Facile dire Times New Roman


Questo è l’incipit di La notte dei desideri, romanzo scritto da Michael Ende, qui nell’edizione Salani del 1990.

L’autore è famoso per La storia infinita, da cui è stata tratta una trilogia cinematografica, e per Momo, da cui e stato tratto un cartone, mentre da quest’opera derivò una serie tv animata.

La dimensione del testo è molto grande: corpo 14, addirittura, ma si tratta di un libro per ragazzi (28 righe per pagina).

Comincia per Q, e questo semplifica le cose per me, perché di solito questa è la prima lettera che vado a cercare. In questo caso l’aspetto è molto familiare: è quella del Times New Roman, e infatti anche gli altri dettagli combaciano.

Ma in questi giorni mi sto soffermando parecchio sulle f che si usavano una volta, quando le limitazioni dovute all’uso dei caratteri in metallo impedivano al tratto superiore di allungarsi in avanti. E infatti qui vediamo che l’estremità in questione si ferma a una certa distanza dal carattere che segue, senza invadere il suo spazio. Di più: quando la lettera successiva è una i, non c’è bisogno di usare la legatura perché la punta dell f non tocca il punto (settima riga).

Tutto questo non corrisponde con le caratteristiche a cui siamo abituati col font che viene fornito con Windows, dove l’estremità superiore delle f invade lo spazio della lettera successiva, e quando sono disattivate le legature va a sovrapporsi in parte al punto che si trova sulla i.

Scatto una foto alla pagina è provo a scriverci sopra col pc. Altre differenze ancora più evidenti saltano all’occhio. Guardate il tratto discendente della p. È cortissimo, e anche l’occhiello inferiore della g è più schiacciato. 

 

La prima riga è scritta col Times New Roman di default del mio pc. Sotto c'è la foto (un po' storta) dell'incipit del romanzo stampato trent'anni fa. Si notano molte differenze.
 

Inoltre il contrasto è minore: i tratti sottili non sono così sottili come nel font digitale. Un effetto dovuto allo spargersi dell’inchiostro sulla carta?

Forse no. Passo la foto di qualche parola a What The Font e il sito mi risponde: Times New Roman Seven.

La presentazione non dice niente di preciso, ma si sa che esistono vari Times New Roman e il numero che segue il nome è quello della dimensione per cui era stato pensato in origine. In questo caso sarebbe 7 punti, ossia la metà esatta della dimensione scelta per il libro in questione. E questo spiegherebbe il perché del minore contrasto: nei caratteri pensati per i titoli si possono fare tratti molto più sottili in proporzione rispetto a quelli spessi, ma in piccolo mantenere la stessa proporzione farebbe sembrare le lettere un po’ scolorite, sia sullo schermo che su carta.

L’apposito strumento di Identifont permette di confrontare a vista i due caratteri, ed effettivamente si nota sia la minore estensione dei tratti discendenti, sia la maggiore robustezza nei tratti del Seven.

“No differences found”, dice il sito, che è tarato per riconoscere le differenze oggettive, non le sfumature.

Tuttavia nel font che ci viene fatto vedere, credo che la f si spinga un tantino più avanti di quanto non faccia nel libro di trent’anni fa. Possibile che sia stato un po’ adattato alla sensibilità moderna.

Una curiosità: nel Times New Roman installato su Windows, tra la f e la a la crenatura è 0. Normale, dite voi: la spalla destra della prima lettera è negativa (-208), quindi non c’è bisogno di crenare. Già, ma allora perché la casella contiene il numero 0 anziché essere vuota? Perché è stata creata una coppia di crenatura in cui è stato fissato un valore nullo? 

C’entra qualcosa la crenatura per classi? Probabilmente sì, visto che con altre lettere la casella kerning della f resta vuota.

Per approfondire, si può aprire il font con FontForge, cliccare nella barra dei menù su Elemento e poi su Informazioni Sul Font. Nella scheda Lookups si clicca sulla scheda Gpos. Si espande la tabella “kern” (lookup 0), si seleziona la sottotabella e si clicca a destra su Modifica Dati.

In una casella sulla sinistra, con la dicitura Seleziona Classe Contenente scriviamo f.

Nella tabella sottostante troviamo tutte quante le coppie che coinvolgono la f come prima lettera. In gran parte dei casi il valore è 0, ma non sempre.

Con’un altra f abbiamo una crenatura negativa (-37); con l’apostrofo una crenatura positiva (113). E nient’altro. 

Senza bisogno di installare software aggiuntivo, possiamo verificare quello che succede usando un normale programma di videoscrittura, come OpenOffice, ed evidenziare soltanto la f. La lettera ha una spalla negativa: significa che l'estremità superiore sporge a destra rispetto allo spazio assegnato alla lettera (finisce sul bianco anziché sul giallo). Con la a la crenatura è 0. Con un'altra f abbiamo poche unità di crenatura in negativo: le due lettere sono avvicinate di poco. Lo spazio evidenziato è più stretto in maniera impercettibile. Quando invece dopo la f c'è un apostrofo, ci sono ben 113 unità di crenatura in positivo. Si vede a occhio che il rettangolo giallo della terza riga è più largo rispetto a quello della riga superiore. La lettera non fa parte di altre coppie di crenatura, neanche col punto o con la virgola, a differenza di altri font, come per esempio il Garamond (dove invece è la doppia f a non essere crenata).

 

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