Babcock Press

Su Youtube c’è un filmato di una vecchia macchina da stampa pianocilindrica Babcock, che è stata fatta funzionare nel 2008 al Printer Hall Museum di Mt. Pleasant, in Iowa, Stati Uniti, nell’ambito della Great Northern Printers Fair.

Il video dura un paio di minuti, senza parole e senza musica. Lunghe inquadrature fisse della macchina in funzione, da varie angolazioni. L’audio contiene i rumori ambientali.

Di sicuro vederla in funzione è uno spettacolo: un operatore deve lavorare in piedi, in cima a una piattaforma rialzata di tre gradini rispetto al pavimento. Il suo compito è quello di prendere i fogli uno a uno e passarli al meccanismo. Un cilindro li porta giù premendoli contro la forma in rilievo, che invece è in piano e scorre in avanti e indietro.

Il foglio risale poi sull’altro lato del cilindro, viene girato e depositato su una specie di rastrelliera, che lo appoggia al disopra di quelli già stampati su un apposito tavolino. Accanto al quale, nel filmato, c’è un altro operatore che fa in modo che tutti i fogli siano allineati.

Su ogni foglio ci entrano quattro facciate di giornale. Le dimensioni sono notevoli.

Non si dice che cosa stava stampando la macchina. L’anno scorso Erik Spiekermann, font designer e appassionato di stampa in rilievo, aveva raccontato che visto che era entrato in possesso di una Johannisberger Cylinder del 1924 per la stampa di grandi formati, aveva dovuto mettere a punto dei contenuti per poter dimostrare le potenzialità della macchina. Qualche inquadratura della macchina in funzione si può vedere al minuto 18 di un documentario sulla Post Digital Letterpress (titolo “Hacking Gutenberg”), ossia sulla stampa in rilievo in epoca digitale. Che non consiste soltanto nel riportare in vita vecchie macchine e vecchi set di caratteri in metallo o in legno, ma nell’usare le tecnologie moderne per produrre caratteri in rilievo che all’epoca non esistevano.

La macchina di Spiekermann è moderna rispetto a quella che si è vista nel museo dello Iowa. Prendeva i fogli in automatico ed era progettata per funzionare a corrente elettrica. A quanto si legge nella didascalia del video di Youtube, la Babcock invece poteva funzionare senza elettricità, ma solo grazie a un piccolo motore a vapore. Ossia, si accendeva un fuoco che faceva bollire l’acqua, il vapore muoveva un pistone in un cilindro, e il movimento si trasferiva alle varie parti della macchina tramite una serie di cinghie e di meccanismi ingegnosi, senza bisogno di intelligenze artificiali ma neanche di corrente elettrica.  

Una Babcock press più piccola (Pony), basata sullo stesso meccanismo, si può vedere in un breve filmato pubblicato su Facebook e registrato nel Braddock News Letterpress Museum, Stati Uniti. La macchina risale al 1895. 

Sul sito Center Of The West c’è la foto di una Babcock Press che si dice sia appartenuta a Buffalo Bill, leggendario personaggio del far west che divenne impresario di un circo di cowboy e indiani che rimetteva in scena l’epopea del selvaggio west in giro per il mondo. Lo spettacolo di Buffalo Bill passò anche in Italia, un paio di volte, lasciando allibiti gli abitanti locali per la propaganda invasiva all’americana a cui non erano abituati, con manifesti stampati e affissi in ogni strada. Per trasportare tutto il personale e le attrezzature c’era bisogno di un gran numero di vagoni.

Ma questa pressa non aveva nulla a che vedere col circo: era quella del quotidiano della città di Cody che Buffalo Bill aveva fondato nel 1896 in Wyoming e che prende il nome da lui (Buffalo Bill, ovviamente era un soprannome; lui si chiamava William Cody).

Per quanto riguarda i manifesti dello spettacolo di Buffalo Bill, se ne trovano tantissimi sul web, con scene animate e colori sgargianti, cercando “Buffalo Bill poster”.

Tornando al nome di Babcock, si può trovare una breve storia dell’azienda sul sito australiano Letterpress Printing. Nathan Babcock aveva aperto una fabbrica di macchinari insieme con un socio, chiamata Cottrel and Babcock. Nel 1861 iniziò a produrre presse da stampa, e sette anni dopo smise di produrre macchinari di altro tipo, concentrandosi solo su questo settore. Nel 1880 Babcock fondò un’azienda in proprio, senza il socio, che era ancora attiva a metà degli anni Trenta (cinquant’anni dopo).

Sul web si trova anche la foto di un contatore di fogli per una delle macchine Babcock, in ottone, decorato in rilievo secondo lo stile dell’epoca.

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