Stampa poster
Con tutto che oggi esistono le tecnologie di stampa digitale e che queste sono molto più pratiche rispetto alle tecniche dei decenni e dei secoli passati, continuano ad esserci appassionati che mantengono in vita i sistemi di stampa tradizionale.
C’è una bella intervista di meno di dieci minuti su Youtube nella quale un professore di design texano parla della sua passione per la rilievografia, e di come è diventato disegnatore di manifesti per le band musicali.
Lui stesso ha suonato da giovane in qualche band, e quando poi ha iniziato ad occuparsi di design ha cercato qualcosa che lo lasciasse connesso con il suo vecchio ambiente. Ha iniziato a disegnare poster per qualche concerto e poi da cosa nasce cosa: altre band hanno visto i suoi lavori e gliene hanno commissionati di nuovi, e così è diventato un punto di riferimento, pur vivendo lontano dai centri principali di design.
A tutto questo si è aggiunta la sua passione per la fabbricazione di cose concrete. E quindi per le vecchie macchine da stampa, in cui i caratteri sono oggetti in metallo o in legno, in cui l’inchiostro va preparato e caricato con la spatola, in cui non c’è bisogno di elettricità: tutti i meccanismi funzionano a mano.
Nel filmato si vedono le varie fasi di realizzazione di un suo progetto. Ha avuto l’idea di fare un poster con tanti uccelli bianchi che si incastrano tra di loro come in un puzzle, tra i quali vola un uccello nero. Dallo schizzo nasce il disegno definitivo, realizzato a computer con la grafica vettoriale. Basterebbe fare Ctrl+P, a questo punto, ma non ci sarebbe gusto. Quello che vuole fare lui è realizzare una stampa in rilievo con tecniche tradizionali, firmando a mano tutti i poster realizzati per dare loro più valore e venderli come souvenir del concerto. Quindi effettua una stampa su carta, la sovrappone a un materiale da cui realizzare la forma in rilievo (legno, linoleum, gomma a seconda dei casi) e inizia a lavorare di taglierino per ritagliare le forme dalla carta. Poi si passerà ad incidere il materiale, e poi c’è la fase di inchiostratura e stampa a mano, seguita dall’aggiunta della firma.
Insomma, la passione per le vecchie tecnologie non esclude le nuove: in parte si lavora a computer, in parte a mano.
Da notare che per evitare che l’inchiostro fresco sporchi i fogli o si sbaffi, c’è bisogno di uno speciale stendino per disporre i manifesti ad asciugare senza che si tocchino fra di loro.
In inglese la rilievografia viene comunemente chiamata letterpress, definizione che crea qualche problema, in questo caso. In effetti la parola fa pensare alla composizione mediante caratteri mobili, che non è quello che avviene qui. Però non esiste nell’uso comune una definizione più appropriata.
In italiano la composizione e stampa con caratteri mobili viene chiamata tipografia, ma il termine nell’uso comune viene confuso con quello di stampa in generale. Un laboratorio che realizza stampe con tecniche litografiche o serigrafiche comunque viene chiamato tipografia. Senza contare che al giorno d’oggi la composizione di testi avviene spesso per il monitor o il display, non per la stampa. E quella è lo stesso tipografia, ma non è certo letterpress.
Google traduce in automatico la parola letterpress con tipografia, anche se poi ci aggiunge una definizione più precisa: “stampa da un’immagine in rilievo sotto pressione, utilizzando inchiostro viscoso”. Nessun accenno a caratteri mobili o lettere, quindi in base a questa definizione i poster che si vedono nel video sono senza dubbio letterpress.
La pressa che viene usata in questo caso permette la stampa con un solo colore, non necessariamente uno di quelli primari (si possono mischiare a mano i colori di base fino ad ottenere quello desiderato). Per stampa in più colori sono necessari vari passaggi: prima si stampano tutti i poster col primo colore, poi si pulisce il dispositivo, si carica il nuovo colore e si ricomincia da capo. Gli artisti che realizzano poster si sbizzarriscono a comporre disegni con parecchi colori, anche sette-otto. Il disegnatore che compare in questo video invece preferisce qualcosa di più minimale: quasi sempre usa solo due colori (a cui si aggiunge il bianco naturale del foglio). A volte arriva a tre. Questo implica che le figure siano ridotte a semplici silhouette, ma comunque vengono fuori delle scene molto suggestive.
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