Bodoni Xt

Su Dafont spesso troviamo nelle prime posizioni della categoria Serif il Bodoni Xt di Manfred Klein.

Ultimamente neanche tanto: ora compare in seconda pagina, con circa 300 download giornalieri.

Ad attirare i click è soprattutto il nome, che è quello di un classico della tipografia, molto usato ancora oggi.

Giovanni Battista Bodoni disegnò i caratteri che portano il suo nome a Parma sul finire del Settecento. Come il contemporaneo Didot, francese, aumentò il contrasto tra tratti spessi e tratti sottili, e assottigliò le grazie, rendendole rettilinee. Un genere che venne definito moderno per distinguerlo dai caratteri rinascimentali e da quelli transizionali, e che in Italia è chiamato Bodoni, in Francia Didot, altrove Didoni, fondendo i due nomi per non fare torto a nessuno.

All’epoca non esisteva il concetto di famiglia di caratteri come lo conosciamo oggi, per cui lo stesso disegno di base viene riproposto in vari stili, in varie larghezze, in vari pesi. Per giunta non c’erano neanche i caratteri scalabili, quindi le lettere andavano ridisegnate, incise e fuse di nuovo per ogni versione e dimensione diversa. Quindi Bodoni non disegnò un solo carattere col suo nome, ma tanti caratteri, tutti nello stesso stile, a cui dava i nomi di città italiane e estere, con minime variazioni tra uno e l’altro. Oggi tutte le principali fonderie mondiali hanno realizzato un Bodoni, con qualche piccola variazione. La più nota riguarda la t: normalmente viene disegnata con la cima piatta, ma nel Bauer Bodoni, realizzato negli anni Venti, la t ha la cima a punta.

Identifont raccoglie ben 125 tipi di carattere che contengono la parola Bodoni nel nome. Alcuni fanno risalire il disegno originale all’autore settecentesco, tra cui quello messo a punto da Morris Fuller Benton nel primo decennio del Novecento, che è il più popolare. Altri invece vengono attribuiti solo al disegnatore che si è occupato della digitalizzazione.

Un editore italiano tempo fa notava la bellezza della f del Bodoni corsivo, che sembra una chiave di violino. Anche la versione regular può avere un aspetto nobile, come nel font disegnato da Fuller Benton.

Nello Shore Bodoni, disegnato nel 2000 da un certo Robert Alonso per Ba Graphics l’asta della f si restringe in alto per fare spazio al bottone che sta sull’estremità. Qualcosa di simile avviene anche nella parte inferiore della J, maiuscola e minuscola.

Il Bodoni Xt però è in leggera controdendenza: ha una f che nella parte superiore sembra schiacciata. L’asta curva improvvisamente poco sopra il tratto orizzontale, che quasi viene toccato dalla punta della lettera. Mi ricorda i personaggi dei cartoni animati appena hanno preso una padellata in testa.

Qualcuno ha mai disegnato qualcosa di simile?

Pare proprio di no. Passo soltanto questa lettera al Font Moose di Devroye, e il risultato più vicino che il sito riesce a trovare è il Quercus Serif Medium. Che ha una f con estremità ripiegata su sé stessa e a goccia, ma che resta ben lontana dal tratto orizzontale.

Il font è stato disegnato da Frantisek Storm nel 2014 per la sua fonderia. Non ha le grazie bodoniane, né le forme (la C ha solo una grazia in alto).

Al secondo posto Font Moose ci mette il Corporate Demi della Urw, che ha delle grazie con raccordo curvo e il rigonfiamento dell’estremità superiore della f è appena accennato.

Al terzo posto c’è il Deccan Medium, dell’immancabile Indian Type Foundry, che somiglia al Quercus ma ha un restringimento lieve nella parte superiore dell’asta, e soprattuto niente angoli alle estremità della grazia inferiore e del trattino orizzontale: tutte le estremità sono arrotondate.

Più giù si trova il Prillwitz che ha grazie rettangolari sottili, con angoli all’estremità, e tratto ascendente della lettera f terminato a goccia e ripiegato su sé stesso (anche se rimane relativamente alto).

Guardare tutte le lettere non mi dà una bella sensazione. C’è qualcosa di forzato, di disarmonico, nella coda della Q, nella gamba della R, nei terminali della S e della T. Perfino nei tratti curvi di m e n.

Il font risulta disegnato da Johann Carl Ludwig Prillwitz e Ingo Presuss nel 2006, per la sconosciuta Preuss Type.

Dice Identifont che Prillwitz fu un incisore tedesco che realizzò i primi caratteri Didot nel 1790. Un famoso editore li utilizzò in molti libri. Non c’è nessun altro font a suo nome.

Commenti

Post più popolari