Da Times New Roman a Garamond
Da poco ho scoperto il Blender di Identifont, uno strumento che permette di passare da un font all’altro tramite vari font intermedi.
Si sceglie il punto di partenza e il punto di arrivo, e il software vede se il secondo font è simile al primo, o è simile a uno di quelli simili al primo, o a quelli del livello successivo, e così via. Quindi restituisce il percorso che va dall’uno all’altro: il font A è simile a B che è simile a C...
È qualcosa che ricorda la teoria sociologica dei sei gradi di separazione, formulata nel 1929, in base alla quale è possibile arrivare da una persona ad un altra con in media cinque passaggi intermedi.
Non sembra che il numero sei sia basato su risultanze scientifiche. Era più che altro un’ipotesi. Inoltre non si trattava del valore massimo, come pensano in molti, ma di quello medio. Due individui si conoscono di persona, altri due sono separati da undici gradi... La media è sei.
Anche nel mondo della tipografia i passaggi possono essere più di sei, ma non troppi di più: uno dei percorsi suggeriti, da Times a Old English prevede solo otto font intermedi (diciamo sette, visto che c’è anche il Times New Roman che è pressoché uguale al Times) anche se il carattere di partenza e quello di arrivo sono completamente diversi.
Oggi ho provato un percorso meno accidentato: quello che va da Times New Roman a Garamond. Per gli addetti ai lavori sono due mondi diversi, ma per i profani sono pressoché la stessa cosa: caratteri serif dalle forme tradizionali. Distinguere il Times dal Palace Script o dallo Stop o dall’Impact è facile, distinguere Times New Roman da Garamond richiede attenzione ai dettagli, agli spessori, alle sfumature.
Certo, per gli specialisti che sanno distinguere un Garamond dall’altro tra i due font non c’è paragone possibile. Ok. Ma quale percorso ha trovato Identifont per passare dall’uno all’altro?
I font intermedi sono quattro.
Il primo è lo Stanley, disegnato da Ludovic Balland nel 2012, pubblicato da Optimo. Ha una g con l’occhiello inferiore un po’ deformato, una A con l’asta più spessa che spunta in alto, una P aperta, un 4 idem, una Q con coda che finisce allargandosi invece che a punta. Come pure le estremità di a, c, f. Insomma, è qualcosa di un po’ più sgraziato rispetto al font disegnato nel 1931 per il Times di Londra.
L’ispirazione comunque, ad esempio per la e, deriva dal Times. Anche a giudicare dal nome: quello che è uno dei più celebri font al mondo è stato disegnato da un tale che si chiamava Stanley (Morison), come questo font.
Da qui si passa allo Swift, disegnato da Gerard Unger nel 1995. Il nome Unger l’abbiamo già incontrato altrove, ma si tratta di un altro disegnatore: Ralph M. Unger, che ha digitalizzato parecchi font rétro. Comunque questo Gerard non è un disegnatore qualsiasi visto che i suoi font sono pubblicati da Linotype. Lo Swift è uno dei suoi font più ricercati, sul sito.
Qui troviamo grazie triangolari, una C con due becchi e zero speroni, una Q con coda che va a sottolineare l’inizio della lettera successiva.
Il passo seguente è il Sabon, e questo ci dice che siamo quasi arrivati. Il Sabon infatti è un classico: disegnato da Jan Tschichold nel 1964, è già un garamond, o meglio un lontano discendente dei caratteri disegnati dal francese Claude Garamond cinque secoli fa. Qui troviamo una T con grazie che spuntano anche in alto, entrambe pressoché verticali.
L’ultima tappa prima di arrivare al Garamond è... il Monotype Garamond. In pratica siamo già arrivati con leggero anticipo. Qui la T ha le grazie asimmetriche, quella di sinistra obliqua, quella di destra verticale.
Il disegno viene fatto risalire al 1499, con l’intervento dello staff Monotype nel 1922. C’è la dicitura “Not available for purchase”. Come sarebbe non è in vendita? Che c’è a fare sul sito?
Qui la Q non è ingombrante. La coda è relativamente lunga, con curvatura costante, ma non va a sovrapporsi alla lettera successiva. La P rimane aperta, e l’estremità del tratto curvo punta all’insù.
Tra i tanti Garamond, quello che il sito ha scelto come punto di arrivo è quello della Microsoft, che si può anche acquistare separatamente su Fonts.com.
Non è identico a quello della Monotype?
Un altro strumento di Identifont permette di confrontarli a colpo d’occhio.
I due font sono identici, l’unica differenza è che in quello della Microsoft una i con accento circonflesso riesce ad entrare nella penultima riga dell’anteprima anziché nell’ultima.
Eppure il sistema automatico del sito riesce a trovare una differenza, completamente inventata visto che la lettera appare identica in entrambe le versioni: nel font della Monotype la giunzione tra i lati obliqui della K e la verticale lascerebbe un piccolo spazio, mentre nella versione della Microsoft i tratti si toccherebbero.
A giudicare da quello che si vede nell’anteprima, si tratta di un errore di catalogazione.
Ricapitolando, i font intermedi tra Times New Roman e Garamond (Monotype) sono solo tre: Stanley, Swift e Sabon.
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