Wilton Foundry
La Wilton è una fonderia digitale fondata nel 2003 da un certo Robbie De Villiers, basata a Wilton, in Connecticut.
Secondo Identifont il suo font più popolare sarebbe il Belair, un corsivo basato sul logo della Chevrolet Belair del 1957, che si scarica solo da FontBros.
È taggato 1940s, 1950s, 1960s, font, formal script e retro, ma io ci metterei anche chrome e streamline, per rendere meglio l’idea.
Al secondo posto c’è il Brasserie, uno script elegante monoline ad asse inclinato in avanti.
Due dei font della top ten hanno un nome che ricorda l’Italia: il Saluzzo, uno stencil a cui è stato dato il nome della città in cui è nato Giambattista Bodoni, e il Taglio, una specie di inline stencil molto originale.
Su My Fonts ci sono 77 font dello stesso disegnatore, De Villiers. Tra questi troviamo anche un sans chiamato Cielo, e una cancelleresca chiamata Pezzo. I nomi ricordano la lingua italiana, ma non c’è nessun riferimento all’Italia né nelle loro schede né nella breve biografia dell’autore.
Molti dei font della Wilton Foundry tendono ad essere stencil, o almeno ad avere tratti mancanti: ad esempio il Chartre e il Blau. Quest’ultimo ha ben tre stili entrati nella top ten di Identifont: Blau, Blau Light e Blau Bold. La P e la R maiuscole, tutte le minuscole (aegpq) e due numeri (6 e 9) sono aperti.
Su MyFonts la classifica dei più rilevanti vede in testa il Cyan (un serif con alcune lettere aperte, tipo B (all’interno), abd ma non la e. Al secondo posto c’è il Werk, sans serif, stranamente dalle lettere chiuse. Poi c’è l’Oslo, un altro sans, il più normale di tutti, a cui seguono Duet, calligrafia arzigogolata, e Saycheez, script stampatello.
Su FontBros non c’è il numero esatto dei font caricati. L’ordine può essere scelto tra alfabetico e cronologico. Troviamo un altro nome italiano: Gelato, un altro sans, creativo, con lettere che non chiudono.
Altri font che si notano sono il Petronella, calligrafia rétro, e gli stranissimi Maker e Typetonic. Il primo è composto da rettangoli di varie dimensioni, separati uno dall’altro, a fare le aste o le grazie. Il secondo è di sole maiuscole e vuole suscitare un effetto futuristico, come se le lettere fossero fatte di bit che si accendono in maniera irregolare.
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