Schermi per la retinatura
Stavo cercando di capire meglio come funziona la tecnica dell’halftone, che Wikipedia in italiano chiama retinatura. Si tratta di quella tecnica grazie alla quale è possibile stampare fotografie in tutte le tonalità intermedie tra il bianco e il nero usando solo l’inchiostro nero su foglio bianco. Il trucco è scomporre l’immagine in una serie di punti di dimensione variabile a seconda della luminosità che vogliamo ottenere. Punti più grandi producono tonalità scure, punti più piccoli producono tonalità più chiare, assenza di punti lascia il colore della pagina, ossia il bianco. Sovrapponendo tre serie di punti di colori diversi (ciano, giallo e magenta) e con orientamenti diversi (in aggiunta eventualmente al nero), è possibile ottenere foto a colori. La tecnica è tuttora in uso nella stampa di giornali e settimanali, tra l’altro. Più è fitta la rete di punti che compongono l’immagine, meno saranno distinguibili ad occhio nudo, dando all’immagine un aspetto naturale.
La tecnica è antica, sviluppata a metà dell’Ottocento. Ci lavorarono inventori diversi, usando metodi diversi, ma colui che mise a punto il sistema di maggiore successo è Frederic Eugene Ives, famoso anche per i suoi successi nel campo della fotografia stereoscopica.
Al giorno d’oggi non soltanto la
tecnica viene comunemente usata nella stampa industriale o in
applicazioni specifiche (anche nella serigrafia), ma spesso viene
usata da grafici, artisti e persone comuni con una risoluzione
volutamente insufficiente. Infatti allargando a dismisura la griglia
dei punti viene fuori un effetto creativo interessante. Un esempio
che ho visto sul web è un’etichetta su una bottiglia celebrativa
con la foto dei due sposi durante il matrimonio. Il fatto che i punti erano così grandi da vedersi ad occhio nudo rendeva particolarmente originale il prodotto.
Inutile dire che al giorno d’oggi ottenere l’effetto è abbastanza semplice, grazie a programmi come Photoshop e simili che hanno degli appositi menu e script per eseguire questo compito, e permettono di scegliere la risoluzione, la forma dei punti e l’orientamento della griglia. Su Youtube si possono trovare un sacco di tutorial che spiegano come si fa.
Quello che invece è difficile da trovare è il materiale relativo a come funzionava questa tecnica prima dell’età informatica. Nel 1850 non c’era mica il computer. E allora come si faceva a trasformare una foto con una gradazione continua di sfumature (ottenute con l’impressione della luce direttamente su materiale fotosensibile) in un insieme di punti tutti dello stesso colore ma di dimensioni diverse?
Per quanto mi riguarda non ho trovato neanche un video, un’animazione, una vignetta, uno schema, niente. Per giunta questo sistema si può applicare non solo alla stampa planografica (offset) ma anche a quella a rilievo che si usava nell’Ottocento. Quindi dovrebbero essere esistite delle lastre coi puntini in rilievo, da montare all’interno delle presse da stampa. Non sono mai state fotografate? Non ne è stata conservata neanche una?
Sull’enciclopedia Britannica c’è una descrizione abbastanza chiara di come funzionava il sistema (in lingua inglese). A quanto mi pare di capire, l’immagine da stampare doveva essere fotografata attraverso un apposito schermo, di vetro, con delle linee scure organizzate secondo una griglia. La luce, passando attraverso gli spazi nella griglia, doveva ottenere i punti della retinatura su una pellicola fotosensibile. E da qui alla lastra per la stampa? Probabilmente si passava attraverso chissà quale procedimento chimico.
E proprio a questo si accenna in un articolo su Scihi. Dove in realtà si dice che questa invenzione è precedente rispetto a quello della retinatura, ed è appunto ciò a cui aveva lavorato Ives fino a quel momento. Cioè: Ives era riuscito a mettere a punto un metodo di fotoincisione, grazie ad una speciale gelatina sensibile alla luce. I risultati però non erano ottimali, perché con questo sistema si poteva ottenere solo il bianco e il nero (o un qualsiasi altro colore puro) e non le sfumature intermedie.
Fino ad allora, racconta il sito, le illustrazioni su libri e giornali erano ottenute o con incisioni realizzate a mano su legno o metallo, oppure col processo della litografia (disegno a mano su una superficie di pietra liscia).
Su Getty c’è un pdf di sole 36 pagine eppure interessantissimo, con parecchie foto che permettono di riconoscere i vari tipi di retinatura che sono stati usati nel corso degli anni. Ci sono sia gli esempi delle stampe d’epoca, sia gli ingrandimenti che permettono di osservare i dettagli e le tecniche.
Tra le altre cose, c’è la pubblicità dei “Levy Screens”, gli schermi per la retinatura, che prendono il nome da Max Levy & Company, l’azienda che aveva perfezionato il sistema e che dominava il mercato.
A differenza di Ives, che ha un articolo molto dettagliato, Wikipedia in inglese dedica solo tre righe a Max Levy, in quanto “inventore e scienziato riconosciuto per l’invenzione di apparecchiature di precisione per la fabbricazione di schermi per la retinatura che erano usati nella produzione di lastre per la stampa in rilievo da quotidiani e riviste”. Un’altra sua invenzione riguarda uno strumento per contare i globuli bianchi e rossi nel sangue.
A Ives le poste americane hanno dedicato un francobollo, sul quale è raffigurato lui, la sua firma e un paio di dettagli ingranditi di immagini halftone.
Ives viene citato in una pagina su Metropostcard dedicato alla retinatura e alle tecniche simili utilizzate nella stampa delle cartoline (anche qui si possono ammirare immagini d’epoca e relativi ingrandimenti della griglia nel dettaglio).
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