International Printing Museum: l’invenzione della stampa
Su Youtube c’è un tour introduttivo all’International Printing Museum di Carson, California, suddiviso in varie parti.
Tutti i video sono in lingua inglese. Il primo dura 24 minuti, a parlare è il curatore del museo, che abbiamo visto già in un interessante filmato sulla storia delle linotype e delle macchine concorrenti, ricco di informazioni che è difficile trovare altrove (si parla dell’Ottocento, quando il mondo era completamente diverso rispetto ad oggi).
Il tour si apre con la presentazione del museo e del suo fondatore, un personaggio che è sempre stato alla ricerca di nuove esperienze: la foto che viene mostrata lo ritrae in tarda età al Polo Sud.
Ci si sposta poi in un ambiente in cui è stato ricostruito lo studio di Benjamin Franklin, uno dei Padri della Stati Uniti, politico, inventore eccetera, ma prima di tutto stampatore. Aveva imparato il mestiere in giovane età, aperto la sua bottega a 22 anni, e grazie alla stampa aveva guadagnato un bel gruzzolo.
Nella stanza si riconoscono le due casse di caratteri con maiuscole e minuscole, e una pressa da stampa costruita in gran parte in legno.
La guida inizia a raccontare la storia della stampa dall’inizio, quando l’invenzione è stata messa a punto “dallo stesso popolo che ha inventato la pasta... No, non sono gli italiani... I cinesi”.
Secondo la versione che viene raccontata nel museo, i cinesi intagliavano su una tavola di legno l’intero testo della pagina, e poi la usavano per stampare fino a cinquemila copie. Nel frattempo in Europa gli amanuensi scrivevano con la penna d’oca e il calamaio, e ci volevano anche cinque anni per realizzare a mano una sola copia della bibbia, che veniva venduta a un costo che al giorno d’oggi si potrebbe stimare tra i 50 e i 100 mila dollari l’una.
Si passa poi a spiegare l’invenzione di Gutenberg con estrema chiarezza, con tanto di punzone, matrice e forma per fondere i caratteri.
Le riflessioni sul metallo da utilizzare durarono anni: serviva qualcosa di economico, per realizzare un gran numero di lettere, che fosse abbastanza resistente da sopportare la pressione della pressa, e che fondesse anche a basse temperature. Alla fine si optò per una lega di tre metalli diversi: piombo, stagno e antimonio.
Segue una dimostrazione di fusione dei caratteri in metallo: la lega si liquefa rapidamente e si solidifica rapidamente, pochi secondi dopo essere versata su una qualsiasi superficie.
Le tecniche inventate all’epoca di Gutenberg erano ancora usate quasi senza variazioni a metà dell’Ottocento, quattro secoli dopo.
Il curatore del museo mostra come si componeva il testo, una lettera per volta, e mette a confronto le lettere display con quelle in corpo 6 punti (“Gli avvocati le adorano”), piccolissime. E il museo ne ha anche alcune che sono grandi 3 punti e mezzo.
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