Il tratteggio in araldica

Negli antichi stemmi nobiliari non soltanto gli oggetti e gli animali disegnati assumono un significato, ma anche i colori sono importanti.

Ogni colore era collegato a particolari qualità spirituali, mondane e ad un certo atteggiamento nei tornei.

Senza contare che poteva assumere anche significati politici (i guelfi preferivano l’azzurro).

Per secoli però la stampa a colori è stata una procedura complicata. Spesso servivano vari passaggi per stampare nei vari colori, e dovevano essere possibili regolazioni molto accurate per fare in modo che i nuovi colori si incastrassero alla perfezione con quelli già stampati. Non c’era un modo per combinare in automatico i colori di base come avviene oggi: ogni sfumatura diversa significava un passaggio diverso attraverso il torchio. Del resto inchiostrare a mano i vari elementi del cliché per stampare tutto in un solo passaggio era troppo laborioso.

La soluzione quindi per chi voleva stampare trattati di araldica era quella di stabilire una convenzione basata sul tratteggio: ad ogni colore corrispondeva un tratteggio diverso.

Il sistema in uso in Italia venne inventato da un padre gesuita chiamato Silvestro da Pietrasanta.

Wikipedia non ha una pagina dedicata a lui, ma lo nomina nella pagina dedicata ai colori, nella quale presenta ogni colore anche con una sua versione tratteggiata.

Il rosso si ottiene con righe verticali, l’azzurro con righe orizzontali. Il verde e il porpora con righe oblique a scendere o a salire.

Il nero è a quadretti ottenuti con linee orizzontali e verticali, il morato con un quadrettato obliquo. Sanguigno e tanné venivano ottenuti combinando linee oblique a scendere con linee orizzontali o verticali.

Tratteggi diversi servivano per ottenere l’aranciato e il cenerino, mentre per il campo di cielo e il bruno l’enciclopedia ci mette un punto interrogativo.

A volte lo sfondo di uno stemma è riempito con un pattern particolare ispirato alle pellicce degli animali, che si chiama pelliccia. Altre volte invece è un metallo, principale, secondario o terziario.

I colori, le pellicce e i metalli nel loro complesso si chiamano smalti.

Sorprendentemente sia la versione inglese che quella francese dell’enciclopedia hanno una pagina dedicata a Silvestro di Pietrasanta, nato nel 1590 a Roma e morto nella stessa città nel 1647. E ci sono anche le foto delle pagine delle sue opere, nelle quali si vede un tratteggio irregolare, realizzato a mano, diverso da quello che si vede su Wikipedia in italiano, realizzato in maniera ideale e geometrica.

In inglese il sacerdote viene presentato col nome latino Silvester Petra Sancta.

Un francese, de la Colombière, lo accusò di avere copiato il suo sistema, che però venne pubblicato soltanto un anno dopo.

L’articolo cita un paio di persone che misero a punto metodi simili nella prima metà dello stesso secolo. 

Il sistema di Pietrasanta e de la Colombiére è presentato nella pagina di Wikipedia in inglese dedicata al tratteggio (hatching), e confrontata con tutti gli altri sistemi esistenti, tutti seicenteschi.

A quanto pare il gesuita aveva fissato una convenzione per rosso, nero, blu, verde e porpora, oltre che per l’oro (a puntini) e l’argento (in bianco), mentre restavano fuori morato, sanguigno e tanné.

Wikipedia in inglese spiega anche in quali altri contesti, oltre alla tipografia, poteva essere usato il tratteggio, tra cui sigilli e monete. Mostra inoltre alcuni esempi, tra cui lo stemma degli Stati Uniti d’America.

Un sistema alternativo a quello del tratteggio è quello di inserire una lettera dell’alfabeto nell’illustrazione in corrispondenza di ogni colore. Questo metodo si chiama tricking, in inglese, e su Wikipedia non c’è una pagina italiana corrispondente.

Con questo sistema, ogni smalto era indicato possibilmente con l’iniziale del nome: A era l’oro (aurum), a era l’argento. Il nero non aveva un’iniziale associata, visto che era il colore dell’inchiostro normalmente in uso, quindi bastava usare quello per colorare la parte in questione. 

In assenza di queste convenzioni, l’unica altra possibilità era quella di aggiungere una descrizione discorsiva degli smalti usati. Ad esempio: “Partito di rosso e di nero, all’aquila d’oro attraversante”. Oppure: “Di rosso, al leone d’oro”.

Non c’è bisogno di un numero spropositato di tratteggi o di parole, visto che i colori fondamentali in araldica sono soltanto cinque, a cui si aggiungono i metalli e i tre stain o colori non standard (morato, sanguigno e tanné), poco usati.

I metalli secondari e terziari normalmente vengono considerati al naturale, una categoria in cui può rientrare qualunque altro colore, ad esempio il marrone di una botte o il colore della carnagione umana. Nelle stampe in bianco e nero si usa rappresentarlo in bianco, ombreggiando dove opportuno, anche se qualcuno aveva proposto qualche convenzione particolare, come disegnare tante piccole squame a forma di c per distinguerlo dall’argento, che pure viene rappresentato in bianco.

L’araldica è una disciplina molto articolata. Solo la pagina di Wikipedia che la introduce richiede parecchio studio.

Pure se è molto anacronistica, ci sono molte associazioni interessate all’argomento, che hanno messo a punto anche software e siti web. Wikipedia in italiano fornisce parecchi link in proposito.

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