Din

Dice il sito Venti Sette Digital che il Din “È uno dei caratteri più famosi e ultimamente più in voga. Sembra disegnato ieri per le esegenze di oggi: è leggero ed elegante anche in bold, e in light rimane comunque ben presente e leggibile. Può riempire una pagina vuota con ferma discrezione, esattamente come un tedesco a gambe larghe nel mezzo di un piazzale”.

Il paragone non è casuale: il font è tedesco. Ma non è contemporaneo: risale al 1905, quando i prussiani dovettero ideare un carattere per unificare la segnaletica dell’intera rete ferroviaria. Nel 1923 ne venne messo in commercio la versione tipografica a cura della fonderia Stempel.

La sigla Din sta per Deutsches Institut fur Nurmung, ossia Istituto Tedesco per la Standardizzazione. Lo stesso nome è collegato a vari standard messi a punto in vari settori industriali, tra cui quello che ha portato alla definizione del foglio A4 per le stampanti, quello che misura la sensibilità delle pellicole fotografiche e un particolare tipo di connettore elettrico.

Chi usa software Microsoft recente forse ha una certa familiarità con le forme derivate dal Din: il font Bahnschrift è stato messo a punto nel 2016 a partire dai disegni originali del 1931. È stato il primo font variabile della Microsoft, ossia un font che permette di regolare sia lo spessore delle aste che la larghezza delle lettere.

Riconducendo il tutto ai font tradizionali separati, ne vengono fuori almeno 12 versioni diverse: regular, condensed e semi-condensed, ciascuna anche nei pesi light, semi-light e semi-bold. 

Varie fonderie hanno realizzato digitalizzazioni del Din. 

Il sito di Antonio Filigno parte dalla storia del Din per arrivare ai suoi ultimi derivati, l’Ff Din e il Din Next, che hanno elaborato nuovi stili, aggiunto nuovi alfabeti, legature, funzionalità OpenType.

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