Un manuale di calligrafia. Il Gotico Corale
Nell’Ottocento l’impaginazione era una faccenda molto complicata. Bisognava rivolgersi ad una tipografia, commissionare un prodotto, aspettare che venisse realizzato. Per le aziende era molto più facile compilare i documenti a mano. Che non significa soltanto avere un modulo prestampato e riempire le varie colonne pre-impaginate, ma realizzare a mano l’intero modello. Avete presente? L’intestazione della pagina, il nome della tabella e delle singole colonne: entrate, uscite, unità vendute, prezzo, totale...
Per questo motivo c’era un impiegato apposito, e c’erano corsi e manuali che insegnavano come destreggiarsi tra le varie calligrafie e pennini. Eh, già, perché bisognava distinguere le varie parti del documento: l’intestazione magari veniva realizzata in blackletter con un pennino molto largo, poi la riga sottostante in un corsivo ad asse verticale, in dimensione minore, poi si usava un corsivo molto inclinato in avanti, e poi qualche scritta stampatella italica in piccolo per le varie colonne della tabella, possibilmente con qualche svolazzo per abbellirle.
Anni fa ho trovato in vendita in una libreria la ristampa anastatica di un manuale di calligrafia realizzato da Angelo Signorelli Editore, Roma. L’anno non è specificato, il costo originario era di 500 lire, l’unica aggiunta moderna era un adesivo giallo col prezzo in euro: 3,90. Il manuale era composto da dieci fogli piegati in due, più un cartoncino rosa per la copertina, con doppia spillatura al centro. Il formato era 27 centimetri di larghezza e 20 di altezza.
Si cominciava con la scrittura inglese, ossia una corsiva molto inclinata in avanti. Qualcosa di simile al Kunstler Script, con qualche svolazzo aggiunto qua e là a seconda delle esigenze (è un manuale di calligrafia, non un font!). Palace Script e Edwardian Script sono diversi perché mancano gli occhielli sulle l.
Segue il carattere rotondo, con asse verticale, qualcosa di simile a quello che viene insegnato ai bambini nelle scuole, ma con le n più appuntite e le maiuscole più elaborate. Mentre oggi si usa la biro, che lascia un segno di uguale spessore in tutte le direzioni e a tutte le pressioni, all’epoca coi pennini si poteva dosare il contrasto tracciando la lettera: alcune parti del tratto sono più sottili, altre più spesse.
Dopodiché troviamo la scrittura italiana, che è una corsiva con asse inclinato in avanti, ma meno che nella inglese. Qui mancano gli occhielli sui tratti ascendenti (b, l...), tranne che su f ed s lunga. La r ha la forma stampatella.
La successiva è la scrittura francese, che è quasi uguale a quella italiana, tranne per gli occhielli sui tratti ascendenti (b,h,l,k) e la r di forma corsiva. Oltre che per le maiuscole, come per esempio la A a punta anziché quella rotonda.
Troviamo poi lo stampatello aldino, che non ha bisogno di presentazioni, e l’illeggibile corsiva tedesca, all’epoca evidentemente ancora utilizzata da qualcuno.
Viene poi la cancelleresca romana, coi lunghi tratti ascendenti e discendenti, curvati in avanti i primi e all’indietro i secondi, che ha lasciato qualche traccia anche nei font che si trovano in giro al giorno d’oggi (il Tangerine...).
Si passa poi ad imparare il gotico antico, che è una variante dell’Old English, o del Parchment quando si tratta di fare degli svolazzi calligrafici attorno alle maiuscole.
Troviamo poi il gotico moderno, con le aste molto sinuose, ispirato alle forme usate in quei tempi in Germania.
Poi abbiamo gotico corale, numerosi esempi di combinazioni per impaginare i documenti e alcuni set utili: carattre romano, iniziali per miniature (basate sul gotico moderno) e alfabeto ornato, con angioletti e rami frondosi.
Il gotico corale mi giunge nuovo. Detto anche delle pergamene, risale ai secoli tra il quattordicesimo e il sedicesimo. La scrittura usata per tracciare il testo dei codici e dei libri corali, dice la presentazione.
Abbiamo delle minuscole sine pedibus
(senza grazie) dalle forme rotonde che ora non vanno molto di moda,
abituati come siamo all’Old English che ha la o quadrata: qui la o
è a mandorla.
Nella stessa pagina ci sono due set di maiuscole:
il secondo mostra delle lettere che definirei lombardic perché
qualcosa di simile si trova in un font con questo nome. Una buona
digitalizzazione gratuita, abbastanza fedele si trova nel
Wenstminster Gotich, di Dieter Steffmann, dove però queste lettere
sono abbinate a delle minuscole quadrate strette e con svolazzi.
Le altre maiuscole del gotico corale invece sono caratterizzate da una coppia di sottili tratti obliqui in salita nelle lettere B, D, G, H, M, N, O, P, Q, U, V, Y e Z.
Mi colpiscono perché ho visto qualcosa di simile su una tomba in un cimitero monumentale, di recente. Un cognome scritto tutto in maiuscolo con lettere di questo genere.
Difficile trovare qualcosa del genere: nell’Old English e derivati i due trattini sottili della N sono curvi e orizzontali.
Il Killigrew di Paul Loyd ha i trattini in pendenza, ma il lato destro della lettera è verticale, mentre nel gotico corale la lettera N rischia di confondersi con la D o con la O.
Qualcosa che ci si avvicina è il Charta Magna di De Fharo, che però ha parecchie grazie sulla sinistra e su Dafont si trova solo nella versione ombreggiata.
Il Kings Cross, di Steffman, ha una N con doppio tratto sottile in salita, ma è eccessivamente decorata.
Qualcosa di concettualmente simile, anche se con due tratti mancanti è l’Oldprint, di Luca Ricossa. Che è senza dubbio una versione di gotica corale, anche se è un progetto un po’ difettoso: ci manca la w, la s è disponibile nella versione lunga e la r nella versione rotunda. La d è quella senza tratto rettilineo. Il disegno delle lettere lascia un po’ a desiderare. Evidentemente è modellato in maniera amatoriale su una stampa d’epoca.
Cosa mi ricorda? Il frontespizio di un’edizione del Milione di Marco Polo datata 1496.
Editore: Zoanne Baptista da Sessa milanese. Impresso in Venezia.
Il frontespizio viene mostrato su Wikipedia nell’articolo dedicato al libro, mentre l’intero testo di 181 pagine può essere sfogliato sul sito della Biblioteca Europea di Informazione e Cultura.
Interessante notare l’aspetto primitivo che aveva questo libro all’interno. Ovviamente non era in gotico, ma in romano. Solo che era un romano molto scuro, con pochissimo margine prima dei bordi esterno e superiore della pagina. Non si andava mai a capo, quindi le parole riempivano tutto lo spazio a disposizione. L’unico abbelimento era il capolettera di ogni capitolo, alto due righe. In che stile? In gotico corale, ma nell’altro set di maiuscole, quello Wenstminster.
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