Morta nel 2020 la fondatrice del Type Archive di Londra

La notizia è dell'estate 2020, ma il necrologio è ancora in home page sul sito del Type Archive: la fondatrice del museo è morta all'età di 87 anni. Quando nel 1992 la Monotype era finita in liquidazione, vista la crisi del settore dovuta anche all'emergere di tecnologie rivali e nuovi media, lei si era interessata del materiale che sarebbe stato distrutto e ha deciso di raccoglierlo in un museo. Che è stato allestito in un ex ospedale veterinario, che ai suoi tempi aveva ospitato anche alcuni elefanti. Un elefante stilizzato è ancora il logo dell'istituzione e il trasferimento di tutto il materiale venne chiamato da lei Operazione Annibale.

Il necrologio che compare sul sito è quello che è stato pubblicato dal Guardian circa un mese dopo la sua scomparsa. 

Il giornalista Glenn Fleishman, che l’aveva intervistata durante le ricerche per il suo libro “London Kerning – Typographic Perambulations around a City That Remembers”, appena ha letto la notizia qualche giorno dopo ha dedicato alcuni tweet al suo ricordo. Era “il cuore vivente e la volontà di ferro” che avevano dato alla luce e fatto vivere il Type Archive. “La sua scomparsa è la perdita di un tesoro nazionale”. Comunque sembra che il libro non le fosse piaciuto granché, forse perché non raccontava le cose come voleva lei.

Difficile trovare filmati che la riguardano, anche perché quello in cui l’ho vista io si intitola “The World’s Best Typographic Collection”, senza le parole Type Archive nel titolo, e la didascalia la chiama col diminutivo Sue Shaw, anziché Susan Shaw. È un filmato di poco più di sei minuti, caricato nel 2014 su Youtube da D&AD – Creative Advertising, Design and Digital. Seguita dalla troupe attraverso gli immensi magazzini del suo museo, la direttrice aveva mostrato i loghi in metallo realizzati dalla Monotype: “La cosa difficile da immaginare oggi che allora tutti quelli che avevano un logo da utilizzare sui loro rapporti annuali o sui frontespizi dovevano passare dalla Monotype”. Un prezioso armadietto conteneva tutte le matrici della fonderia Stephenson Blake, in cui erano confluite anche quelle dell’azienda di Caslon. In un astuccio c’erano delle matrici del Bembo, il primo vero carattere romano, diceva lei. Dopo qualche accenno all’Albertus, usato per la segnaletica stradale a Londra, la fondatrice del museo diceva che il suo font preferito era il Dante, usato nell’impaginazione dei classici della letteratura inglese.

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