Egyptian

Cercando tra i i font taggati “egyptian” su Font Space al primo posto viene fuori l’Hollow Mummy, di Attype Studio: lettere bauhaus outline attraversate da varie linee oblique con angoli diversi che ricordano il bendaggio di una mummia.

Al secondo posto c’è l’Egyptian All Caps, di The Crown Is Mine, che è composto di disegni che sembrano geroglifici e che sono scelti per via di una vaga rassomiglianza con le corrispondenti lettere dell’alfabeto latino. Illeggibile a prima vista, se uno non conosce il trucco, ma le lettere corrispondenti ai glifi sono facili da memorizzare, e quelle incomprensibili possono essere dedotti dal contesto.

Lo stesso autore ha preparato anche un Egyptian Outline, stesso concetto ma anche con le minuscole.

Il Phataya di Alexatype è formato soltanto di linee rette, ha i tratti spessi, è difficile lettura, non molto attraente.

Più interessante è l’Egyptian Nights, di Jonathan Harris, in cui i tratti sono attraversati da varie linee rette, curve e puntini che gli possono dare anche un aspetto festoso.

C’è poi l’Akhenaton, che è uno script che non ha pressoché nulla di egiziano ma che porta il nome di un faraone vissuto nel 1300 avanti Cristo.

Lo stesso nome venne dato ad uno slab nel 1969, che era egiziano nel senso ottocentesco del termine (tipo testata del Corriere della Sera). 

Alcuni dei font disponibili ripropongono i veri geroglifici che venivano usati come alfabeto, ma non so fino a che punto siano accurati: non sempre c’è corrispondenza tra i suoni di una lingua e quelli di un’altra. Comunque mi pare ovvio che questi progetti non sono pensati per una trascrizione scientifica degli antichi testi dei faraoni, ma per una interpretazione moderna per cui è necessario un certo adattamento.

Nel Rosetta Stone, di Spideraysfonts, le maiuscole sono geroglifici e le minuscole sono lettere dell’alfabeto greco (la stele di Rosetta è quella pietra che ha permesso di decifrare i geroglifici perché conteneva la stessa iscrizione in tre alfabeti diversi).

Nell’Off Ancient Egyptian di Shadowsantos, i glifi sono più schematici, ne viene disegnato solo il contorno e alcune delle linee distintive (a differenza di molti alfabeti moderni, i geroglifici egizi possono avere una grande somiglianza con gli oggetti da cui derivano: ad esempio ci sono degli uccelli con tanto di ali, piume e becco; nel Rosetta Stone alcune parti sono riempite in nero mentre altre sono lasciate vuote, nell’Off Ancient Egyptian vengono disegnati solo i contorni.

Anche su Dafont si possono trovare vari geroglifici, sia nel senso di alfabeti sia nel senso di dingbat ispirati all’antico Egitto. Il sito però non permette di taggare i font, i quali devono essere inseriti obbligatoriamente in una categoria principale. Esistono varie categorie per gli alfabeti in stile “straniero” (cinese, arabo, messicano, greco, russo, varie), ma i geroglifici, visto che non somigliano alle lettere dell’alfabeto ma a dei disegni, vengono inseriti nella categoria Simboli (Dingbats) / Antico. Nella quale ci sono anche ben altre cose, tra cui tante cornicette settecentesche e decorazioni calligrafiche.

Il geroglifico più scaricato ieri sul sito è il Meroitic Hieloglyphics, di Reinhold Kainhofer: appena 21 download.

Trattandosi di dingbat, non è possibile aggiornarne l’anteprima. Comunque noto che per esempio la t non ha la stessa forma che ha nei due font che abbiamo visto sull’altro sito.

Su My Fonts (font a pagamento) cercando col tag Egyptian vengono fuori in primo piano caratteri slab. Al primo posto c’è il Lagom di Fenotype, che ha la a con la codina all’insù; poi troviamo il Nexa Slab di Fontfabric; poi il Rockwell della Monotype che deriva dal Memphis che è un classico del settore; poi il Clarendon di Bitstream e Linotype, che è tuttora un font molto utilizzato.

Troviamo anche qualcosa di aspetto più fuori moda: l’Egyptienne della Urw, molto stretto; il Buffalo Western, di Kustomtype, che appunto richiama l’epopea del west; e l’Egyptienne di Linotype, che appunto ricorda molto la testata originaria del Corriere della Sera (quella attuale è molto rimodernata rispetto alle origini). 

Curiosità: nella pagina di Wikipedia dedicata al faraone Hakenaton è inserita una tabella con alcuni dei nomi e degli epiteti che gli venivano attribuiti, scritti sia in geroglifici, sia in caratteri latini in lingua originale, sia in traduzione.

In teoria i geroglifici hanno ciascuno un proprio codice unicode, quindi potrebbero essere inseriti in una pagina web. Però sarebbero visualizzati dall’utente solo se quest’ultimo avesse installato un font in grado di supportarli, oppure se nei Css della pagina venisse incluso un font online adatto allo scopo.

Wikipedia non fa né l’una né l’altra cosa, ma monta insieme le immagini dei singoli glifi, per essere sicura che tutti quanti visualizzino le scritte nello stesso modo.

Da notare che mentre nei normali alfabeti tutte le lettere vengono affiancate sulla stessa linea, i geroglifici venivano disposti anche due o tre uno sull’altro a livelli diversi, a seconda dello spazio occupato dal glifo. Questo rende pressoché impossibile ottenere in automatico una scritta che sembri realistica usando i normali programmi di videoscrittura. Coi font che è possibile scaricare si può scrivere in maniera corrente un testo utilizzando i geroglifici, ma tutti i simboli vengono allineati da sinistra a destra, tutti della stessa altezza. Per poterli inserire nella stessa posizione, uno più alto e l’altro più in basso, bisogna agire lettera per lettera. Oppure procurarsi (o commissionare) un software apposito che ottenga un risultato se non corretto dal punto di vista storico, almeno realistico dal punto di vista visivo.

Nelle vere iscrizioni egizie poi il verso di scrittura non era necessariamente da sinistra a destra, così come poteva variare l’orientamento dei glifi (un uccello poteva guardare verso sinistra o verso destra a seconda del verso di lettura del testo).

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