Il ciclostile dei partigiani
Al museo del Risorgimento e della
Resistenza di Vicenza è conservato un ciclostile Gestetner
appartenuto ai partigiani della divisione Garemi, brigata Mameli. Un breve filmato di presentazione si può vedere su Youtube.
Lo strumento è un antenato della fotocopiatrice. Serviva agli antifascisti per stampare volantini e comunicati propagandistici, per informare la popolazione dell’attività dei partigiani, motivarla, fornire istruzioni.
La stampa doveva avvenire in segreto, in un posto che non attirasse l’attenzione delle forze dell’ordine. Per questo si usava questo apparecchio che era economico, di piccole dimensioni rispetto alle macchine da stampa professionali.
Anziché comporre un testo con i caratteri mobili, qui bastava una macchina da scrivere. La carta però doveva essere speciale, molto permeabile ma coperta da un sottile strato di cera impermeabile. La pressione dei tasti rimuoveva la cera in corrispondenza dei tratti delle lettere. Questo foglio costituiva la matrice, che poi veniva inchiostrata e poteva essere copiata più e più volte su carta normale, purché particolarmente assorbente.
A differenza delle successive fotocopiatrici, il ciclostile tradizionale non necessita di corrente per funzionare, basta girare una manovella.
Ciclostili più moderni sono rimati in funzione fino agli anni Ottanta e oltre, anche se erano di concezione molto diversa: funzionavano a corrente, avevano display digitali, e permettevano di creare una matrice a partire da scritte, disegni, foto su carta normale. A differenza di una fotocopiatrice, che può scannerizzare un numero illimitato di documenti, i ciclostili recenti montavano un serbatoio con un certo numero di matrici, che andava sostituito quando erano state usate tutte.
Sul web si trova una breve dimostrazione del funzionamento di un ciclostle Gestetner a manovella. I documenti che vengono copiati hanno un aspetto inconfondibile: i testi sono battuti a macchina, mentre i disegni potevano essere facilmente realizzati sulla matrice usando una specie di penna.
Un altro video mostra una Gestetner che stampa in automatico grazie a un motore elettrico, senza bisogno di un operatore che giri la manovella.
Non si trovano informazioni sulla ditta produttrice e sul suo periodo di attività.
Il ciclostile funziona secondo il meccanismo dello stencil. Siamo abituati a pensare agli stencil come a cartoni o pezzi di plastica in cui sono ritagliate le aste delle lettere che bisogna tracciare. Ad esempio per fare una scritta sulle casse o sui mezzi militari basta sovrappore uno schermo da cui è stato ritagliato il profilo delle lettere e poi spruzzarci sopra con la bomboletta di vernice. Nel caso del ciclostile invece l’inchiostro finisce sul foglio perché filtra attraverso piccoli fori presenti sulla matrice, aperti solo dove la cera è stata rimossa.
Qualcuno ha raccontato su Facebook i problemi che si potevano incontrare nella battitura di testi che dovevano essere ciclostilati: una pressione troppo forte sui tasti della macchina da scrivere rischiava di danneggiare la cera oltre i tratti da tracciare o addirittura di perforare la matrice. C’era bisogno quindi di una certa dimestichezza in fase di scrittura.
Sotto il post c’è anche una foto d’epoca risalente al 1970. L’uso del ciclostile veniva insegnato ai bambini delle scuole, e serviva a stampare il giornalino scolastico.
Di ciclostile in relazione alla guerra partigiana se ne parla anche sul sito dell’Istituto Storico dellaResistenza e dell’Età Contemporanea di Lucca.
In quel caso si racconta che la prima operazione partigiana in zona fu proprio quella mirata a rubare ai fascisti il ciclostile del comune. Il colpo andò a buon fine, e nei mesi successivi i partigiani riuscirono a far circolare volantini antifascisti tra la popolazione locale.
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