustrazioni, in cui si affacciavano magari i personaggi di cui si parlava nel testo.

Data la loro complessità, queste forme non venivano realizzate dall’amanuense, bensì da un apposito artista, il miniatore. L’amanuense, scrivendo il testo, doveva lasciare lo spazio vuoto in cui poi sarebbe stata aggiunta l’iniziale. Si trattava di un lavoro lungo, delicato e costoso, che faceva lievitare il prezzo del libro. All’epoca i manoscritti erano beni di lusso, ma quelli miniati erano di super-lusso. Non tutti i manoscritti medievali aspiravano ad arrivare a quel livello.

Quando venne inventata la stampa, le esigenze di impaginazione non erano ancora cambiate, per cui anche nella Bibbia di Gutenberg troviamo degli ingombranti capolettera a segnare l’inizio del nuovo capitolo. Si poteva realizzarli a mano su un libro stampato, oppure inserirli come normali caratteri tipografici. La difficoltà, dovendo fare un simbolo multicolore, riguardava l’inchiostrazione. A meno di non dover dipingere coi vari colori sul carattere prima di ogni stampa, si trattava di suddividere i vari colori in caratteri in rilievo diversi, e sottoporre il foglio a vari passaggi. Prima magari si stampava la parte nera, poi quella rossa. Questo significava una notevole perdita di tempo, e soprattutto richiedeva una precisione nell’allineamento del foglio, altrimenti le varie parti della lettera non avrebbero combaciato. I colori utilizzati erano per forza di cose di meno rispetto a quelli dei manoscritti medievali (dove talvolta si usava anche lamina in oro), di solito solo un paio.

Per evitare queste difficoltà, in seguito si passò ai capolettera monocromatici, di solito nello stesso colore di stampa del testo (quindi il nero). Nell’articolo si può vedere un esempio: una A realizzata in bianco all’interno di un quadrato nero incorniciato dell’altezza di ben otto righe di testo, con un filo arricciato e svolazzante bianco che riempie lo spazio nero e spesso entra nelle fessure disegnate sulle aste della lettera (l’articolo non dice a che anno risale).

Oggi i capolettera hanno perso la funzione originaria, visto che è possibile titolare i vari capitoli o lasciare mezze pagine vuote tra un capitolo e l’altro. Però eventualmente si trovano ancora qua e là. Capolettera monocromatici decorati li ho visti su un libro delle Mille E Una Notte (aumentano il fascino antico del testo), mentre normali lettere che occupano varie righe si possono vedere comunemente su giornali e riviste, di solito per la prima lettera degli articoli.

I normali programmi di videoscrittura contengono tra le opzioni del paragrafo una scheda che permette con pochi click di impostare i capolettera e la loro estensione, mentre tra le opzioni dello stile può essere impostato automaticamente un tipo di carattere diverso da quello del testo (ne ho parlato in un altro post). Anche nella realizzazione delle pagine web è possibile inserire dei capolettera, aggiungendo le giuste impostazioni ai css.

L’indirizzo di Plau è www.plau.design. Mi pare che è la prima volta che mi imbatto in questo suffisso. Il quale non ha una pagina di Wikipedia in italiano, ma secondo la versione in inglese è stato istituito già dal 2015 (sei anni fa). Nel primo giorno di disponibilità oltre cinquemila domini sono stati registrati con questo suffisso. Non so quanti ne siano oggi.

L’azienda che si occupa del dominio è la Top Level Design, Oregon, Stati Uniti, la stessa che si occupa dei domini .gay e .wiki.

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