I principali designer di Google Fonts

Il disegnatore che ha la soddisfazione di avere uno dei suoi font al primo posto della classifica dei più popolari di Google Fonts è il californiano Christian Robertson, autore del Roboto.

Dietro di lui ci sono Steve Matteson, autore dell’Open Sans, e Lukasz Dziedzic, che ha disegnato il Lato.

In realtà il terzo posto della classifica è occupato dal Noto Sans Japanese, che non ci interessa visto che non riguarda l’alfabeto latino e comunque è firmato genericamente “Google”.

Il quinto font più popolare del sito è il Montserrat, che porta le firme di varie persone: Julieta Unanovsky, Sol Matas, Juan Pablo del Peral e Jacques Le Bailly.

Varie firme sono anche sotto il progetto successivo, il Poppins: Indian Type Foundry e Jonny Pinhorn.

Christian Robertson compare nella top ten altre due volte: al settimo posto col Roboto Condensed e al decimo col Roboto Mono.

All’ottavo troviamo il nome di Paul D. Hunt, col suo Source Sans Pro.

Al nono troviamo Vernon Adams, Kalapi Gajjar, Cyreal.

Adams è un nome ricorrente tra i font di Google, ma purtroppo il disegnatore è scomparso prematuramente. Alcuni dei suoi progetti sono stati integrati da altri designer.

Il Noto Sans è all’undicesimo posto, e anche lì è firmato Google.

I nomi che compaiono in seguito sono quelli di Matt McInerney, Pablo Impallari e Rodrigo Fuenzalida per il Raleway, Dalton Maag per l’Ubuntu, Paratype per il Pt Sans e, dopo un paio di progetti dei disegnatori che abbiamo già visto, Sorkin Type per il Merriweather e Claus Eggers Sorensen per il Playfair Display.

Questi ultimi due font sono entrambi serif, ma il serif più scaricato è un altro: il Roboto Slab, sempre di Christian Robertson.

Se isoliamo i serif, troviamo al quarto posto il Lora di Cyreal, poi il Pt Serif di Paratype, il Noto Serif di Google. Seguono il Libre Baskerville di Impallari Type, il Bitter di Huerta Tipografica, l’Eb Garamond di Georg Duffner e Octavio Parto.

Al decimo posto il Source Serif Pro, di Frank Griesshammer, che precede l’Ibm Plex serif di Mike Abbink e Bold Monday.

Nella top ten dei caratteri display i nomi che abbiamo già incontrato sono pochi: Impallari Type e Cyreal, col Lobster, al secondo posto, e Vernon Adams, col Bangers, al settimo.

Il font più scaricato è il Bebas Neue di Ryoichi Tsunekawa. Al terzo posto c’è un altro all-caps: lo Staatliches di Brian LaRossa e Erica Carras. Poi troviamo Comfortaa di Johan Aakerlund, il Balsamiq Sans di Michael Angeles, e Abril Fatface di TypeTogether. All’ottavo posto c’è l’Alfa Slab One di Jm Solé, seguito dal Righteous di Astigmatic e dal Fredoka One di Milena Bandao.

Il primo posto tra gli script spetta a Impallari col suo Dancing Script, seguito da Vernon Adams con il Pacifico, firmato anche da Jacques Le Bailly, Botjo Nikoltchev e Ani Petrova. Al terzo posto l’Architects Daughter di Kimberly Geswein, il primo a lettere separate.

Della stessa autrice sono anche i successivi Shadows Into Light e Indie Flower, anche loro stampatelli con minuscole. Il Permanent Marker di Font Diner è al sesto posto, seguito dal Patrick Hand di Patrick Wagersreiter, dal Caveat di Impallari Type, dal Satisfy di Sideshow e dal Cookie di Ania Kruc.

Tra i monospace, dopo Christian Robertson col suo Roboto Mono troviamo Raph Levien col suo Inconsolata, seguito da Paul D.Hunt col Source Code Pro. Poi c’è Dalton Maag con la versione mono dell’Ubuntu, Colophon con Space Mono e Abbink e Monday con l’Ibm Plex.

Seguono Paratype col Pt Mono, Sandoll con Nanum Gothic Coding, Carrois Apostrophe con lo Share Tech Mono e Alan Dague-Green col Courier Prime.

Pensavo che la categoria mono interessasse meno il pubblico, invece i primi due della lista sarebbero più popolari rispetto a qualsiasi display, e i primi tre rispetto a qualsiasi script. Quest’ultimo dato è comprensibile: se nella grafica gli script sono molto utilizzati, ben pochi i siti web pubblicano contenuti in corsivo calligrafico. A meno di non voler suscitare un’atmosfera particolare, ma solo con i titoli o i link alle varie sezioni. 

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