La Costituzione della Repubblica Italiana
È appena trascorsa la festa del 25 Aprile, tristemente nota per il fatto che negli ultimi anni non c’è accordo su cosa bisogna festeggiare: la Liberazione dell’Italia dai tedeschi ottenuta dagli anglo-americani, la Resistenza, la liberazione di tutti i popoli oppressi in tutte le parti del mondo, o solo di alcuni, oppure se si tratta di commemorare tutti i caduti della seconda guerra mondiale, anche quelli che combattevano dalla parte sbagliata. Mattarella è stato al monumento al Milite Ignoto (dedicato a un soldato morto nell’altra guerra mondiale, la Prima). A Roma c’è stato un corteo che come ogni anno si è concluso sul luogo dei combattimenti avvenuti dopo l’8 settembre 1943.
La data del 25 aprile però si
riferisce al 1945: è il giorno in cui ci fu l’insurrezione armata
contro i nazifascisti nel nord Italia, che portò nel giro di pochi giorni
all’uccisione di vari esponenti di spicco del regime, tra cui lo
stesso Mussolini. (Il sud era stato liberato gradualmente nei mesi precedenti, a partire dallo sbarco in Sicilia del luglio 1943)
La prima pagina del Corriere della Sera del giorno successivo (26 aprile 1945) si può vedere su numerosi siti web, tra cui quello della Fondazione Corriere. La testata era “Il nuovo Corriere”, a indicare che la gestione non era più quella repubblichina.
Il titolo principale, “Milano insorge contro i nazifascisti”, è in caratteri che ricordano il Block, ma sono più stretti e con tratti verticali nella o. Qualcosa come il Gothic 821 Condensed disegnato da Hermann Hoffmann nel 1920 e oggi digitalizzato da Bitstream.
Un’altra festa nazionale che per certi versi evoca lo stesso immaginario è quella del 2 Giugno, Festa della Repubblica, che però si riferisce all’anno successivo: il 1946. In quella data si svolse il referendum tra monarchia e repubblica, e vinse la repubblica.
In queste occasioni è normale fare dei riferimenti alla Costituzione, che però è di poco successiva. Infatti lo stesso giorno del referendum si votava anche per l’elezione dei membri dell’Assemblea Costituente, che tra il 1946 e il 1947 scrissero la Costituzione, che fu promulgata alla fine dell’anno ed entrò in vigore dal 1 gennaio del 1948 (l’Assemblea rimase in carica fino al dicembre successivo).
Sul sito del Quirinale è possibile sfogliare, in alta definizione, l’ “originale” della Costituzione della Repubblica Italiana, ossia la prima edizione: sono solo 19 pagine. Una foto della prima pagina compare anche altrove, ad esempio su Wikipedia, nell’articolo dedicato.
Interessanti i caratteri utilizzati per l’intestazione: hanno un contrasto molto marcato, quindi fanno parte della categoria dei cosiddetti “moderni”, ma la C ha le grazie solo sul lato superiore, a differenza degli attuali Bodoni in circolazione.
Inoltre la R ha l’estremità della gamba arricciata all’insù, come si usava nei caratteri scozzesi di moda nella prima metà del secolo.
Provo a passare la scritta “repubblica”, tutta in maiuscolo, a What The Font e ottengo parecchi risultati: al primo posto il Chapman Medium, di James Todd, seguito dall’Itc Modern No. 216 Light, ovviamente della Itc. Più avanti troviamo il Sax Regular (o Small Caps) della Urw, il Modern Twenty della Monotype, lo Scotch Modern di Shinntype. Più giù c’è anche il Monotype Modern.
Il Chapman è un progetto recente, diffuso in 24 stili, taggato “didone” e “scotch roman”. “Il risultato di trascorrere troppe ore guardando i caratteri spesso tutti in maiuscolo di fonderie da tempo scomparse”, dice la didascalia.
È in circolazione da qualche anno, ma Identifont ancora non lo conosce.
L’Itc Modern No. 216 ha qualche annetto in più, ma non abbastanza da essere scelto per la Costituzione: la firma infatti è quella di Edward Benguiat, anno 1982.
La famiglia si compone di otto stili. Su My Font manca una descrizione del progetto.
Anche Fonts In Use non contiene informazioni, ma collega questo font con due caratteri simili: il Monotype Modern e il Modern No. 20.
Quest’ultimo è particolarmente diffuso perché si trova tra quelli di default diffusi col pacchetto Office di Microsoft, quindi molti utenti se lo ritrovano già installato.
È stato lanciato dalla fonderia Stephenson Blake nel 1905, ma si ispirava a caratteri della metà del secolo precedente.
E il testo, invece? All’epoca non c’erano certo i caratteri scalabili che ci sono oggi, in cui si può cambiare la dimensione senza cambiare font. I caratteri per le intestazioni avevano per forza di cose caratteristiche diverse da quelli usati in dimensioni più piccole.
Prendo la parola “Repubblica” dall’articolo 1 e la mando a What The Font. Il software rimane un po’ disorientato (la percepisce più stretta di quello che è) comunque dà delle risposte che si orientano verso il Century, le cui origini risalgono alla fine dell’Ottocento. Si tratta sempre di stile scozzese e nelle vecchie versioni aveva la a con codina all’insù.
Senonché, se nelle righe con la promulgazione la C ha la grazia solo sul lato superiore, nel carattere più piccolo, quello col testo degli articoli, la C ha le grazie ad entrambe le estremità.
Inoltre vediamo che la b ha una grazia anche in basso, stile Bodoni.
Ma la Q ha la coda serpeggiante, stile Baskerville.
Compilare il questionario di Identifont mi porta al Torino di Butti (1908) e a un paio di Didot e Bodoni. Ma il primo ha troppo contrasto, e una g con l’occhiello inferiore aperto. Gli altri hanno una Q dalla coda diversa.
Anche ricerche fatte col Font Moose e col Matcherator non portano a risultati rilevanti.
Soltanto una piccola parte dei font che si usavano nei secoli passati è disponibile anche in versione digitale sulle piattaforme web.
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