In difesa del Comic Sans
Nel 2010 è uscito sul Guardian un lungo articolo, ben scritto, sulla questione del Comic Sans.
Com’è risaputo, si tratta del font più bullizzato di tutti i tempi. Quando il giornalista inglese Simon Garfield ha compilato la lista dei 10 peggiori font del mondo, lo ha escluso a prescindere perché la scelta sarebbe stata troppo scontata.
Il font era stato concepito per comparire nei fumetti di un programma della Microsoft che avrebbe dovuto insegnare ai bambini l’uso del computer. Anche se poi era stato scartato in extremis perché i programmatori avevano già messo a punto il software sulla base di metriche differenti, era stato comunque inserito tra i font di sistema di Windows, dove era l’unico che ricordava una scrittura fatta a mano. Gli utenti quindi iniziarono ad usarlo per impaginare tutto ciò che in mancanza di computer avrebbero scritto a mano. Iniziarono a considerarlo il loro font preferito, e lo utilizzarono in contesti totalmente inappropriati. Il Comic Sans è un font informale, ma è stato usato per impaginare documenti formali (curriculum, tesi di laurea, eccetera). È finito perfino sulle tombe, nelle bacheche della polizia, nei reparti degli ospedali, con grave disappunto di chi parla inglese, dove la parola comic che indica i fumetti corrisponde anche all’aggettivo comico. Se la situazione non è comica perché usare un font che si chiama Comic?
Il giornalista del Guardian per scrivere il suo articolo ha raccolto le opinioni di vari designer, tra cui anche Vincent Connare, l’autore del font. Il quale ha detto più o meno che paragonare il Comic Sans all’Helvetica è come paragonare il disegno di un bambino alla volta della cappella Sistina: si tratta di due cose che non fanno parte della stessa categoria.
Il Comic Sans è frettoloso e irregolare non perché l’autore non è riuscito a disegnare linee dritte, ma perché non ci ha neanche provato. L’obiettivo era appunto quello di creare in fretta qualcosa che fosse adatto ad un fumetto per bambini, e il fatto che molti utenti lo apprezzino significa che in un certo senso l’obiettivo è raggiunto. Lo stesso Connare non ha problemi ad ammettere che invece in certi casi la sua creatura viene usata nel contesto sbagliato.
Per quanto mi riguarda, io non ho nessuna avversione per il Comic Sans. C’è di peggio. Ad esempio, il sito TipsAndTricks pubblica un articolo in italiano, diciamo, per combattere l’uso scorretto del Comic Sans. Il titolo è “Combat Chronic Comic Sans Misusage con questi 3 siti”. L’indirizzo è questo https://it.tipsandtrics.com/combat-chronic-comic-sans-font-misusage-with-these-3-sites-756736, che mi rifiuto di linkare e che sconsiglio vivamente.
L’articolo è impaginato in Roboto, ma non per questo ha qualche valore in più. È palesemente tradotto in automatico da gente che non si rende minimamente conto dell’effetto penoso che ottiene (o forse lo fa apposta per aumentare artificialmente le visite e spero non per installare malware o roba del genere sul computer dei visitatori). “Certo, se ti senti angosciante e pieno di hardcore ribellione di font puoi dare un’occhiata a Kill Comic Sans, uno sparatutto arcade frustrante con un’enfasi sull’incapacità del carattere spensierato (ma malvagio)”. Santo cielo! Io direi che la prima preoccupazione dovrebbe essere quella di scrivere un articolo fatto bene, e solo alla fine bisognerebbe preoccuparsi del font in cui impaginarlo.
Per giunta il gioco che viene consigliato, Kill Comic Sans, è rudimentale al massimo: compare la scritta “Comic Sans”, in Comic Sans, in rapida successione, su fondo grigio e bisognerebbe cliccarci sopra per fare punti. È deprimente soltanto guardare due minuti di filmato su Youtube, per giunta senza suono.
Comunque uno spunto interessante c’è: parlando di font alternativi da usarsi per impaginare i fumetti, TipsAndTricks segnala la fonderia Blambot, che offre una collezione di font di questo tipo suddivisi per generi: ci sono quelli che servono per scrivere i dialoghi nei palloncini, quelli che vanno bene per i suoni (Badaboom) e quelli che invece possono essere utilizzati per i titoli.
Blambot è presente anche su My Fonts con 153 famiglie.
Al primo posto il sito propone il Bada Boom Pro, al secondo il Monsterfic, interessante perché permette di incastrare in automatico le lettere una nell’altra, grazie a 160 autolegature Opentype. Perfetto per Halloween, dice la didascalia.
Il primo da usarsi per i palloncini è
il Sequentialist, ma io preferirei il Tight Spot, che compare poco
più in basso, per via dei fianchi della A leggermente curvati. Più avanti se ne trovano di altrettanto simpatici.
A differenza del Comic Sans, questi font sono dotati soltanto di maiuscole, visto che tradizionalmente il lettering dei fumetti viene fatto in all-caps per evitare di sprecare troppo spazio tra una riga e l’altra.
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