Il problema dell’apostrofo nei calligrafici
Vergogna! |
In inglese l’apostrofo si usa molto meno che in italiano. Quindi a volte viene sottovalutato dai disegnatori stranieri anche quando meriterebbe una cura particolare. Ossia nel caso di corsivi calligrafici, dove le lettere alte, se inclinate in avanti, possono andare a interferire in maniera fastidiosa.
Circola sul web, in maniera semiclandestina, un font chiamato Ar Decode, che riproduce una elegantissima calligrafia cancelleresca, inclinata in avanti. Peccato che quando l’apostrofo viene digitato dopo la l... in realtà la precede, visto che la lettera è così inclinata da sorpassare il carattere successivo.
Tra i font di Google, nella quasi totalità dei casi non si arriva a questo estremo, comunque si vedono alcuni esempi in cui questo dettaglio poteva essere affrontato in maniera diversa.
Il Great Vibes, di Robert Leuschke, molto popolare tra gli handwriting, ha un apostrofo che tocca i tratti della l o della d che lo precede.
Il Tangerine, di Toshi Omagari invece, anche questo molto popolare oltre che molto elegante, ha un problema di altro genere: l’apostrofo è situato poco al disopra della parte centrale delle minuscole. Rimane staccato dalla lettera che lo precede, certo, ma è palesemente troppo basso: normalmente si tende ad avvicinarlo all’estremità superiore dei tratti ascendenti.
Ancora Robert Leuschke ci crea qualche problema nell’Allura. Qui l’apostrofo dopo la l interseca l’occhiello della lettera, ma dopo la d va a sovrapporsi in maniera disastrosa alla lettera scomparendo nell’asta a sinistra.
E ancora c’è la firma di Leuschke nell’Italianno, dove l’apostrofo è quasi invisibile, sovrapposto ai tratti della lettera precedente.
Nel Norican di Vernon Adams abbiamo due effetti diversi: dopo la d, l’apostrofo tocca il tratto della lettera precedente, dopo la l, praticamente scompare.
Il Leckerli One, di Gesine Todt, ha un apostrofo che sfiora la l, ma non è quello il problema: il fatto è che ha la forma perfettamente rettangolare, mentre tutto il resto del font è composto di tratti calligrafici privi di linee rette.
Nel Kristi di Birgit Puk l’apostrofo tocca le lettere, ma comunque si tratta di un font molto disordinato. Nel Cedarville Cursive di Kimberly Geswein l’apostrofo non tocca, nelle minuscole (si sovrappone invece alla L maiuscola). Ci si potrebbe preoccupare del fatto che praticamente manca lo spazio tra la lettera che precede l’accento e quella che lo segue, ma è un font che riproduce una calligrafia talmente rudimentale che è inutile perderci tempo.
Ha combinato un pasticcio Sudtipos nel suo Mr De Haviland, dove in ogni caso l’accento si sovrappone ai tratti della lettera alta che lo precede.
Ricompare il nome di Vernon Adams, che nel Meddon ha inserito un apostrofo che si trova più in alto dei tratti ascendenti delle maiuscole, e va a piantarsi sulla testa della l e quasi sulla nuca della L maiuscola.
Più giù nella pagina troviamo lo Stalemate, di Astigmatic, dove è tutto regolare nelle minuscole, ma non dopo la L maiuscola, data la sua forma particolare.
Si perde il conto delle malefatte di Leuschke. Che ha disegnato parecchi bei calligrafici, ma troppo spesso si è trovato in difficoltà sul dettaglio dell'apostrofo.
Per fortuna (sua) c’è chi ha fatto di peggio. Johan Kallas e Mihkel Virkus, che si sono cimentati col Meie Script. Qui, se l’apostrofo scompare dietro la L maiuscola, nelle minuscole non lascia nessun dubbio: si trova a sinistra della lettera, anziché a destra.
Orribile, il risultato peggiore in assoluto.
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