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La famiglia Noto continua ad espandersi sempre di più, per includere tutte le forme di scrittura del mondo. Ogni nuovo alfabeto finisce in un file a parte. Inizialmente questi file compaiono in evidenza sulla home page di Google Fonts, poi si vanno a posizionare in fondo alla lista, visto che non interessano pressoché nessuno.
Oggi la lista si chiude col Noto Sans Mahajani, con lettere a forma di 6, di 9, di m o D calligrafica. Nessuno sa in che parte del mondo si usa questa scrittura.
Al penultimo posto c’è il Noto Sans Mandaic, strutturato come l’arabo ma molto più spigoloso.
Nella posizione successiva troviamo il Noto Sans Gunjala Gondi, strutturato come il devanagari, con una linea superiore che unisce tutte le lettere della parola, ma con lettere dalle forme tondeggianti e arzigogolate.
Troviamo poi il Noto Sans Old Sodgian, tipo l’arabo ma con lettere staccate; il Noto Sans Old Permic, che alla lontana mi ricorda l’Etiopia; il Noto Sans Tirhuta, ancora di gusto indiano; il Noto Sans Nabataean, che sembra un ebraico tracciato a mano.
Il Noto Sans Soyombo è una scrittura stranissima, mai vista prima. Sembra che ogni simbolo sia composto da un trattino verticale preceduto da un triangolino con la punta in basso e altre forme varie.
Il Noto Sans Meroitic deriva dai geroglifici: si vede un bovino, una leonessa, un occhio e un omino che saluta, il tutto disegnato a mano.
Risalendo, si passa di stranezza in stranezza: il Noto Sans Manichaean pure può sembrare una forma di scrittura accettabile, ma il Noto Sans Nushu cos’è? A cosa serve? Si vede un numero limitatissimo di simboli, senza spazi nello specimen. Non sono parole. E allora cos’è?
Poi troviamo il Noto Sans Elymaic, il Noto Sans Hatran (ebraico?) il Noto Sans Phags Pha (asiatico).
Il Noto Sans Duployan pure non contiene una forma di scrittura, ma dei simboli strani, trattini con freccette che indicano la direzione da seguire.
Il Noto Sans Lycian è di lettere maiuscole, come gli antichi alfabeti italici, greci o fenici.
Il Noto Sans Sogdian è una specie di arabo, mentre il Noto Sans Indic Siyaq Numbers è un arabo calligrafico.
Nel Noto Sans Mayan Numerals ci sono solo i numeri usati dagli antichi Maya. Il Noto Sans Linear B dovrebbe essere derivato da un’antica forma di scrittura, e così via.
C’è il Linear A, che raffifura varsi antichi di tutti i generi. Ci sono il fenicio, le rune, l’ogham. Il cuneiforme. I geroglifici anatolici. Le emoji, in bianco e nero e a colori. I geroglifici egizi. E poi Buginese, Bamum.
E tutti questi file contengono anche l’alfabeto latino, quindi impostare il filtro della lingua non ci libera da questa invasione di font che per noi sono inutili, inutilizzabili.
Il primo che incontriamo che non fa parte della famiglia Noto, risalendo la lista, è il Redacted, di Christian Naths. Ma anche questo è inutile, perché tutte le lettere sono occupate da un quadratino nero. Serve semplicemente per riempire dei documenti di prova, nei quali è importante valutare solo il layout senza un testo che distragga l’attenzione. Per giunta anche lo spazio è un quadrato nero, per cui non si vede neanche la separazione tra le varie parole, più lunghe e più corte.
Tolto questo, il font normale meno gradito di tutta Google Fonts oggi è l’Explora. È un corsivo, firmato da Robert Leuschke come molti dei corsivi che si trovano sul sito. Le lettere sono separate tra di loro. La e è una specie di c con trattino centrale. I tratti sono molto sottili. È di difficile lettura in dimensione testo, ma anche a 48px affatica gli occhi.
“I suoi tratti leggeri e delicati contribuiscono alla sua eleganza”, dice la descrizione. Per giunta, contiene anche i caratteri degli indiani Cherokee e della lingua vietnamese.
I caratteri Cherokee possono essere esaminati nella scheda Glyphs presente sul sito. Il Vietnam apparentemente non ha una sezione apposita.
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