Harappa e la scrittura dell'Indo
Nel 2014 è stato pubblicato uno studio su alcune lastre di rame con delle parole e dei disegni incisi, ribaltati, risalenti forse al terzo millennio avanti Cristo.
I reperti sono stati ritrovati nella valle dell’Indo, e vengono ricondotti alla civiltà sorta nei pressi della città di Harappa.
Wikipedia in italiano non ne fa menzione. Su Wikipedia in inglese se ne parla in una pagina dedicata a tutte le lastre indiane contenenti iscrizioni. Un paragrafo è dedicato a quelle Tamil, un altro a quelle Kerala.
Il materiale usato è il rame. L’ipotesi che circola è che fossero usate per stampare.
In un video su Youtube in una qualche
incomprensibile lingua indiana è stata inserita un’animazione in
cui si immagina un uso simile a quello di un timbro (abbastanza
improbabile, penso). Dei fogli scorrono uno dopo l’altro, e un
braccio ci preme sopra il cliché. Più avanti viene anche esaminata l’ipotesi che servissero per imprimere la forma in un materiale molle. Le didascalie nel filmato almeno sono in inglese.
Uno studio dettagliatissimo su queste
lastre è stato pubblicato su Ancient Asia, il giornale della Società archeologica sud-asiatica, con tanto di foto al microscopio e
analisi dei materiali. Nella parte finale si esaminano tutti gli indizi che fanno pensare che questi oggetti potessero essere usati per stampare. L’ipotesi è abbastanza radicale, visto che le prime testimonianze dell'invenzione di una qualche forma di stampa risalgono a parecchi secoli dopo. Della civiltà in questione non ci resta nessuno dei supporti deperibili cui si sarebbe potuto stampare, quindi mancano le prove decisive.
I caratteri non somigliano affatto a quelli in uso oggi in India. Fanno parte della scrittura dell’Indo (Indus script o Harappan script, in inglese).
Esistono molti sigilli su cui sono incise lettere di questa scrittura. Di solito contengono nomi o parole brevi, e questo implica notevole difficoltà di decifrarli e risalire alla lingua che si parlava all’epoca.
Wikipedia ne mostra varie foto. Ovviamente i sigilli non servivano per stampare con inchiostro, ma per imprimere la forma delle lettere e il disegno su un materiale molle che poi veniva fatto solidificare.
La forma di ciascun carattere ricorda il disegno di oggetti comuni nel mondo antico.
Sono stati catalogati in totale oltre 400 caratteri diversi, il che fa pensare a una scrittura logo-sillabica. A complicare le cose c’è il fatto che vari segni dalle forme simili si riferiscono allo stesso suono (allografi): su Wikipedia vengono mostrate addirittura 27 varianti di uno stesso segno.
Finora la scrittura dell’Indo non è stata inserita in Unicode. È stata solo messa a punto una codifica, Iso 15924, ed è stato realizzato un font che fa uso dell’Area di Uso Privato.
È ancora possibile procurarsi il font grazie al sito Archive.org. Su cui si può vedere la lista di 386 segni diversi, alcuni dei quali hanno anche più di una decina di varianti. Il file contiene poco meno di duemila glifi.
Li si può vedere scorrere tutti, uno dopo l’altro, in un video di 25 minuti pubblicato su Youtube, con musica indiana da meditazione in sottofondo.
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