Noto Serif Japanese

Titoli e articoli sul sito dell’Irish Times, quotidiano di Dublino, sono scritti un serif pulito e ordinato.

Do un’occhiata al codice e c’è scritto Noto Serif Jp.

Ci deve essere un errore. Il Noto Serif è facilmente riconoscibile, le lettere c-a-r hanno i terminali superiori a forma di onda, mentre sul sito sono a goccia.

In realtà avevo sottovalutato il “Jp” che compare in coda al nome. Che è l’abbreviazione di “japanese”.

Noto è una famiglia di caratteri tipografici pensata per rappresentare tutte le forme di scrittura antiche e moderne. Il nome è l’abbreviazione di “no tofu”, dove i tofu sarebbero quei simboli rettangolari tutti uguali che compaiono quando il software non riesce a trovare le forme delle lettere inserite in una pagina web. Nelle intenzioni degli sviluppatori, un utente non dovrebbe mai più imbattersi nei tofu mentre naviga sul web. Il font dovrebbe supportare tutte le lettere di qualunque sistema di scrittura.

Secondo Wikipedia, la famiglia ora comprende un centinaio di font, per un totale di circa 64 mila caratteri, meno della metà di quelli catalogati dallo standard Unicode.

A commissionare i font è stata Google. Oggi sono diffusi tutti sotto licenza Sil, fino al 2015 la licenza era Apache 2.0.

I Noto Serif che si trovano su Google Fonts sono 32. Oltre alla versione base ci sono giapponese, cinese, coreano, gujarati, thai, devanagari, tamil, georgiano, balinese, ebraico, etiope, armeno, lao, khmer, tibetano eccetera eccetera.

In teoria le lettere latine dovrebbero essere le stesse, con un’aggiustatina alle metriche per tenere conto dei caratteri dei diversi sistemi di scrittura. In pratica no. Le lettere latine di Noto Serif Japanese, Chinese e altri sono diverse da quelle della versione di base.

Nel Noto Serif normale la a ha l’estremità superiore ad onda e la grazia in basso a destra con fondo piatto. Nel Noto Serif Japanese l’estremità superiore della lettera è a goccia, e quella inferiore è arricciata lievemente all’insù.

Inoltre i tratti sono più leggeri.

Evidentemente ai giornalisti irlandesi è piaciuta di più questa versione e l’hanno adottata.

La descrizione del font su Google non dice nulla di specifico, limitandosi a ripercorrere la storia delle lettere latine dalle origini. 

Identifont non conosce la versione giapponese del font, ma solo quella di base.

Secondo le statistiche fornite da Google, il font è stato richiesto di recente 2 milioni di volte in Brasile, quasi 2 milioni in Cina, 1 milione e 200 mila in Germania, 181 mila in Canada e 63 mila in Australia. In tutto il mondo è stato incluso in 130 mila siti web.

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