Vidaloka
Vidaloka è un font disegnato da Cyreal e scaricabile gratuitamente da Google Fonts.
“Un carattere Didone display per titoli e corti paragrafi di testo. A causa del suo alto contrasto funzionerà bene oltre i 16 pixel”, dice la didascalia, che poi si sofferma sulla forma barocca della Q: con una coda serpeggiante staccata dal resto della lettera, col terminale a goccia (a palla, dice Identifont).
E proprio un’estremità a goccia mi ha fatto notare questo font, non quella della Q, bensì quella della C. L’ho vista sul sito di Lercio, dove questo font è usato per i titoli degli articoli.
Molti font hanno l’estremità a goccia sulla c minuscola, incluso il Times New Roman, ma sulla maiuscola preferiscono terminare a becco, spesso con uno sperone che punta verso l’alto.
Sul sito questo font fa la sua figura, originale e non sgradevole. Meglio del Playfair Display, un serif a contrasto molto usato (troppo) su siti web anche famosi.
Lercio è un sito che fa la parodia a Leggo, uno dei più diffusi giornali gratuiti italiani (free-press). Il logo e i colori sono modellati sull’originale: la L che va a sottolineare la E, la O con un cerchio all’interno.
Il sito ufficiale di Leggo però si regola molto diversamente per quanto riguarda i titoli, che sono impaginati in un sans serif con i tratti dalla curvatura incostante: il Titillium, noto perché nato da un progetto universitario italiano e adottato dalla Pubblica Amministrazione come font istituzionale.
Sul web non si parla invece dei font utilizzati per i loghi di Leggo e Lercio. Nella testata di Leggo, la E ha una grazia superiore tagliata esattamente in verticale, sul lato destro. La grazia della G è leggermente inclinata, quella inferiore della E si protende in avatni e va a infilarsi dentro la lettera successiva.
Nella testata di Lercio invece le grazie di E e C sono marcatamente protese in avanti, e hanno delle punte molto spesse, slab.
Cercando qualcosa su Lercio e i font, viene fuori un divertente articolo del 2014 che annuncia lo sviluppo del primo font illeggibile, dedicato ai medici.
L’articolo annuncia la nascita di “un font corsivo illeggibile, per liberare finalmente i medici dall’obbligo di scrivere cose sensate nei referti redatti al computer”.
L’articolo è zeppo di giochi di parole dedicati al mondo tipografico. La città in cui è stato scritto risulta essere “San Serif, California”, un mix tra San Francisco e sans-serif, ovvero senza-grazie.
Il gruppo di ricerca che avrebbe lavorato al progetto sarebbe quello della Franklin Gothic University (Franklin Gothic è uno dei più celebri sans serif), guidato dal professor Ari Al Bodoni (Arial è stato per parecchio tempo il sans serif di default della Microsoft mentre Bodoni è uno dei più celebri incisori di fine Settecento).
“La ricerca è stata svolta in collaborazione con il gruppo del dottor Batang, sciamano presso la tribù dei nativi Wingdings di Tahoma”, dice l’articolo (Batang, Wingdings e Tahoma sono tre font familiari per chi usa Windows).
La ricerca sarebbe stata pubblicata sul New Courier of Medicine (dove il Courier New è il più diffuso font monospace).
Questi giochi di parole ricordano quelli del celebre articolo pubblicato dal Guardian nel 1977 che descriveva l’arcipelago di San Serriffe (parodia di Tenerife), in cui tutti i nomi, incluso quello della città di Bodoni, capoluogo, erano ispirati al gergo dei tipografi. Che all’epoca era poco conosciuto (la gente non aveva a disposizione personal computer in cui scegliere i font), quindi molti dei lettori presero l’articolo per buono. In realtà era completamente campato in aria: venne pubblicato il primo aprile, sfruttando la simpatica tradizione (per me odiosissima) in base alla quale anche la stampa seria deve fare uno scherzo ai propri lettori in quel giorno.
Il pesce d’aprile è citato nel libro di Simon Garfield Sei proprio il mio typo, scritto nel 2010 e tradotto in italiano pochi anno dopo per l’editrice Tea. L’isola fittizia compare anche con una voce a sé su Wikipedia, in inglese, tedesco, francese, giapponese e poche altre lingue, con tanto di cartina e di retroscena raccontato dagli autori.
Accanto all’articolo c’era anche un annuncio sponsorizzato da Kodak che chiedeva ai lettori di inviare le loro foto dall’arcipelago.
Tra le conseguenze fastidiose dalla pubblicazione del pezzo, ci fu quella che alcuni clienti si recarono nelle agenzie di viaggio per prenotare una vacanza a San Serriffe, rifiutandosi di credere agli operatori che provavano a convincerli che quelle isole non esistevano. Ma se ne aveva parlato il Guardian!
Perr tornare al Vidaloka usato da Lercio, c’è da dire che non si tratta di uno dei font più popolari di cui si è occupata la fonderia Cyreal.
Ordinandoli per trending, i primi della lista di Google Fonts sono Oswald, Nunito e Rubik, tutti firmati anche da altri autori. L’Oswald è un sans serif compresso, anche gli altri due sono senza grazie.
Il primo che porta solo la firma di Cyreal è il Lora, che è anche il primo serif. Qui l’estremità superiore della C ha il becco e lo sperone, mentre quella della c minuscola ha la terminazione a goccia. La S ha becchi anche nella versione minuscola, mentre nel Vidaloka questa lettera ha le estremità a goccia in entrambe le versioni.
Di Cyreal sono anche Lobster, Prata e Jura, quest’ultimo poco conosciuto ma ispirato all’Eurostile, mi sembra.
Più giù troviamo il Federo, dalle forme rétro.
Nella parte inferiore della lista troviamo i font più insoliti, tra cui il Bonbon, con estremità a spirale e simboli aggiunti all’interno delle lettere aog.
L’ultimo è l’Aubrey, con dei gomiti e speroni nei punti più imprevisti.
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