Identifont Blender
Tra i vari strumenti di Identifont ce n’è uno stranissimo: il Blender, che serve per trovare i font intermedi tra due scelti dall’utente.
La schermata iniziale fornisce alcuni esempi, suddivisi per categorie. Da sans a serif (Helvetica-Times o Verdana-Georgia), da sans a manoscritto (Arial-Comic Sans o Univers-Tekton), da sans a display (Akzidenz-Grotesk-Itc Bauhaus o Ff Meta-Hobo), da serif a calligrafico (Palatino-Itc Zapf Chancery o Lucida-Lucida Calligraphy), da serif a blackletter (Times-Old English o Mrs Eaves Wittenberger Fraktur) e da serif a display (Itc Garamond-Itc Benguiat o Bodoni-Eloquent).
Scelgo sulla combinazione più strana: da Times a Old English.
Il punto di partenza è il Times,uno dei dieci font più popolari al mondo, secondo il sito. Disegnato da Stanley Morison nel 1932, pubblicato da Adobe e Linotype, è una versione del Times New Roman della Monotype.
La tappa successiva è il Times New Roman, che è praticamente la stessa cosa.
Si passa allo Stanley, disegnato da Ludovic Balland nel 2012, pubblicato da Optimo. Il contrasto comincia ad aumentare, la A ha il tratto spesso che spunta in alto, le grazie di G e c cominciano ad essere più pesanti, e anche i tratti dei numeri iniziano a farsi notare.
Arriviamo poi al Noe Display, un altro progetto moderno, disegnato da Lauri Toikka nel 2013, fuori dai siti commerciali, si trova solo sul sito di Schick Toikka. Qui le lettere sono più strette e le grazie sono smaccatamente triangolari.
Poi tocca al Rudolph, disegnato da Hubert Jocham nel 2006. Questo è un serif dai tratti pesanti, black, tant’è vero che tra i caratteri simili ci sono vari font che hanno la parola Black nel nome. Le grazie delle maiuscole tendono ad essere triangolari, ma il raccordo è curvo e morbido, molto calligrafico. E anche nelle minuscole i tratti calligrafici sono evidenti, vedi la y o la z.
La tappa successiva è il Kltf Literatra, di Karsten Lucke, anno 2005, disponibile solo sul sito della sua fonderia. La forma di base delle maiuscole è romana, ma soprattutto nelle minuscole si notano tratti blackletter, ad esempio nella a o nella s in cui le estremità libere toccano i tratti della lettera, chiudendone i golfi, o nella e col trattino centrale in salita e un assottigliamento tra il tratto curvo a sinistra e quello in alto a destra.
Mancano ancora tre tappe prima di arrivare a destinazione.
Arriviamo all’Orbe, di Rui Abreu, anno 2008. Qui troviamo soltanto maiuscole, ma in due varinti. Le forme tendono ad essere medievali, a volte lombarde. Tra i caratteri simili il sito segnala quelli di Morris.
Da qui passiamo al Rebecca Grim, di Jana Harackova, 2014, Briefcase Type Foundry, anche questo poco conosciuto e disponibile solo sul sito della sua fonderia.
Non si tratta di un blackletter medievale ma di qualcosa di strano, adatto a qualche storia di vampiri o comunque del terrore. Le grazie sui tratti ascendenti delle minuscole sembrano delle lame affilate.
L’ultima tappa prima di arrivare a destinazione è il Cabazon di Jim Parkinson, 2005. Qui abbiamo una gotica quadrata medievale. Le maiuscole sono semplici, senza i tratti sottili che caratterizzano l’Old English. A volte i tratti verticali affiancati mi ricordano le lettere di Gutenberg, che però hanno una conformazione diversa, sono molto più complicate da leggere, non hanno tutti i tratti tondi che si vedono qui. Non a caso, tra i caratteri simili il sito non segnala Gutenberg, ma vari Fraktur moderni.
Da qui si arriva all’Old English che ben conosciamo, basato su un blackletter realizzato dalla fonderia di William Caslon in Inghilterra intorno al 1760. La versione mostrata dal sito porta la data 1994, firmata dallo staff della Monotype, pubblicata oggi da Itc e Letraset.
Mi piacerebbe vedere il percorso che va da Cabazon a Gutenberg, ma purtroppo non è possibile. Il sito conosce alcune digitalizzazioni dei caratteri dell’inventore della tipografia, ma non le ha ancora catalogate rispetto ai caratteri simili. Sarà per un’altra volta.
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