Francobolli falsi
Su Wikipedia c’è una lunga e dettagliatissima pagina dedicata alle falsificazioni dei francobolli.
Vengono elencati numerosi casi da ogni parte del mondo, dai primi tentativi amatoriali di risparmiare sulla corrispondenza con la propria fidanzata fino alle truffe più grandi.
In alcuni casi i francobolli vengono falsificati per frodare il servizio postale, in altri casi per ingannare i collezionisti, visto che c’è gente disposta a spendere una fortuna per ottenere un francobollo raro.
Nell’articolo vengono fatti tantissimi nomi, tra cui il primo è quello di Jean de Sperati, il cui vero nome era Giovanni Desperati. Nato in Toscana nel 1884, si era trasferito poi in Francia. È considerato un artista nel suo campo, perché i suoi francobolli falsi sono pressoché indistinguibili dagli originali, tanto sono fatti a regola d’arte.
Wikipedia in inglese racconta nel dettaglio un episodio. Nel 1942 un carico di francobolli tedeschi di valore venne intercettato alla dogana, e Desperati venne incriminato per esportazione di capitali. Lui si difese affermando che si trattava di copie realizzate da lui, ma un esperto stabilì che i francobolli erano originali e si andò a processo.
Lui affermò di non essere un falsario ma un artista, e di avere semplicemente dimenticato di contrassegnare i suoi lavori come copie. Venne condannato a un anno e al pagamento di una forte somma per le sue “intenzioni criminali”.
I suoi cliché sono stati acquistati nel 1954 dall’Associazione Filatelica Britannica.
I suoi falsi hanno un valore per i collezionisti, ma sono difficili da riconoscere. In gran parte sono passati inosservati.
Di solito non si parla di particolari stratagemmi in filatelia per evitare le falsificazioni, come avviene con le banconote dove ci sono filigrane, ologrammi, eccetera.
Ci si concentra soprattutto sulla qualità della stampa e della dentellatura. E in effetti quest’ultima è difficile da ottenere con mezzi di uso comune. Chiunque può acquistare una stampante di qualità in grado di ingannare un acquirente distratto, ma come ritagliare il profilo dentellato del francobollo?
Oggi molte delle comunicazioni girano per via telematica, e sono gratuite, quindi mettere in circolazione francobolli falsi è un’impresa meno appetibile dal punto di vista economico. Però in tempi recenti sono pure state segnalate delle falsificazioni elaborate, che hanno richiesto una certa tecnologia.
Su un blog si può leggere la spiegazione di un esperto che spiegava nel 2012 (undici anni fa, ormai) come riconoscere i francobolli falsi che erano stati da poco messi in circolazione.
A differenza di quelli del passato, su cui bisognava inumidire la colla sul lato posteriore, quelli moderni sono adesivi, e vanno staccati da fogli dotati di codici a barre.
Nelle foto sul sito si possono notare le differenze tra quelli veri e quelli falsi. Uno degli elementi da notare è il tratteggio, ossia i taglietti che permettono di staccare il rettangolo su cui è incollato il francobollo. C’è da notare poi la dentellatura, spigolosa, incavata e molto marcata sugli esemplari falsi.
Inoltre bisogna osservare la stampa del codice a barre e dei dettagli.
Sul francobollo che viene mostrato è presente una microscritta che dice “poste italiane”.
C’è poi il disegno di una busta da lettere riempito da un colore disposto come la trama di un tessuto. Nel francobollo falso questa trama si intuisce, ma è meno definita.
Un dettaglio da osservare con attenzione è il codice del foglio. In questo caso infatti avviene il contrario di quello che ci si aspetterebbe: nel falso la forma delle lettere è nitida, e le linee del codice a barre sono allineate, mentre nell’originale la stampa è irregolare.
Questo perché apparentemente nel falso è stato usato un font per le lettere e le cifre che compongono il codice. Il contorno può essere un po’ frastagliato, ma l’interno delle aste è colorato in maniera uniforme. Negli originali invece viene usato qualcosa di simile a una stampante a aghi con font bitmap: le aste non sono riempite in maniera uniforme ma sono costituite da una serie di puntini. Mi sembra di vedere che le cifre sono larghe 12 o 14 puntini, con aste di spessore 2.
Certo si può creare un font con queste caratteristiche, ma serve molto più tempo. Inoltre ogni volta che si stampa la stessa cifra la forma è la stessa, mentre sull’originale è ogni volta diversa, a causa dell’allineamento della puntina e del modo in cui si sparge l’inchiostro.
I difetti nel codice a barre originale derivano dal fatto che è stampato con lo stesso dispositivo, per righe successive. Ogni riga è allineata in maniera diversa, per cui le barre hanno un andamento ondulato in maniera irregolare. Quest’effetto potrebbe essere riprodotto scrivendo un apposito programma per computer, che richiede tempo e conoscenze.
Inoltre un programma per computer non può annullare le caratteristiche dovute alla tecnica con cui si sta stampando. Visto al microscopio, un semplice puntino rotondo ha un alone particolare lungo il contorno se stampato con la tecnica usata dai falsari, e non ce l’ha se stampato con una stampante ad aghi o simile.
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