Roma, una trappola per uccelli e un cavallo

La scrittura cinese è composta da varie migliaia di logogrammi, ognuno dei quali corrisponde ad una sillaba. La soglia minima di alfabetizzazione prevede la conoscenza di almeno duemila caratteri, ma nel corso della storia ne sono stati usati 85 mila. Un dizionario moderno può contenerne quasi 50 mila, molti dei quali sono varianti di raro utilizzo.

La cosa strana dal nostro punto di vista è che manca un legame diretto tra la forma del carattere e la sua pronuncia. Lo stesso simbolo può essere utilizzato in lingue diverse con lo stesso significato ma suono differente. 

Anche declinazioni e coniugazioni ci lasciano spiazzati: visto che ogni simbolo è invariabile, bisogna aggiungerne un altro, o più di uno, per contestualizzarlo.

Ad esempio, per dire amico basta un solo carattere, mentre per dire amici bisogna aggiungerne un altro che rappresenta il suffisso che indica il plurale. 

Stesso discorso per i tempi verbali, che si ottengono aggiungendo una particella: vicino al carattere con la forma base del verbo se ne aggiunge un altro che serve per indicare se bisogna interpretarla come un’azione passata o futura. 

Chiaramente per trascrivere le parole straniere si usano i caratteri che hanno lo stesso suono di ciascuna sillaba. Per dire Roma bastano due caratteri, uno per la sillaba ro, l’altro per la sillaba ma.

Ma siccome ogni sillaba cinese è una parola che può avere un significato a sé, viene fuori una strana associazione di idee tra un nome straniero e un significato cinese che è completamente casuale e assurdo.

Provo a fare l’esperimento con la parola Roma.

Il carattere della prima sillaba indica una rete per catturare gli uccelli. E in effetti si può vedere proprio come la stilizzazione dell’oggetto rappresentato: in alto c’è la rete mentre i segni in basso rappresentano l’uccello che ci finisce dentro.

Il carattere della seconda sillaba invece significa cavallo, e rappresenta un cavallo impennato.

Insomma, la parola Roma sarebbe la somma dei simboli che indicano una rete per uccelli e un cavallo.

L’assurdità dell’associazione di idee che ne viene fuori può essere divertente, anche perché a volte la mente umana cerca qualche significato nascosto dietro i simboli. È casuale che il simbolo di una trappola faccia parte del nome della nostra capitale?

Facciamo un altro esperimento. Milano si ottiene con due sole sillabe: mi-lan

Mi è il riso crudo. Lan è una specie di orchidea. Google traduce riso blu, anche se scrivendo riso blu in italiano non lo trasforma nei caratteri che compongono la parola Milan.

Napoli si ottiene con quattro caratteri (na-bu-le-si). Na vuol dire quello, bu vuol dire non, le vuol dire limitare, disegnare, scrivere. L’ultimo carattere si usa per indicare che è una trascrizione fonetica, ma significa anche la parola questo.

La città è qualcosa che non ha limiti? Che non si può raccontare?

Torino è di due sillabe: Tu-rin. Tu significa grande città, metropoli, capitale. Il secondo simbolo è la versione semplificata di carattere che indica Dio, l’anima, lo spirito (o la bara).

Diciamo che è la capitale dello spirito?

Purtroppo Google Translate non ci aiuta molto in questo giochetto, sia perché cerca il significato reale della sequenza di caratteri (quindi tende a dare la traduzione corretta), sia perché caricando i caratteri isolatamente, fuori contesto, spesso ne restituisce la pronuncia anziché il significato originario.

Il sito però può essere utile se usato all’inverso: scrivendo un nome di città, o anche un nome proprio di persona, in italiano, ne dà la trascrizione cinese. Per trovare il significato dei singoli caratteri cinesi, si può usare poi Wiktionary (in inglese).

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