Glitch

Quando, poco tempo fa, il sito del quotidiano Il Giornale ha presentato il suo restyling, ha inserito nel logo un effetto che richiama il glitch: due rettangoli, uno giallo e uno azzurro, non allineati tra di loro, che nella loro intersezione formano il colore nero che va a sottolineare il suffisso .it aggiunto alla testata.

“Il glitch introdotto (in elettronica una sorta di piccolo disturbo colorato) rappresenta una interferenza, una anomalia nel sistema. Proprio questo vogliamo essere: una interferenza, una anomalia nel mondo dell’informazione troppo spesso omologata. Per essere come sempre e più di prima una voce fuori dal coro”, diceva il testo di presentazione ufficiale.

Testo che era stato inserito all’interno di una pagina piena zeppa di effetti creativi. Non soltanto l’impaginazione era colorata e allineata in maniera fuori dagli schemi, ma erano attivi degli script insoliti. Nella parte iniziale c’è la foto di un occhio sullo sfondo, che viene illuminata da una luce soffusa a seconda di come l’utente sposta il mouse. Poi abbiamo la scritta “Il nuovo brand” divisa in due, la prima riga bianca in caratteri sans regular, la seconda in caratteri serif italic, che si spostano, una da sinistra a destra e l’altra da destra a sinistra, mano mano che l’utente scorre in basso la pagina.

Infine c’è l’animazione del vecchio logo col punto giallo, che si trasforma gradualmente nel novo logo col punto nero, il suffisso più piccolo e la sottolineatura-disturbo che lampeggia in maniera fastidiosa, come accade veramente sugli schermi difettosi, prima di stabilizzarsi nel logo statico. Nel frattempo lo schermo si scurisce mentre l’utente continua a scorrere la pagina verso il basso.

Ce n’è abbastanza da far riflettere un programmatore che deve progettare delle pagine web originali.

Ma torniamo al glitch. Si tratta di un effetto molto richiesto, da usarsi nelle grafiche tv e negli spot per catturare l’attenzione, quando non in film o telefilm thriller per alzare la tensione. E si può usare anche per realizzare delle grafiche statiche, distorcendo delle immagini secondo degli schemi decisi dal programmatore. Senza contare che un’azienda può avere bisogno di immagini glitch fisse per lo sfondo dei propri siti e delle proprie applicazioni.

In tutti questi casi le scelte sono due: o si assume un programmatore esperto in grado di creare l’effetto a partire da zero, oppure si ricorre a lavori o schemi già messi a punto da altri che li hanno realizzati e messi in vendita.

Per chi ha bisogno solo di uno sfondo generico per la sua applicazione o il suo sito, su Youworkforthem sono disponibili delle immagini già pronte all’uso. Ad esempio una collezione di 28 sfondi statici basati sul glitch, in risoluzione 3840x2160. 

Si possono trovare 6 effetti cromatici in formato Psd, personalizzabili con Adobe Photoshop. 

Oppure un plugin per Photoshop che “offre infinite possibilità”, e un paio di file .atn (action), utilizzabili con lo stesso software (1 e 2). 

C’è poi un altro .psd che promette di realizzare l’effetto glitch su un testo a scelta, usando font e colori personalizzati. 

Infine, tra i prodotti più tradizionali si possono trovare normali font a cui è stato aggiunto un effetto glitch che ricorda i vecchi schermi a tubo catodico, con le varianti ispirate alle distorsioni provocate dai nastri Vhs rovinati. 

Avendo a disposizione tempo e pazienza, sul web esistono i tutorial per creare gli stessi effetti con i software di maggiore uso, sia automatizzando le operazioni, sia intervenendo riga per riga o livello per livello, per ottenere un risultato artistico ben preciso.

Su Youtube si trovano sia tutorial per Photoshop, il cui risultato è un’immagine statica, sia quelli per After Effects, dove invece il risultato è un video in movimento con l’effetto del disturbo. 

Alla base dell'effetto c’è l’idea di scomporre in vari livelli i colori che compongono l’immagine e agire separatamente su ciascuno di essi, spostandone l’allineamento e aggiungendo distorsioni, tutte nella stessa direzione o in direzioni diverse, in blocco o a singole parti (di solito per righe orizzontali).

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