Il monogramma di Hitler
Nel 1983 il settimanale tedesco Stern annunciò uno scoop: era entrato in possesso dei diari di Hitler, pagandoli profumatamente. Sessanta quaderni autografi, di cui iniziò a pubblicare i contenuti. La stampa mondiale diede grande risalto alla notizia. Peccato che quando gli esperti analizzarono il materiale si resero conto che si trattava di falsi: carta e inchiostro di quel tipo entrarono in produzione solo nel decennio successivo alla fine della guerra. Il contenuto delle pagine era attinto da discorsi pubblici, note biografiche, con qualche opinione personale aggiunta. La credibilità della stampa subì un duro colpo. I capi redattori del giornale furono costretti a dimettersi, il giornalista che si era occupato della storia finì sotto processo.
Ma il dettaglio che più è sotto gli occhi di tutti è il monogramma con le iniziali di Adolf Hitler, che si trovava in lettere dorate sulle copertine, e che a sua volta finì nella foto a tutta pagina sulla copertina di Stern. Perché la lettera che è stata utilizzata per la A in realtà è una F. L’autore aveva comprato lettere gotiche a basso costo in un negozio, in plastica per giunta, e le aveva attaccate senza rendersi conto dell’errore.
Una delle immagini caricate su Wikipedia per illustrare questa storia è appunto il confronto tra le lettere FH che sono state usate e quelle che invece sarebbero dovute essere usate. Nell’immagine però viene utilizzato il font Engravers Old English, che è simile a quello usato dal falsario, ma non identico. Infatti nel font i tratti sono separati uno dall’altro, mentre nelle lettere in plastica sono uniti tra di loro. Inoltre nel font si vede l’inconfondibile svolazzo sottile al disotto della H, mentre nelle lettere in plastica il tratto è chiuso da una grazia, sempre in stile gotico.
La parte sinistra della F è molto simile alla parte sinistra delle lettere I e M nella testata del quotidiano romano Il Messaggero. Verso destra partono i due tratti tipici della F (quello di sopra ondulato, quello di sotto rettilineo), ma c’è un sottile tratto verticale che scende e chiude la lettera anche dal lato destro. Quello che ha spinto tutti a scambiarla per una A. Nell’Engravers Old English la A ha una forma semplicissima, con l’aggiunta di un paio di grazie in alto a sinistra.
L’Old English è un font molto popolare anche in epoca informatica, ma non si tratta della stessa versione del font usato per l’anteprima di Wikipedia. Tra Old English e Engravers Old English ci sono infinite differenze.
La H dell’Engravers può essere facilmente confusa con una G quadrata. La H dell’Old English ha il tratto di destra curvo e che finisce sotto la linea di base. La F non ha il tratto sottile che la chiude a destra. La A ha una lunga grazia semicirlolare che crea un occhiello in alto a sinistra, e un tratto aggiuntivo che chiude la lettera in basso, tra le due gambe, diciamo.
Praticamente tra i due font non ci sono lettere in comune: basta un solo glifo per capire se si tratta del primo o del secondo.
La versione usata da Wikipedia per rendere l’idea di come sarebbe dovuto essere il monogramma corretto è quella commercializzata dalla Bitstream. Ne esiste un’altra, che pure si chiama Engravers Old English che è identica a quella della Bitstream in quasi tutte le lettere. Tranne la H.
In questa versione, diffusa dalla Monotype, la H ha una forma più consueta, da maiuscola, col un tratto orizzontale e uno lungo verticale, mentre quella della Bitstream, e dei finti diari di Hitler, ha più che altro la conformazione della minuscola, col tratto di destra che non arriva fino sopra ma a mezza altezza. Manca lo svolazzino sotto la lettera, che è comunque presente nella minuscola anche in questa versione.
In Germania fino agli anni Quaranta il gotico era ancora molto usato, per i titoli ma anche per i testi. Non si trattava però di Old English, quindi la forma delle lettere era diversa.
In particolare la A: su una carta intestata che si trova sul sito della casa d’aste Nate D. Sanders si vede una A dalla forma che ai nostri occhi appare molto insolita. Una specie di numero 21.
Il documento risale alla prima metà degli anni Trenta. Redatto da un calligrafo, la firma di Hitler è solo aggiunta frettolosamente in ultima pagine.
Stranissima anche la grafia della riga sotto l’intestazione, in caratteri monoline composti solo di linee rette, molte delle quali in pendenza. Sembra che tutto il documento sia stato redatto a mano.
Un biglietto risalente alla fine del decennio aveva l’intestazione in normali caratteri sans, tutti in maiuscolo.
Per quanto riguarda l’interno dei diari, era redatto in una calligrafia in cui spesso non resta bianco all’interno degli occhielli, e l’asse è molto inclinato a destra. Per giunta dovrebbe basarsi su un sistema di scrittura ottocentesco ormai in disuso, col risultato che ai profani le parole risultano completamente illeggibili, almeno a giudicare da quello che si vede sulla copertina di Newsweek che titolava “Falsi”, “Scoperta la bufala su Hitler” (Forgery – Uncovering the Hitler hoax”).
Del resto anche nel documento ufficiale del 1934, redatto da un calligrafo, con lettere nitide e tanto spazio bianco all’interno degli occhielli, è difficile riconoscere le parole (a parte “Cuba” e “von”).
Molte delle lettere hanno una forma base completamente diversa rispetto a quella che si insegna nelle scuole italiane.
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