Scrivere in italiano con altri alfabeti
Se vediamo una scritta in arabo o in greco diamo per scontato che il testo sia in lingua araba o greca. In realtà, anche negli alfabeti diversi da quello latino che usiamo noi, ogni lettera indica un suono, quindi nessuno vieta di provare a trascrivere un testo in lingua italiana usando le lettere di un alfabeto diverso.
In inglese, c’è un tale che è rimasto così affascinato da questa idea da averci aperto un blog, Alternate Scripture Bureau. Poi si è messo a studiare vari alfabeti, a ideare sistemi per traslitterare l’inglese e ha condiviso i suoi risultati. Ha anche realizzato un video con una (bruttissima) canzone in inglese traslitterando ogni verso in un alfabeto diverso, mentre di recente ne ha traslitterate parecchie usando un sistema fonetico chiamato Rdio, inventato apposta.
Nelle intenzioni dell’anonimo blogger, tutto ciò serve a: 1) Capire come funzionano gli altri sistemi di scrittura; 2) Sviluppare apprezzamento per differenti culture; 3) Scrivere note segrete per sé stesso.
Manca la cosa più importante, ossia comunicare con gli altri. Ma a questo hanno pensato gli utenti che hanno visto i suoi video sul web e gli hanno risposto scrivendo in inglese con caratteri cirillici, coreani, devanagari e chissà che altro.
Quello che potrebbe sembrare a prima vista solo l’hobby di qualcuno che non ha niente da fare, in realtà è una questione molto seria su cui si sono concentrati veramente gli studiosi, per il semplice fatto che quando si traduce da una lingua all’altra si possono tradurre solo le parole comuni, non i nomi propri, che dovrebbero pronunciarsi più o meno nello stesso modo.
Quando leggiamo notizie che parlano del presidente ucraino, cinese o indiano in realtà ci troviamo di fronte una traslitterazione in lettere latine di nomi che normalmente vengono scritti usando altri alfabeti.
E gli stranieri fanno la stessa cosa. Ce ne possiamo rendere facilmente conto cercando il nome di un personaggio famoso, o di una città, su Wikipedia e scorrendo la lista delle edizioni in altre lingue.
Sul cellulare viene data una visione di insieme, mentre su pc bisogna passare il puntatore sul nome di ciascuna lingua per vedere la traduzione.
Già che stiamo parlando di presidenti, ho cercato Sergio Mattarella.
La voce è presente in 101 lingue, se non sbaglio.
La prima parte della lista è abbastanza monotona: sono tutte le lingue che fanno uso dell’alfabeto latino, per cui il nome resta invariato. Con qualche eccezione: in lingua azerbaigiana il nome Sergio viene traslitterato Serco, mentre in lettone è Serzo, con un diacritico particolare al disopra della z.
In latino il nome diventa Sergius, Sergiu in siciliano.
Il primo alfabeto strano che troviamo è quello greco. È facile riconoscere, interpretare e ricordare le singole lettere, visto che è strettamente imparentato con quello latino (derivano entrambi da uno stesso alfabeto antico). Così, anche senza parlare la lingua, possiamo renderci conto di una cosa. Il nome Sergio è composto da sette lettere anziché sei. Infatti ne servono due per ottenere il suono g, che per noi è un suono normale ma in molte lingue non è presente (nella versione dolce come in gelato, mentre in quella dura come nella parola gatto è molto comune).
Il cognome del nostro presidente invece conta solo otto lettere anziché dieci. Perché? Mancano entrambe le doppie. Evidentemente in greco non si usano.
Andiamo ad altri due alfabeti esotici che sentiamo abbastanza vicini: l’ebraico e l’arabo. Entrambi si scrivono da destra a sinistra. L’ebraico è composto di lettere separate quindi è più facile contarle. E i conti non tornano. Il nome Sergio è composto di cinque lettere soltanto, di cui una sembra solo un apostrofo, e il cognome... pure sono solo cinque lettere!
Che fine hanno fatto le lettere
mancanti? Il fatto è che quello ebraico non è un alfabeto, ma un
abjad, ossia una versione primitiva in cui le vocali non vengono
trascritte. La prima lettera (a destra) è una s, la seconda è una
r. Manca la e.
