Halftone
Con le tecniche di stampa tradizionali era possibile stampare con un solo colore alla volta. Ad esempio, sui quotidiani, il nero. Non sarebbe stato possibile, in teoria, ottenere delle sfumature. Però in un disegno è possibile ottenere delle gradazioni di grigio con un tratteggio, disegnando delle linee più fitte o più distanziate a seconda dei casi. Nell’Ottocento venne messo a punto un sistema che riconduceva in automatico una fotografia ad un’insieme di puntini neri su fondo bianco o bianchi su fondo nero, di dimensioni diverse, in maniera tale da dare all’occhio l’illusione delle sfumature di grigio. Questa tecnica in inglese si chiama halftone, in italiano retinatura.
L’effetto era utilizzato per stampare le immagini, e il suo principio è tutt’ora alla base delle tecniche di stampa digitale, (per mescolare i colori fondamentali per ottenere le fotografie sui giornali a partire dai quattro colori di base), e qualche volta è stato inserito come effetto grafico in alcuni font.
Pochi, a dire la verità. Su My Fonts ci sono solo 48 progetti taggati halftone. Alcuni di questi sono halftone molto alla lontana. Il Lulo ha una serie di puntini bianchi all’interno delle aste, a simulare una stampa con tecniche tradizionali. Qualcosa di simile c’è nel Zing Script Rust. In altri font della stessa famiglia le sfumature sono ottenute con un tratteggio sketch.
Ma c’è anche qualche progetto dove il riferimento alla retinatura è più evidente: ad esempio nel Pop Cubism, di K-Type, dove parti diverse della lettera hanno sfumature di grigio diverse ottenute appunto con questo metodo e poi attaccate insieme a evocare la tecnica del cubismo (anche sgli spessori delle aste variano di colpo, senza motivo).
Nel Glow Gothic Bf, di Bomparte’s Fonts l’halftone è usato per creare un alone grigio attorno alle lettere outline.
Lo stesso autore ha messo a punto anche il Subliminal Bf, dove le lettere non hanno un contorno vero e proprio, ma vanno dissolvendosi in puntini sempre più piccoli.
Lo stesso avviene per il Bloor, di 066.font, dove però il peso è maggiore, a simulare una vera stampa d’epoca ingrandita. E anche il Plaq, stessa fonderia, contiene lettere ottenute solo col rretino, stavolta solo maiuscole, strette, derivanti forse da un font pixelato.
Il Borealis, di Elemeno, contiene maiuscole e minuscole, ed è meno scolorito, nel senso che la parte centrale delle aste arriva ad essere quasi interamente nera, mentre il contorno è a puntini di piccole dimensioni.
L’ultimo della lista è lo Streetwise, di Typeart Foundry, dove il passaggio è molto più brusco, poco realistico, diciamo.
Risultati più interessanti dal punto di vista grafico si possono trovare su FontSpace, che sono scaricabili liberamente almeno per uso personale.
Al primo posto c’è lo Slight, di Vladimir Nikolic, con lettere fantascienza outline, riempite di colore sempre più scuro mano mano che ci si abbassa. Il retino non segue un andamento rettangolare, ma tutti i puntini sembrano convergere al centro in basso.
Al secondo posto c’è il Flying Peace, di Billy Argel, dove foto halftone di colombe in volo sono state sovrapposte a lettere maiuscole sans.
C’è da dire che ogni puntino è un contorno a parte, coi suoi punti di controllo e le sue estremità: più un font è dettagliato, più è pesante non soltanto per la memoria del computer, ma anche per il funzionamento del software che deve utilizzarlo, che potrebbe risultare rallentato anche di molto.
Nel Punkbabe, sempre di Billy Argel, sono le lettere di una macchina da scrivere, allineate male, ad essere inserite all’interno di rettangoli halftone sfumati.
E nel Network Vampires lo stesso autore utilizza l’halftone in maniera molto più grezza e d’impatto, per sfumare delle lettere clarendon e sporcarne lo sfondo.
Nel Calypso Boy, di Scooter Graphics, l’halftone è usato per dare l’impressione di superfici piane ripiegate su sé stesse a formare le lettere dell’alfabeto.
Nel Fuzzy Logic, di Pixel Kitchen, non c’è nulla a che vedere con la normale retinatura fotografica: abbamo una griglia di puntini quadrati non inclinata, come in un display digitale, su cui vengono visualizzate le lettere, appunto come se fossero punti luminosi attorno cui c’è un alone.
Le pagine sono soltanto tre, ma i risultati sono molto interessanti. In alcuni i puntini sono grandi, evidenti, apposta per evocare la tecnica dell’halftone. In altri i puntini sono funzionali all’effetto sfumato che si vuole dare al colore. In pochi casi si cerca di riprodurre il vero effetto della stampa d’epoca, come nell’Indie Press di Kc Font, che mi fa venire in mente la tecnica della rotocalcografia, seppure con qualche imperfezione esagerata per renderla evidente a tutti.
Mi pare che nessuno abbia taggato esplicitamente qualche font per rendere l’idea dell’effetto della stampa a rotocalco ingrandita.
L’Indiepress è taggato: poster, newspaper, 90s, grunge, dirty, diy, eroded, fabric, halftone, media, news, newsprint, press, punk, textured, uppercase e zine.
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