Scatola vintage

Immagine presa dal sito Erzinio.it col nuovo packaging ispirato alle confezioni degli anni Cinquanta.

 

Una scatola che arriva da Guarcino, Frosinone, a un centinaio di chilometri da Roma.

Sul retro si legge: « Alla fine degli anni ’50 Erzinio decide di creare una confezione capace di valorizzare un’eccellenza del territorio: l’Amaretto di Guarcino. Oggi vogliamo celebrare quell’antica scatola, così come era allora, con quella sua promessa di bontà: Specialità. E una nota che sembrava anticipare il futuro: “A richiesta spedizione ovunque” ». Segue la versione inglese dello stesso messaggio, che non menziona le scritte ma in compenso spiega cos’è l’amaretto: “The irresistible almond based biscuit”, l’irresistibile biscotto a base di mandorle.

La confezione è attraente proprio perché si vede da lontano che è fuori moda. 

Prima di tutto l’abbinamento di colori e la mancanza di fotografie e loghi è qualcosa di improponibile oggi.

Poi ci sono i caratteri della parola “amaretti”. Senza grazie, ma molto stretti e soprattutto con un contrasto molto marcato. Per quanto ne so dovrebbe trattarsi di caratteri Hastile, della fonderia italiana Nebiolo. Qualcosa che all’epoca andava di moda ma che in seguito è completamente scomparso. Non solo perché non ne sono state realizzate digitalizzazioni, ma anche perché è difficilissimo trovare qualcosa di simile.

What The Font mi suggerisce un’alternativa recente. Che è recente si capisce anche dal nome: Brexit. L’anno in cui è stata caricata sul sito è il 2019. L’autore è un certo Cato Hernes Jensen, della fonderia Cafe.no, in cui non mi sono mai imbattuto prima. Il prezzo è abbastanza alto.

Interessante vedere come sono state gestite in maniera diversa le controforme. Sulla scatola la punta del triangolo interno alla A quasi tocca l’estremità superiore della lettera, e lo stesso avviene per i due triangoli che si vengono a creare sotto la M. Nel Brexit invece le punte di questi triangoli bianchi rimangono molto a distanza. Il trucco usato dal disegnatore d’epoca è stato quello di allargare di molto la parte superiore della lettera e ridurre la pendenza dei tratti obliqui.

Wikipedia in italiano scrive che l’Hastile è del 1941, ma non fornisce nessun nome nella casella dedicata all’autore. Secondo Tipoteca ad occuparsene è stato Alessandro Butti. 

 

Direi Signal, Roboto e un altro font ancora da identificare
 

La scritta “Specialità” sulla confezione di amaretti, come pure la parola “da” nella riga superiore avrei detto che è in Veltro, invece no. Infatti il Veltro, pure lui della Nebiolo, ha una S molto più sinuosa. Questo dovrebbe essere Signal, prodotto nello stesso periodo dalla fonderia tedesca Berthold.

Secondo Wikipedia in inglese il font tedesco risale all’inizio degli anni Trenta, disegnato da un certo Walter Wege ispirandosi a qualche lettering realizzato nel decennio precedente. 

La scritta in basso a sinistra mi ha fatto lambiccare il cervello in lungo e in largo, prima di farmi alzare bandiera bianca. Ho passato la forma di quella A a tutti i servizi online per il riconoscimento automatico ma non è venuto fuori niente. Un altro tipo di carattere andato perduto? Potrebbe essere, senonché tutta la scritta commemorativa che è stata aggiunta dietro è stata impaginata con qualcosa che sembra la versione digitale di quel carattere. 

 

Che font è questo?
 

La A ha le grazie disposte nello stesso modo, la z ha un tratto discendente molto interessante. La f forma l’occhiello soltanto nella parte superiore. Una versione digitale ci deve essere: ma dov’è? Per ora resto senza risposta.

La scritta “Guarcino” in basso a destra sembra Helvetica, un font che all’epoca doveva essere giovanissimo: è stato rilasciato nel 1957. Certo è molto simile all’Akzidenz Grotesk che circola dalla fine dell’Ottocento, ma a parte il diverso orientamento dei terminali di CGS, l’Helvetica ha quella curvetta sulla gamba della R che si fa notare subito, a differenza della gamba rettilinea della R dell’Akzidenz.

Per finire, la parola Erzinio. E questa lascia molto perplessi. È uno slab con il puntino quadrato sulla i. All’epoca c’erano vari slab, come per esempio il Memphis disegnato da Rudolf Wolf per la tedesca Stempel nel 1929, o lo Stymie della Linotype disegnato da Fuller Benton nel 1931. Il problema è che questi font avevano grazie rettangolari, mentre qui, sulla i, si vedono grazie che vanno a restringersi verso le estremità. Proprio come nel Roboto Slab che si scarica gratuitamente da Google. Qualcuno aveva anticipato i tempi? O non è più probabile che qualche grafico ha ricreato confezione d’epoca usando i font di cui era in possesso? Ma perché non prendere quelli d’epoca anche qui, visto che a differenza di Veltro e Hastile, Memphis e Stymie sono disponibili in digitale?

Purtroppo non esistono foto delle scatole originali, quindi non possiamo renderci conto di quanto sia fedele la riproduzione realizzata.

Tra l’altro noto su My Fonts la forma della r del Memphis che finora mi era sfuggita: nei pesi dal bold in su, invece di esserci il tratto rampante c’è un cerchio unito all’asta verticale da un sottile istmo. Nello Stymie invece la r ha una forma normale. Ne circola anche una versione, l’Ultra Condensed, in cui la i ha il puntino rotondo.  

 

Qui ho provato a rifare la stessa grafica usando quattro font che si possono scaricare gratuitamente da Google. Per la scritta amaretti ho usato l'Arya (Astigmatic), molto più largo del font originale, mentre per la scritta specialità ho usato lo Yesteryear (Eduardo Tunni). Il nome dell'azienda è in Roboto Slab (Christian Robertson), mentre la scritta in basso a sinistra è in Pinyon (Nicole Fally). Il font è bello, elegante, ha una z con tratto discendente, ma non ha il grassetto, che qui è ottenuto in automatico dal software (OpenOffice Draw). Per la scritta in basso a destra ho usato un semplice Arial, commissionato da Microsoft per sostituire l'Helvetica e installato di default sui sistemi operativi Windows.

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