Un giornale degli anni Quaranta
Sul sito Storia e Memoria Di Bologna è possibile trovare alcuni giornali risalenti al 1943. Si tratta di tre copie del Resto del Carlino: quella pomeridiana del 25 gennaio, l’ “ultima edizione” del 26 gennaio, e quella del 27 gennaio.
I giornali possono essere scaricate in un unico file pdf. Ognuno occupa 4 pagine, quindi sono 12 pagine in tutto.
L’aspetto è completamente diverso rispetto a quello a cui siamo abituati. Oggi in un quotidiano la prima pagina è solo una vetrina per i titoli o al massimo per l'inizio degli articoli, e le pagine interne possono contenere anche solo uno o due articoli ciascuna, meglio se sullo stesso tema. Qui invece abbiamo un gran numero di articoli stipati in ciascuna pagina, inclusa la prima. Lo spazio bianco è ridotto al minimo, le foto e le mappe ci sono, ma in proporzione occupano poco spazio rispetto a oggi. Per giunta erano in bianco e nero.
La composizione era molto rigida: tutte le colonne hanno la stessa larghezza, e sono separate una dall’altra da linee verticali.
Non si trattava di una scelta dettata da motivi estetici: era una scelta commerciale, immagino, visto che aggiungere foliazione aumentava i costi. E poi nel 1943 si era già in piena guerra mondiale, per cui c’erano già forti ristrettezze. Dopo la fine della guerra la situazione continuò ad essere drammatica da questo punto di vista, anzi vediamo giornali senza neanche un’immagine o un disegno in prima pagina.
Il primo dettaglio che colpisce è la testata: abbiamo un carattere senza grazie, il punto sulla i è quadrato, t con tetto spiovente estremità inferiore orizzontale, s e r con estremità tagliate quasi in verticale, C con estremità tagliate in obliquo in maniera asimmetrica. Ma la scelta più strana è quella della e, che ha il tratto rettilineo molto obliquo in salita, una caratteristica che oggi è rimasta soltanto nel Corriere dello Sport.
Il giornale esiste ancora: la testata ora è in blu. Il punto sulla i è tondo, la s e la C hanno le estremità tagliate in angoli obliqui di aspetto più consueto, la t ha ancora il tetto spiovente ma termina in verticale senza curvare, la a è ad un solo livello anziché a due come negli anni Quaranta.
La pagina era divisa in nove colonne di larghezza fissa. Oltre alle linee verticali sono presenti dei separatori orizzontali tratteggiati per delimitare dei riquadri, e delle linee di varia lunghezza per separare i titoli dagli occhielli o la fine degli articoli dai titoli degli articoli successivi.
Al giorno d’oggi i giornali scelgono un font per i titoli (al massimo font diversi per le diverse sezioni), uno per gli articoli, uno per didascalie e tabelle e impaginano il giornale in maniera prevedibile. All’epoca invece notiamo che era necessario usare font diversi per dare varietà alla pagina, e che venivano alternati in maniera imprevedibile, a seconda delle esigenze.
Prendiamo il giornale del 25: la prima pagina si apre con un titoletto su quattro colonne, suddiviso in due righe: “Prigionieri ed armi catturati al nemico / durante una riuscita azione in Tunisia”. È un serif stretto, con contrasto, grassetto sottolineato. Le tre colonne di destra invece sono intitolate “Le fasi della guerra in Russia”; con un sans serif stretto: niente grazie, tratti a spessore costante, minuscole alte quasi quanto le maiuscole.
Le restanti due colonne centrali si aprono ciascuna con un titolo in piccolo. Uno dice “Il Caudillo esalta / la guerra antibolscevica”, l’altro “Allarme a Panama / per il sorvolo d’un aereo”, entrambi suddivisi in due righe. Si nota al volo l’uso di font diversi: nel primo caso la prima riga è in un serif dalle proporzioni tradizionali, mentre nel secondo abbiamo un serif con contrasto molto marcato e di aspetto più rigido, anche se nella stessa dimensione.
Lo stesso discorso vale per i sommari: sotto il titolo di sinistra abbiamo un normale serif grassetto, mentre sotto quello di destra troviamo un sans con a ad un solo livello.
