John Baskerville
I caratteri di Baskerville sono un punto di riferimento fondamentale della tipografia occidentale.
Insieme con quelli di Garamond, Caslon e Bodoni, costituiscono una delle scelte classiche quando si tratta di impaginare un libro di letteratura.
Sono disponibili in varie versioni, acquistabili a parte ma anche incluse nei programmi di videoscrittura o scaricabili gratuitamente (vedi il Libre Baskerville che si trova su Google Fonts).
La Q con coda zigzagante che è caratteristica del Baskerville è stata di modello per molti altri font, come pure altri dettagli come l’inclinazione delle grazie.
Wikipedia in italiano fornisce soltanto cinque righe di biografia, limitandosi a dire che Baskerville era “noto per la sua attività di tipografo” e che “creò alcuni nuovi caratteri da stampa”.
L’articolo racconta inoltre la storia dei suoi caratteri in metallo, spariti nel diciannovesimo secolo e ritrovati all’inizio del Novecento a Parigi. Le matrici si trovano ora alla Imprimerie Nationale a Parigi.
“A Baskerville si devono anche importanti innovazioni nella tecnica della stampa e nella produzione di inchiostri”, dice l'articolo
Sulla versione in inglese dell’enciclopedia c’è molto di più, visto che Baskerville era inglese.
È nato nel 1707 e morto nel 1775. È ricordato soprattutto come “printer and type designer”, stampatore e disegnatore di caratteri, ma era un imprenditore attivo in vari campi. Tra le altre cose sviluppò un nuovo tipo di carta, e si occupava di tecniche decorative.
Il suo incisore si chiamava John Handy.
I suoi caratteri erano ammirati dallo stampatore americano e uomo politico Benjamin Franklin.
Wikipedia mostra varie foto di alcuni frontespizi di libri stampati da Baskerville, tra cui una Bibbia. Secondo l’usanza dell’epoca, lo stile del lungo titolo cambiava ad ogni riga: si passava da scritte in maiuscolo tondo, in varie dimensioni, a scritte in gotico decorato da svolazzi calligrafici, a scritte in corsivo o in minuscolo.
Baskerville era ateo, e chiese di essere seppellito in un edificio di sua proprietà, considerando il suo “disprezzo per per ogni superstizione e per la farsa di un terreno consacrato”, in polemica con “i frammenti di moralità casualmente mescolati” alla Rivelazione e col “più sfacciato abuso del buonsenso che sia mai stato inventato per ingannare l’umanità”.
Alla fine dell’Ottocento i suoi resti sono stati trasferiti in una catacomba consacrata. Negli anni Sessanta del Novecento qualcuno lanciò una petizione per riportarli in suolo non consacrato nel rispetto della volontà dello stampatore, sembra che non se ne sia fatto nulla.
Nel Settecento la fabbricazione di caratteri tipografici era completamente diversa rispetto a qeuella a cui siamo abituati. Oggi il font designer lavora da solo, e quando ha messo a punto il disegno delle lettere può convertirlo in un font scalabile che può essere usato subito in qualsiasi dimensione. Inoltre esiste il concetto di famiglia di caratteri tipografici, per cui lo stesso carattere viene realizzato in varie versioni con proporzioni diverse in termini di spessori e larghezza. Inoltre i caratteri display la fanno da padroni: servono per realizzare pubblicità, manifesti, banner, per colpire l’attenzione del pubblico con la loro originalità.
Nel Settecento invece la tipografia aveva a che vedere solo con le pagine dei libri: non c’erano pubblicità e segnaletica, quindi lo sforzo principale era quello di produrre dei caratteri che fossero perfetti per i testi letterari. Non c’erano macchine che permettessero di ridimensionare in automatico le lettere, per cui i punzoni in ognuna delle dimensioni previste dovevano essere realizzati a mano: una volta pronte tutte le lettere dell’alfabeto in una certa grandezza, bisognava ricominciare a disegnare e incidere a mano le stesse lettere in dimensione maggiore e minore. Quindi, mentre un artista si preoccupava di incidere i punzoni, vari operai dovevano ottenerne delle matrici e fondere da queste i caratteri in metallo per far fronte alle ordinazioni da parte degli stampatori. Non erano in uso neanche i punti tipografici: ognuna delle grandezze standard era caratterizzata da un nome ben preciso.
Ci possiamo fare un’idea guardando uno specimen attreibuito a John Baskerville, Birmingham, che è stato caricato su Pinterest. Abbastanza monotono, secondo i nostri standard.
La pagina è divisa in due colonne.
Il testo è sempre lo stesso testo ripetuto più volte, quello di
un’orazione di Cicerone in latino. Nella prima è in stile Romano. Le grandezze sono Double Pica,
Great Primer, English, Pica, Small Pica, Long Primer e Burgeois. (Pica corrisponde all’incirca a 12 punti tipografici).
Nella seconda troviamo i corsivi (Italic) nelle prime sei dimensioni, mentre al settimo posto troviamo la dimensione Brevier nella versione Roman, che non entrava nella prima colonna.
Insomma, abbiamo solo due stili, Roman e Italic, presentati in 7 e 5 dimensioni diverse. Ogni testo mostra anche un capolettera da due righe. Ai lati si vedono vari set di maiuscole in dimensioni maggiori. La forma dellle lettere rimane quasi sempre la stessa. L’unica eccezione che salta all’occhio è la R, che mentre nelle maiuscole sulla sinistra ha la gamba ondulata, in quelle sulla destra ce l’ha rettilinea, con grazia in punta, sul lato destro.
L’enciclopedia mostra anche un monumento che è stato in eretto in onore di Baskerville a Birmingham nel 1990. Sono praticamente dei punzoni, alti forse un metro e qualcosa, sul cui lato superiore sono incise le lettere di Baskerville. Ovviamente la forma è rispecchiata e la parola che compongono va letta da destra a sinistra: “virgil”, ossia Virgilio, per via di una delle edizioni più famose, stampata nel 1857.
Il frontespizio si può vedere in una delle foto nell’articolo di Wikipedia in inglese. In questo caso vennero sono usate soltanto le maiuscole, con un paio di righe in corsivo. “Publii Virgilii Maronis – Bucolica, Georgica et Aeneis. - Birminghamiae – Tipis Johannis Baskerville – MDCCLVII”.
Il gruppo di lettere AE non viene presentato come una legatura, ma tra le due lettere non viene aggiunto spazio quando la parola viene espansa.
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