Chiocciole strane

Il segno della chiocciola è legato strettamente al mondo dell’informatica, visto che da sempre serve per comporre gli indirizzi di posta elettronica, dove separa il nome dell’utente dal dominio.

Su Twitter si usa per indicare e linkare il nickname di un utente registrato.

Wikipedia elenca molti altri usi di questo segno e ne fornisce la traduzione in numerose lingue.

Ne mostra anche il più antico uso conosciuto: una pergamena del 1345 con la traduzione in bulgaro di una cronaca greca. Chiaramente non era inserito in un indirizzo e-mail, ma era l’iniziale della parola Amen.

Normalmente la chiocciola si disegna a partire da una a minuscola ad un solo piano. L’estremità del tratto in basso a destra si allunga a circondare l’intera lettera, per terminare nei pressi di dove ha iniziato la traiettoria circolare. Insomma il cerchio rimane aperto in basso a destra.

È così nei font più popolari di Google: Roboto, Noto, Open Sans, Montserrat, Lato...

Però esistono soluzioni diverse.

È possibile partire dal disegno di una a a due piani, come nel Raleway.

In quel caso il tratto circolare si aggancia in basso a destra e procede normalmente. Però lo si può anche agganciare all’estremità superiore della lettera, proseguendo in senso antiorario. Se si termina come al solito in basso, la metà destra della lettera rimane scoperta: non abbiamo più ottenuto un cerchio, ma un semicerchio. È quello che avviene nell’Inconsolata di Ralph Levien o nel Source Code Pro.

Per circondare completamente la parte interna della lettera, un’idea è quella di proseguire il giro, e terminare il tratto sopra, anziché sotto. È quello che avviene nell’Exo, di Natanael Gama e Robin Mientjes.

Con una a a due piani, esiste anche una terza soluzione possibile: invece che attaccare la spirale in basso o in alto la si può attaccare in mezzo, sulla destra, in corrispondenza del tratto centrale della lettera. È la soluzione adottata da Eduardo Tunni nell’Unica One.

In alcuni font maiuscoletti si è scelto di mettere una A maiuscola al centro della chiocciola. Il cerchio può partire dal piede sinistro (Cinzel, dove procede stranamente in senso orario), da quello destro (Julius Sans One), o dalla fine del tratto centrale (Graduate).

E qui sembrerebbero esaurite le possibilità, ma scorrendo la lista si trova di tutto e di più.

Nel Cabin, un sans serif molto popolare, la chiocciola è un pallino nero con la a in trasparenza, una scelta che distingue questo glifo da tutti gli altri presenti nello stesso font.

Nel Kaushan Script la a centrale non viene disegnata: il segno è semplicemente una spirale in senso antiorario. Lo stesso avviene nello Staatliches, di Brian La Rossa e Erica Carras.

Nel Chau Philomene One il segno sembra quasi una C dalla forma sgraziata. Ricorda quello che si vedeva sui computer degli anni Ottanta, dove ogni lettera era un bitmap di otto pixel per otto e non c’era la possibilità di disegnare una controforma all’interno della a della chiocciola.

Nel Poiret One di Denis Masharov la a è isolata e circondata da un cerchio perfetto chiuso.

Nel Voltaire di Yvonne Schuttler la chiocciola sembra basarsi sulla forma di una e ruotata di 90 gradi in senso antiorario.

Difficile la scelta nel Ceasar Dressing: qui le lettere sono composte di rozze linee rette, come negli alfabeti primitivi diffusi nel Mediterraneo. Così la linea che compone la chiocciola si muove sui profili di due rombi uno dentro l’altro.

Nello Snowburn di Annet Stirling c’è una grazia sull’estremità esterna della spirale.

Per finire, nel Kenia, di Julia Petretta, la spirale è spezzata: si alza in verticale sulla destra e poi si interrompe; c’è poi un tratto a sinistra che sembra una parentesi quadra (arrotondata).

Tutti gli altri font adottano una o l’altra di queste soluzioni, adattando la forma di volta in volta allo stile delle altre lettere: ci sono chiocciole circolari, chiocciole strette, chiocciole quadrate, esagonali, con contrasto, senza, con la linea fa un giro completo o solo metà, e così via.

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