Più giù troviamo un paio di titoli in caratteri sans con a ad un solo livello, talvolta in tondo, talvolta in corsivo, talvolta in una versione stretta, talvolta in una versione slab.
In piccolo troviamo anche qualche serif strettissimo.
C’è da notare che all’epoca non c’erano caratteri digitali scalabili: passare da un font all’altro non significava cambiare un numerino sul display, ma andare a prendere una cassettiera di caratteri in piombo ben precisa. E ciascun font, per motivi di costi, non era disponibile in tutte le dimensioni possibili, ma solo in una o in quelle poche ritenute necessarie.
Sulla prima pagina del secondo giornale invece troviamo un sans serif nero per il titolo sulle prime quattro colonne a sinistra, con sommario in serif, e uno slab per il titolo sulle tre colonne di destra, con a a doppio livello, con il sommario in un serif nero a contrasto.
L’ultima prima pagina si apre con un serif a contrasto, con un mix di caratteristiche bodoni-slab, e un titolo in corsivo neretto serif.
Insomma, non si
poteva prevedere il giorno prima quali caratteri sarebbero stati
usati il giorno dopo: la grandezza magari dipendeva dall’importanza della notizia, ma lo stile (più largo o più stretto) dipendeva dal numero di parole che si volevano mettere nel titolo.
Per quanto riguarda i contenuti, nella prima pagina venivano stipate tutte le notizie internazionali sull’andamento della guerra; a pagina 2 la metà di sinistra era dedicata allo sport e la metà di destra alle notizie locali, incluso il programma degli spettacoli in cinema e teatri.
A pagina 3 troviamo la cultura con racconti e recensioni di libri e di spettacoli teatrali, programmazione della radio (troviamo uno slab inline e addirittura un corsivo calligrafico ad asse verticale).
Infine l’ultima pagina era dedicata alle “recentissime”, in pratica la cronaca internazionale, locale, sportiva.
Da un giorno all’altro troviamo variazioni nell’impaginazione e nei contenuti. Ad esempio la presenza di tabelle con le quotazioni di borsa, o di necrologi. Un po’ di spazio bianco lo si poteva vedere soltanto nelle pubblicità (“Del prodigio della Lampada Osram – Molta luce e poco consumo”).
C’era la possibilità di incorniciare qualche articoletto in una cornice continua (ad esempio noto un riquadro col bollettino demografico del comune di Bologna, col numero dei nati, dei morti e dei matrimoni), o di inserire decorazioni diverse, come separazioni a rombi nella pagina degli spettacoli, o anche sottolineature spesse o doppie.
Anche per quanto riguarda i caratteri degli articoli, superata la prima impressione di monotonia, ci si rende conto del fatto che si variava da articolo ad articolo. Ad esempio, il comunicato del quartier generale delle Forze Armate, sulla prima colonna del giornale del 25, dopo l’introduzione in serif, è scritto tutto in caratteri sans.
Gran parte degli articoli è in caratteri romani, ma alcuni sono scritti in caratteri italici.
Inoltre, seguendo il flusso del testo tra colonne adiacenti, si nota che le righe non vanno di pari passo: insomma, tutti gli articoli non sono nella stessa dimensione, ma variano in maniera impercettibile. E visto che all’epoca i font non erano scalabili, passare da una dimensione all’altra significava passare da un font all’altro. Per rendersi conto anche delle differenze di disegno bisognerebbe esaminare l’originale con la lente di ingrandimento: la versione pdf, per non essere troppo pesante, è in qualità molto minore rispetto alla stampa originale, per cui qualunque linea curva, ingrandita, si dimostra composta di una manciata di pixel (il punto sulla i ha una risoluzione di tre o quattro pixel, per cui nel file appare in forma di croce oppure quadrato).
Insomma, se per qualche motivo volessimo comporre una pagina nello stesso stile di quelle degli anni Quaranta, magari per girare un film o per una rievocazione, prima di tutto dovremmo procurarci una gran quantità di font dalle caratteristiche particolari, e poi dovremmo faticare ad inserire i testi nello spazio assegnato. Con un vantaggio per noi moderni: i font digitali sono scalabili, quindi in caso di necessità possono essere ridimensionati a piacimento anche solo di mezzo punto. All’epoca era più complicato, visto che bisognava scegliere tra tanti font diversi ma in dimensioni fisse.
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