Meglio fare che fare bene?

C’è un proverbio inglese che dice “Better done than perfect”, oppure “Done is better then perfect”. Cioè: è meglio portare a termine un lavoro, che continuare a perfezionarlo all’infinito senza completarlo mai.

Tempo fa avevo trovato un font ispirato al Romain Du Roi, un tipo di carattere realizzato in Francia alla fine del Seicento. Si tratta di uno dei primi progetti in cui le lettere venivano costruite geometricamente fin nei minimi dettagli. Fino a quel momento la forma veniva riprodotta a occhio, sulla base delle antiche iscrizioni romane o della calligrafia in uso su lettere e manoscritti. In questo caso invece si partiva da una griglia composta da un certo numero di quadrati, ognuno dei quali suddiviso in una griglia di quadretti più piccoli. Ogni asta doveva avere quindi una larghezza ben precisa, matematicamente definita, e ogni tratto curvo doveva ricalcare una parte di una circonferenza con un raggio ben preciso e un centro chiaramente indicato sulla griglia.

Tutto ciò può sembrare normale al giorno d’oggi, visto che qualunque font digitale è disegnato impostando le coordinate dei punti su un piano cartesiano, ma era una novità all’epoca.

I disegni realizzati da un’apposita commissione presso l’Accademia Reale francese vennero stampati grazie alle incisioni di un certo Louis Simonneau, mentre i punzoni vennero incisi da Philippe Grandjean. Il font venne poi usato per stampare dei libri, a partire dal 1702.

Una versione digitale è stata realizzata da un certo Gert Wiescher, di Wiescher Design, e si trova su My Fonts già dal 2008. Si chiama Royal Romain e comprende quattro stili: regular, italic, bold e bold italic.

Non è molto utilizzata, l’aspetto delle lettere è fuori moda. Perfezione geometrica non necessariamente significa aspetto gradevole. Alcune soluzioni sono molto singolari. La i e la l ad esempio hanno l’estremità superiore simmetrica a quella inferiore. Per distinguere la I maiusola dalla l minuscola, oltre a un diverso spessore, quest’ultima ha una specie di grazia che spunta sul lato sinistro dell’asta (alla stessa altezza del tratto centrale della f). Caratteristica riconoscibile e però che lascia perplessi. 

Devroye non cita il font di Wiescher né altre versioni digitali dei caratteri di Grandjean. Su Reddit si citava un altro font digitale che circolava e che è stato rimosso (una copia non autorizzata?).

Tempo fa avevo trovato uno sconosciutissimo font amatoriale che voleva riprodurre le lettere del Romain Du Roi. Che avevo duramente stroncato, visto che mi sembrava troppo approssimativo.

Rileggendo quello che avevo scritto ho pensato di avere un po’ esagerato. In fondo mettere in circolazione un font gratuito è meglio di niente. Coi personal computer, chiunque può realizzare il progetto che vuole. E anche se non è perfetto che importanza ha? Basta metterlo in circolazione con licenza libera, che permette agli utenti di migliorarlo e redistribuirlo, così il prossimo aspirante designer non deve ricominciare il progetto da zero ma può concentrarsi sul migliorare una base che già c’è.

Il font amatoriale in questione, messo a punto negli anni Novanta da un certo Abraham “Abe” Nemon, è appunto distribuito con licenza Sil Ofl 1.1.

Ha fatto bene, no?

Senonché ho ridato un’occhiata al font in questione, e mi ha dato lo stesso effetto deprimente che avevo sentito all’epoca.

Prendere un font in cui già si sa che ogni tratto curvo è ricalcato su una circonferenza, e disegnare i tratti curvi tutti bitorzoluti, sommando linee di curvatura diversa, ha senso? Aggiungere in un font geometrico una x e una z ricalcate su una stampa antica irregolare non geometrica ha senso? Occuparsi delle metriche solo sommariamente, così che basta scrivere qualche parola non presente nell’anteprima per vedere delle lettere toccarsi in maniera tale che nessuna commissione di nessuna epoca avrebbe mai approvato, serve a qualcosa?

Il font è inserito in un sito che si chiama Old Book Appreciator, sul quale ci sono digitalizzazioni di altri tipi di carattere che hanno fatto la storia. Tra le altre cose, c’è un font con le lettere cancelleresche dell’italiano Ludovico Arrighi. Che non sono geometriche, ma calligrafiche. E che comunque nella digitalizzazione hanno un aspetto molto più impacciato rispetto alle vere incisioni realizzate da Arrighi.

Per principio ho sempre pensato che non ha senso criticare gli gli altri se non si è realizzato niente di meglio. Ma se uno fa uno scarabocchio e dice che è una riproduzione della Gioconda di Leonardo posso avere qualcosa da ridire?

Si potrebbe obiettare: ma da un prodotto gratuito cosa ti aspetti? Se fosse stato di qualità l’avrebbero venduto a pagamento. Giusto. Ma se uno mi invita a pranzo a casa sua, gratuitamente, e mi dà da mangiare pasta mezza cruda, carne bruciacchiata, insalata zuccherata, frutta acerba e caffè salato, devo per forza dire che va tutto bene solo perché non ho pagato?

Comunque, a parte questo, il sito è interessante. Ha una impaginazione da web 1.0, con una cornice tratta da un libro sui metodi di composizione ornamentale del 1905. Il testo è composto coi propri caratteri, ispirati su un romano ottocentesco della Bulmer / Shakespeare Press.

Se non altro mette in evidenza dei nomi che è difficile trovare altrove (Jacques Francois Rosart, Johannes Enschedé), e magari può spingere qualcuno a tentare di fare di meglio. 

 

Geometrico? A sinistra, le incisioni originali con tutti i parametri. A destra, una lettera del font amatoriale che ne è stato tratto.

 

La versione amatoriale del carattere. Nell'originale tutte le linee tonde sono ricalcate su circonferenze, mentre qui i contorni procedono un po' a tentoni, e perfino il punto è molto asimmetrico. Lo spazio tra le lettere è improponibile. Le due g si toccano in basso, per non parlare delle due f, e del modo assurdo in cui il punto della i si sovrappone all'estremità della f. Un disegnatore inesperto potrebbe facilmente migliorare il progetto, solo dedicandoci un po' di tempo.  







Qui si vede come si è regolato un designer professionista nel progetto che è in vendita su My Fonts: le g non si toccano, il punto della i non interferisce con la f. C'è da dire che nel font digitale ci sono tutte le legature riguardanti la f, anche le meno usate (quelle con b, h, j); comunque non tutti i sofware sono impostati per eseguire la sostituzione automatica, quindi bisogna pensare a una soluzione di ripiego che vada bene pe tutti gli utenti; in questo caso le lettere f e i si distanziano un po' rispetto al normale. La F e la E le ho inserite per mettere in evidenza il fatto che sono identiche nella loro parte superiore (nel font amatoriale i tratti centrali partono da altezze diverse l'altezza da cui parte il tratto centrale e la forma delle grazie non combacia). A sinistra si vede la differenza tra la I maiuscola e la l minuscola, con quell'insolita punta sulla sinistra che altrove non si usa (visto che le lettere i e l di solito hanno l'estremità superiore in pendenza e con grazia solo a sinistra, a differenza di quanto avviene qui).


 

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