Corso di tipografia (in inglese)

Su Youtube si può vedere un video di 40 minuti in inglese intitolato “The Ultimate Guide to Typography – Free Course).

Realizzato in maniera professionale, anche se relativamente statica, con montaggio, musica, immagini, grafici e tutto il resto, parte dalla storia dei caratteri tipografici, toccando poi le definizioni, le classificiazioni, le famiglie, la leggibilità. Si occupa poi dei principali errori di impaginazione, e dei criteri per scegliere i caratteri giusti, combinando tra di loro vari stili diversi.

È possibile eventualmente attivare la traduzione automatica dei sottotitoli, che permette di farsi un idea di quello che viene detto anche a chi non capisce l’inglese. Con qualche problema riguardante la terminologia. Uno dei capitoli della lezione infatti riguarda la distinzione tra font e typeface, che per gli anglofoni è importante. In italiano entrambi i termini possono essere tradotti con la parola carattere.

Questa definizione comunque varia da persona a persona. Nel video si dice che un font è caratterizzato da stile, peso e dimensione ben precisi di un certo typeface. In base a questa definizione una scritta in Times New Roman 12 punti e una in Times New Roman 48 sarebbero in due font diversi. Che è una cosa diversa rispetto a ciò che è percepito da un comune utente, visto che nei programmi di videoscrittura esistono due caselle separate, una per il carattere e una per la dimensione. Per chi usa questi programmi, cambiare la dimensione di una scritta non significa cambiare font.

Sia font che typeface può essere tradotto in italiano come tipo di carattere, abbreviato carattere. Ma carattere è anche la parola che indica la singola lettera dell’alfabeto o il segno tipografico. In inglese esiste una terza parola che indica questo concetto: character. Che ha altri significati, tra cui quello di personaggio. Non a caso, quando nel filmato si parla dei caratteri, nel senso di caratteri tipografici, la traduzione automatica di Youtube scrive personaggi.

Il risultato è che la traduzione in alcuni punti è poeticamente assurda. Quando si parla di sans serif umanisti e si dice che “The g goes back to being a double story character”, ossia “la g torna ad essere un carattere a due piani” (nel senso che ha due occhielli), il software traduce: “La g torna ad essere un personaggio a doppia storia”. Che non vuol dire proprio niente.

Nella lezione viene fornita una classificazione molto più dettagliata di quella disponibile su molti siti commerciali. I serif sono suddivisi in old style, transizionali, moderni e slab. I sans in grotesque, neo grotesque, umanisti e geometrici. Poi vengono citati gli script, divisi in due categorie, formal e casual. La categoria calligraphic viene aggiunta a parte, come pure quella handwriting. Infine vengono presentate le categorie blackletter e display o decorative.

Per ogni gruppo vengono mostrate le caratteristiche principali, ne viene citato un esempio, ne vengono suggeriti usi.

Il concetto di famiglia viene attribuito nel video a Morris Fuller Benton, tra fine Ottocento e inizio Novecento. Si tratta di mettere a punto vari font che condividono la stessa impostazione di base con variazioni di spessori, stile e proporzioni, e che vengono venduti con lo stesso nome di base. Nel video vengono fatti vari esempi. Qui possiamo fare l’esempio del Roboto, il più popolare sans di Google Fonts, che è disponibile in sei pesi diversi (thin, light, regular, medium, bold e black), ciascuno con la sua versione corsiva (che si chiama italic, ma è in realtà obliqua, visto che la f non acquisisce un tratto discendente), a cui si aggiunge anche la versione condensed, al momento solo in tre pesi (light, regular e bold) più relativi italici. In effetti Roboto è una super-famiglia, visto che il nome si estende anche a un monospace, a uno slab e a un serif, più il Flex, tutti già disponibili in formato variabile.

Nel filmato si parla poi di legibility e readability, due parole che in italiano possono essere tradotte entrambe come leggibilità, ma si riferiscono a due concetti diversi. Il primo implica la considerazione della presenza di grazie, del contrasto, degli elementi decorativi. Il secondo invece riguarda la dimensione, la scelta tra maiuscole e minuscole, l’interlinea, la larghezza della colonna, la spaziatura tra le lettere e il colore.

Tra i trucchi su come combinare tra di loro font diversi viene suggerito quello di scegliere caratteri realizzati dallo stesso disegnatore. Ogni disegnatore ha il suo stile, e questo rende compatibili tra di loro i vari lavori che ha realizzato.

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