Paperino e la stampa

Nel 1986 venne pubblicata su Topolino 1617 una storia intitolata Paperino e la stampa.

Sul web se ne può vedere una tavola, ossia una pagina con tre vignette.

Si vede Paperino contentissimo perché si è fatto stampare un biglietto da visita col suo nome in caratteri gotici da Gutenberg in persona. Un tipografo con capelli e baffi bianchi dice “meglio cambiare scena” e fa un gesto magico che porta entrambi in avanti nel corso della Storia. “Con lo stesso abito?”, si stupisce Paperino. “Siamo andati avanti solo di 33 anni”, dice il tipografo. L’inquadratura si allarga e riprende tutta la bottega di Aldo Manuzio, “il primo tipografo italiano”, “passato alla storia per la bellezza dei suoi lavori”.

Manuzio è al centro di una stanza con pareti e pavimenti in pietra, alle prese con una pressa da stampa in legno, cicondato da tavoli con fogli e barattoli e uno scaffale con dei libri.

Il cappello e la pettinatura sono ricostruiti sulla base del suo ritratto più famoso, stampato in un libro di metà Settecento, Vita di Aldo Pio Manuzio

I colori del fumetto sono a forte contrasto e dai contorni imprecisi, come si usava all’epoca.

Più di recente, nel 2016, le strade di Paperino e Manuzio si sono incrociate di nuovo.

Stavolta l’occasione era il cinquecentenario della morte del famoso stampatore veneziano. Nella città lagunare era stata organizzata una grande mostra, e contemporaneamente sul settimanale Disney, arrivato al numero 3151, venne pubblicata la storia “Zio Paperone e i libri segreti di Paperus Picuzio”.

Arte.it pubblica la foto della vignetta iniziale della storia. Qui non si vedono viaggi nel tempo, ma Paperino e Zio Paperone in costume quattrocentesco. Il cartiglio in alto, a forma di pergamena, dice “Venezia, sestiere di Rialto, anno 1495”. Attraverso gli archi di un portico si vede sullo sfondo il ponte di legno apribile al centro che si trovava dove oggi c’è il ponte di Rialto che conosciamo. Nel canale si vedono delle gondole. I colori sono molto più tenui e accurati. Zio e nipote litigano in dialetto veneziano a proposito di un prestito.

Nell’ambito della mostra allestita a Venezia si sarebbero svolti anche dei laboratori per i più piccoli con la partecipazione dei disegnatori della rivista.

Un’altra vignetta si può vedere su Art Tribune: qui l’avaro Paperone inventa il piccolo formato per risparmiare sulla carta. Idea divertente, che prende spunto dal fatto che veramente Manuzio è famoso per la sua stampa di libri in ottavo, ossia in un formato più piccolo di quello che si usava all’epoca.

Un’altra parodia famosa coi personaggi Disney è quella di Pippo Gutenberg, scritta e disegnata da personale non italiano.

Qui l’accuratezza storica va a farsi benedire: troviamo invece una storia nella quale Gutenberg, interpretato da Pippo, fin da piccolo inizia i suoi esperimenti sulla stampa a partire dai cubi con lettere dell’alfabeto, per tentare poi di fabbricare caratteri da stampa usando le letterine della minestra. 

Alla storia è dedicato un volume in lingua italiana, sulla cui copertina si vede uno sbadato Pippo che schiaccia per sbaglio Topolino nella pressa. Quest’ultimo ha in mano il rullo per inchiostrare (che all’epoca di Gutenberg ancora non esisteva) e si ritrova con una scritta stampata in faccia.

Mentre nel fumetto italiano degli anni Ottanta si vede una pressa senza la barra per farla funzionare, qui si vede una sorta di argano con quattro barre all’estremità superiore della vite.

Assolutamente non è accurato dal punto di vista storico, ma si tratta solo di una storiella per far ridere i bambini. Se non altro è palese che la pressa è interamente in legno (si vedono le venature).

I torchi a vite verticale vennero usati per circa quattro secoli, prima di essere sostituiti da macchine di diverso genere, tra cui pianocilindriche e rotative.

Ovviamente anche in questo campo ci furono dei progressi: mentre ai tempi di Gutenberg il materiale usato era il legno, in seguito si usò il metallo, che era più resistente, indeformabile e permetteva regolazioni più accurate.

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