Per il cognome, troviamo una m, una t, una r e una l. Anche qui le
doppie non esistono. Ma anche così i conti non tornano. Già perché
non sempre le vocali spariscono. Alcune lettere che ne possono segnare il posto ci sono.
Lo stesso discorso vale per l’arabo. Che è più difficile da interpretare per chi non lo ha studiato, perché composto di lettere che si uniscono una all’altra, cambiano forma a seconda del punto della parola in cui si trovano, a volte si fondono in qualcosa di diverso rispetto alle lettere singole.
Qui troviamo una s seguita da una r. Di nuovo la e è scomparsa. Poi c’è una g, un segno che può essere interpretato come i (quello coi due puntini sottostanti) e una u.
Il problema è che anche nel cognome
troviamo quello stesso segno coi due punti sottostanti. Com’è
possibile, se nel cognome non c’è la i? In realtà quello stesso
segno può indicare anche la e presente nella parola Mattarella, che
non scompare a differenza della e che sta nella parola Sergio. Il simbolo che indica la u vale anche come o.
Immagino quanti studi e quante regole ci sono dietro, e quanti professori hanno discusso su quale era il sistema migliore per traslitterare l’italiano.
Molte scritture asiatiche o africane ci sono completamente aliene. Direi che è come se fossero turco, sfruttando un celebre modo di dire, se non fosse che la Turchia oggi usa l’alfabeto latino, quindi in turco il nome di Mattarella si scrive esattamente come in italiano.
Concludiamo col cinese. Nome e cognome si scrivono con sette ideogrammi in tutto. In cinese di solito non c’è lo spazio tra le parole, ma qui troviamo un puntino centrale tra i primi tre glifi e gli ultimi tre.
Vi assicuro che non parlo cinese, eppure, incredibile a dirsi, uno di quei segni l’ho riconosciuto. Il primo di quelli che compongono il cognome. Infatti l’ho già visto nella traslitterazione della parola Roma.
Il cinese è anche una scrittura logografica, ossia alcuni dei glifi corrispondono a parole intere. Ma ovviamente per la traslitterazione da una lingua straniera bisogna sceglierli in base al loro valore fonetico.
E non si tratta di una scrittura alfabetica, ma sillabica.
La parola Roma si compone solo di due glifi, e il secondo è uguale al primo dei quattro che compongono la parola Mattarella.
Come al solito, il nome Sergio ci crea qualche problema. In italiano infatti viene diviso in due sillabe, ma i cinesi usano tre segni per ottenere questa parola.
Il primo segno si pronuncia se e indica il verbo bloccare (una strada) o riempire (una cavità).
Il secondo si può pronunciare er o re, ma in certe lingue è stato usato anche per ngi o ni. Può siginficare tu o tuo.
Il terzo si pronuncia jiao, diau, jieu, cheu, ziou o roba del genere, a seconda delle lingue, e può significare bruciato. Oppure carbone coke.
Insomma, Sergio si divide in tre sillabe se-r-gio, per cui si usano i segni delle parole bloccare-tu-carbone.
Se copio questi tre simboli in Google Translate, il sito traduce correttamente Sergio. Se invece li inserisco separatamente, mettendo un punto tra uno e l’altro, la traduzione diventa “Ripieni. Voi. Coca Cola”. E la pronuncia (tolti i diacritici): Sai. Er. Jiao. Sergio, appunto.
Ovviamente nel nome del presidente la Coca Cola non c’è. È un semplice difetto del software, che interpreta la parola coke non come il nome della qualità di carbone ma come il nome della bevanda, e la traduce di conseguenza. Immagino che la traduzione cinese-italiano passi attraverso l’inglese.
Per curiosità provate a pensare a un personaggio famoso, vivente o storico, di cui ci possa essere una voce di Wikipedia in molte lingue straniere e date un’occhiata a cosa viene fuori.
Già che ci sono, faccio un altro esperimento: Roberto Baggio.
In greco non hanno la lettera b. Quindi tanto nel nome quanto nel cognome devono usare la combinazione mp. La doppia non esiste, ma la g nemmeno quindi c’è una combinazione di due lettere, senza bisogno di aggiungere una i per il suono dolce.
E il cinese mi stupisce di nuovo, perché trovo un altro simbolo familiare: la sillaba Ro della parola Roberto è uguale al quella con cui inizia la parola Roma.
Due soli ideogrammi conoscevo, e senza volerlo li ho ritrovati entrambi.
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