Zipper e Sabon

Vecchio libro di preghiere stampato per “editrice elle di ci”, gennaio 1986, S.G.S Torino.

In copertina un’immagine sacra di una Madonna con bambino, intorno margini azzurri con cornicette bianche e una grande scritta rossa, “preghiere”, tutto maiuscolo in un carattere in cui alcuni tratti orizzontali, non tutti, sono molto più spessi rispetto a quelli verticali.

Nella P, il tratto orizzontale superiore è spesso, quello di sotto è sottile. Idem nella R, con la differenza che l’occhiello è molto più piccolo. Nella E i tratti superiore e inferiore sono spessi, quello centrale più sottile.

Per farla breve, si tratta dello Zipper, disegnato da Bob Newman, pubblicato originariamente dalla Letraset nel 1970. Ne circola una versione digitale realizzata nel 2001 da Philip Kelly per la Itc.

Il testo all’interno del libricino invece è impaginato in un serif in cui la C sembra avere l’estremità superiore leggermente più a destra di quella inferiore.

Passo solo questa lettera al Font Moose di Luc Devroye e la prima risposta è: Sabon, disegnato da Jan Tschichold nel 1964, ritoccato poi nell’89, pubblicato oggi da Adobe e Linotype.

“Un discendente dei caratteri di Claude Garamond”, dice sinteticamente Identifont.

In effetti con l’apposito strumento offerto dal sito è possibile confrontare i due tipi. In particolare confronto il Sabon col Garamond della Adobe e viene fuori una sola differenza catalogata: quella relativa alla gamba della K, che ha due grazie nel primo font, una sola nel secondo.

Un’altra differenza che si nota al volo e che non è catalogata riguarda la gamba della R, affusolata nel Garamond, con grazia nel Sabon.

Le differenze sull’estremità inferiore della J si notano facilmente, le altre differenze sono più inafferrabili. Entrambe le Q hanno una coda con la punta all’insù, ma in maniera differente. La T del Sabon ha delle grazie meno asimmetriche rispetto agli altri Garamond. La f è meno ingombrante.

Su Fonts In Use viene raccontata la storia di questo carattere. Venne commissionato all’inizio degli anni Sessanta per essere prodotto sia su macchine linotype che monotype, oltre che per la composizione a mano. Questo ha portato a qualche limitazione, specie nelle versioni corsiva e grassetta, dice il sito citando a My Fonts.

Il sito ha raccolto 45 segnalazioni, tutte secolari, mi sembra. Se non sbaglio, l’ho visto in uso su degli opuscoli con i testi dei canti gregoriani, quindi non escludo che sia stato usato anche altrove per pubblicazioni religiose.

Per quanto riguarda i numeri, c’è da notare che il 4 è chiuso, a differenza del Garamond della Adobe che ce l’ha aperto, almeno nella versione maiuscola. I numeri sono maiuscoli, ossia contenuti tutti tra lo stesso limite superiore e inferiore. Quelli della Adobe invece, nella loro versione maiuscola, comunque sforano di poco, o sopra o sotto, a seconda.

Impaginazione semplice: titoli in rosso, tutto maiuscolo, testo in nero.

Semplici disegni molto stilizzati, in rosso e nero (più il bianco della pagina: per la scena della crocifissione la croce è rossa, il Cristo è nero, con esclusione del drappo in vita e della corona di spine che vengono lasciati in bianco.

Carattere speciale che si ripete: il quadrato outline (in rosso) che separa varie versioni della stessa preghiera. È il glifo numero u+25a1 di Unicode, presente di default in molti font, tra cui anche Times New Roman.

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