Bingdats

Omniglot è un sito enciclopedico contenente informazioni molto interessanti su qualsiasi forma di scrittura esistente al mondo, e anche su quelle inesistenti.

Ieri ho visto la pagina dedicata alle forme di scrittura basate sui colori, ossia quelle in cui è assegnato un colore diverso ad ogni lettera dell’alfabeto o ad ogni vocale. Progetti sperimentali, immaginati da qualcuno che aveva tempo da perdere e non utilizzati in pratica da nessuno, neanche dagli stessi autori, che ci avranno giocherellato un po’ sul momento per poi abbandonare il progetto, data la sua inutilità.

Il sito comunque offre una pagina dedicata ai constructed script, con tanto di istruzioni per gli inventori di nuovi sistemi di scrittura su come inviare una segnalazione al sito. Che ovviamente darà spazio al progetto solo se lo considererà interessante.

Ci sono anche link a siti che forniscono informazioni avanzatissime sui sistemi di scrittura. La cosa più semplice che uno possa pensare è associare una forma inventata ad ogni lettera latina. Questo cambia l’aspetto delle parole, ma non le regole di base. Esistono altri modi di creare un alfabeto, ad esempio associando un segno ben preciso ad un suono ben preciso. Perché usare la stessa lettera, c, per tre suoni diversi, ciao-cane-scienza? O due lettere per un suono solo (gn- in gnomo)? Esistono quindi alfabeti basati su principi fonetici, senza contare il fatto che lingue diverse dalla nostra possono avere dei suoni che noi non abbiamo. Il più usato è l’alfabeto fonetico internazionale, fondamentale per gli studi linguistici e per fare da ponte da una lingua all’altra (indicando la pronuncia sui vocabolari).

Ma poi esistono forme di scritture più primitive. Gli abjad, ad esempio, formati solo di consonanti. Ci sono poi gli alfasillabari, i sillabari alfabetici e i semisillabari (chi conosce la differenza?). Ci sono gli abugida e i sillabari propriamente detti. I logosillabari, sistemi di scrittura in cui si usano simboli per indicare intere parole e simboli per indicare alcune sillabe. C’è poi la logografia, dove ogni segno indica una parola o il senso da dare a una parola (ad esempio se va intesa al plurale, o in caso di verbi se è passato o futuro). Infine ci sono scritture logoconsonantiche.

Il senso di scrittura non è scontato: per noi è naturale procedere da sinistra a destra, per arabi ed ebrei da destra a sinistra, ma c’è anche chi scrive in verticale (partendo da sinistra o da destra), di solito dall’alto ma volendo anche dal basso. Ci sono le scritture bustrofediche, per cui una riga si legge in un senso e la successiva nel senso opposto, ossia tornando indietro. Ci sono scritture che procedono a zigzag, e chi più ne ha più ne metta.

Il sito Neography racconta tutto quello che c’è da sapere, in inglese.

Comunque, per spiegare come preparare la scheda di una scrittura inventata, Omniglot mostra l’alfabeto Bingdats, realizzato con alcune emoji realmente esistenti.

La base è una semplice corrispondenza: ad ogni lettera latina corrisponde un’emoji che raffigura un animale o comunque qualcosa che inizia per quella stessa lettera, ovviamente in inglese.

La A è una formica (ant), la B un’ape (bee), la C un gatto (cat), la D un cane (dog) e così via: elefante, pesce (fish), capra (goat), cavallo (horse)...

Un’eccezione è la I che è ottenuta con due occhi. L’occhio in inglese si chiama eye, ma si pronuncia tale e quale alla i.

Il vero alfabeto è nato pressoché in questo modo. All’inizio si facevano dei disegni ad indicare l’oggetto a cui ci si riferiva, poi ogni segno ha iniziato a combinarsi con gli altri per indicare i suoni delle sillabe che componevano la parola complessa, infine la singola consonante o vocale associata all’oggetto raffigurato. La A era l’iniziale di aleph, ossia toro, e infatti ha la forma di una testa con due corna (nella nostra versione il naso punta in alto, ma anticamente l’orientamento era diverso).

Ovviamente si può creare un font sulla base di questo alfabeto, ma creando uno script per convertire un testo, o meglio ancora una tastiera software, si possono usare le emoji dei font esistenti, che sono di ottima qualità e a volte anche a colori.

Volendo, si può scrivere con questa tecnica anche senza avere bisogno di un font. Basta usare le emoji disponibili in un qualsiasi programma di messaggistica. Per la C si può inviare l’immagine di un cane, per la I quella di un ippopotamo, per la A un’aquila e per la O un orango.

Decifrare i messaggi è più facile che scriverli, quando uno sa le regole e conosce i nomi in italiano dei vari animali o cose. Per comporli invece bisogna fare una riflessione preliminare. Come fare per scrivere la lettera F? C’è un animale tra le emoji che ha quest’iniziale? Per la persona che riceve il messaggio è tutto più facile: se è capace di riconoscere un fenicottero rosa, può benissimo risalire all’iniziale.

Inoltre con questo sistema è anche possibile che i due interlocutori utilizzino simboli diversi per la stessa lettera (o anche che lo stesso interlocutore alterni tra vari simboli a seconda di come si sente): se uso un cavallo, un cammello, un canguro o una capra al posto del cane per indicare la C, il messaggio si capisce lo stesso (se uso un castoro o un calamaro un po’ meno, se il destinatario non riconosce l’animale a partire dal suo aspetto).

Un giochetto divertente, soprattutto per chi è molto giovane, o per chi ha un amico appassionato di enigmistica. 

Gli antichi geroglifici sono stati abbandonati perché disegnare i vari simboli richiedeva tempo e abilità. I software moderni hanno eliminato quest’ostacolo, visto che chiunque può inserire facilmente un disegno in un testo semplicemente pigiando un pulsante.

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