Spirit duplicator

Non c’è nessuna voce su Wikipedia in italiano dedicata a quello che in inglese si chiama Spirit Duplicator.

Si tratta di una tecnologia inventata nel 1923 e rimasta in uso almeno fino agli anni Sessanta.

Serviva per stampare in un numero limitato di copie documenti realizzati su carta speciale. Una specie di ciclostile, usato nelle aziende, ma anche nelle scuole, ad esempio per preparare varie copie di un test da sottoporre agli studenti di una classe.

Wikipedia in inglese mostra anche un giornalino scolastico realizzato con questa tecnica.

Per preparare la matrice da inserire nella macchina c’era bisogno di un foglio di una specie di carta carbone, che trasferiva una sostanza, che in inglese viene chiamata wax, cera, sul foglio che le veniva messo davanti.

Si poteva scrivere a penna o a matita sul foglio, oppure battere a macchina un testo. Il disegno o le lettere comparivano, ribaltati, sul lato posteriore del foglio.

Il procedimento agisce in maniera opposta alla carta carbone, che passa i segni sul foglio sottostante. In questo caso infatti è necessario invertire la direzione del testo sulla matrice, perché poi questa direzione verrà invertita nuovamente in fase di stampa.

Il foglio così preparato veniva messo in un’apposita macchina, simile a un ciclostile. Originariamente il cilindro veniva fatto girare con una manovella, mentre negli ultimi modelli funzionava con un motore elettrico.

La matrice veniva messa sul cilindro. Una volta messa in funzione, la macchina prendeva automaticamente i fogli e li stampava. La particolarità è questa: non c’era inchiostro, nella macchina. L’inchiostro infatti si trovava nella cera che era rimasta attaccata sul foglio. Doveva essere sciolto usando lo spirito, da cui il nome della tecnica. Tra l’altro, questo spirito aveva un buon odore, e quelli che hanno usato queste macchine all’epoca lo ricordano molto intensamente.

Quando l’inchiostro contenuto sulla matrice iniziava ad esaurirsi, le stampe venivano fuori scolorite. Questa tecnica non poteva essere usata per stampare un numero illimitato di copie, quindi. Ma per i test da distribuire agli studenti di una o più classi era più che sufficiente.

Su ogni macchina c’era ovviamente un serbatoio per lo spirito, che doveva essere riempito quando questo si stava per esaurire.

Su Youtube è possibile vedere un video realizzato negli anni Sessanta per spiegare, con calma e chiarezza, come usare questa tecnologia. Un capitolo è dedicato agli errori: esistevano appositi strumenti che permettevano di grattare via la cera in corrispondenza dello sbaglio.

Se si voleva rimuovere una parte del testo, lo si poteva ritagliare usando un taglierino, per poterlo eventualmente inserire di nuovo attaccandolo con lo scotch, o in alternativa si poteva coprire usando lo scotch.

In America le macchine per eseguire le copie usando questa tecnica venivano chiamate Ditto machines, dal nome dell’azienda che per prima le aveva messe sul mercato. Altri nomi erano Rexograph negli Stati Uniti, Banda machine nel Regno Unito, o Gestetner machine in Australia.

La voce italiana di Wikipedia non nomina neanche la parola spirito.

Il sito RiccardoGhinelli.it invece ricorda di sfuggita le “macchinette a spirito”, ma dice che permettevano di fare una copia soltanto.

Possibile? Beh, magari l’autore all’epoca era molto giovane, i ricordi sono approssimativi. Wikipedia in inglese scrive che le copie di qualità accettabile dovevano essere all’incirca una quarantina.

Dice anche che la luce ultravioletta scolorisce rapidamente l’inchiostro usato. Se esposto alla luce diretta del sole, un documento diventa illeggibile nel giro di un mese. E anche alcune lampade elettriche emettono luce che scolorisce questo tipo di inchiostro. Per questo motivo i documenti che hanno un valore storico e che sono stati realizzati con questa tecnica devono essere memorizzati su un supporto più durevole, prima di scomparire definitivamente.

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